Il Cavallo di Adrian – Marcy Campbell – Recensione

“Adrian Cox è seduto in disparte
e, come al solito, ha la testa tra le nuvole.
Quando parla del suo cavallo, invece,
diventa un chiacchierone.”

Adrian Cox dice a chiunque lo ascolti che ha un cavallo, il cavallo migliore e più bello del mondo.
Ma Chloe NON gli crede. Adrian vive in una piccola casa. Dove avrebbe tenuto un cavallo? Ha dei buchi nelle scarpe. Come avrebbe pagato il mantenimento per un cavallo?
Più Adrian parla del suo cavallo, più Chloe si arrabbia. Ma quando lo chiama a scuola e si lamenta persino di lui con sua madre, Chloe non ottiene la vendetta che desiderava. Ottiene qualcosa di molto più importante.

Scritto con tenerezza e intensità e splendidamente illustrato, questo libro mostrerà ai lettori che la gentilezza è sempre gratificante, la comprensione è più dolce del giudizio e l’amicizia è il miglior regalo che si possa fare.

Il Cavallo di Adrian di Marcy Campbell edito da Fatatrac è una bellissima storia sulla gentilezza e l’empatia. Nelle parole di Marcy, il libro parla di “vedere le cose in un modo diverso “. Racconta la toccante storia di Adrian che ogni giorno ripete ai suoi compagni di classe che ha un cavallo, e non un cavallo qualsiasi. Il cavallo di Adrian è il cavallo migliore e più bello di tutto il mondo. Ma Chloe sa che Adrian sta mentendo. Dopotutto, Adrian vive in una piccola casa e ha le scarpe bucate, quindi non è possibile che abbia un cavallo nel suo cortile. E più Adrian parla di questo bellissimo cavallo, più Chloe si arrabbia… e più vuole dimostrargli che si sbaglia.
La vendetta darà a Chloe la soddisfazione che tanto desidera?

Alcune persone sono spesso veloci nel giudicare gli altri senza cercare di capirli. In questa storia, Chloe crede fermamente che Adrian NON abbia davvero un cavallo. Più Adrian ne parla a scuola, più Chloe si irrita. Quando ne ha abbastanza, Chloe lo mette in difficoltà dicendo a tutti nel parco giochi che Adrian sta mentendo!


Per fortuna, la mamma di Chloe incarna la luce guida perfetta. Porta Chloe a fare una passeggiata, con il loro cane Bull,  nella parte povera della città. Lì Chloe scopre la verità e impara una lezione importante.

“…e fu in quel momento che capii che Adrian Cox
possedeva davvero il cavallo più bello del mondo.”

Se stai cercando un libro che parli con delicatezza di empatia questo è perfetto!
Il tocco leggero di Campbell è evidente in tutto questo libro, specialmente attraverso il suo testo sottile e il modo in cui Chloe arriva a capire perché Adrian potrebbe essere perso nella sua immaginazione.
Adoro il modo in cui questa storia incoraggia così meravigliosamente i bambini a mettersi nei panni degli altri, così come il modo in cui aiuta i bambini a riconoscere che indulgere nelle storie fantasiose di un compagno di classe a volte va bene, soprattutto se aiuta quel bambino a rendere più felice l’amico.

È solo un libro illustrato, ma come capita spesso… anche noi adulti ci possiamo riscoprire leggendolo. La combinazione della scrittura dolcemente assertiva di Marcy Campbell – il testo è davvero raffinato e accessibile – con la magnifica magia dell’opera d’arte di Corinne Luyken è qualcosa da vedere e apprezzare.

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Cosa ti sei fatta? – Jill Murphy

Claire si era fatta male al ginocchio, e voleva andare a casa per dirlo alla mamma.

Claire si è sbucciata il ginocchio, quindi se ne va a casa per raccontare tutto alla mamma. Lungo la strada incontra molti dei suoi amici e racconta a ciascuno una storia diversa su come si è procurata il suo graffio.


All’insaputa del lettore a questo punto, nessuno conosce la logica del motivo per cui si è ferita al ginocchio.
Ad ogni amico che incontra la versione è diversa.


Racconta a un amico che un grosso lupo cattivo ha cercato di divorarla e quando il lupo l’ha lasciata cadere si è sbucciata il ginocchio. Racconta a un altro amico che un disco volante ha cercato di portarla via nello spazio! Dice a qualcun altro che un coccodrillo ha cercato di mangiarla e l’ha rovesciata.

Menziona anche un serpente, un drago, un gorilla, una strega, un grande gigante e un fantasma che cerca di mangiarla o portarla via.

È stata lasciata cadere da un lupo, un serpente strisciante, un enorme drago o un gorilla peloso?


Come è successo quel graffio? Lo scopriremo quando arriva a casa dalla sua mamma 😉
Cosa ti sei fatta? di Jill Murphy edito da Mondadori è una storia giocosa e creativa, questo è un fantastico viaggio dell’immaginazione a cui ogni bambino può relazionarsi.

I bambini possono davvero entrare in empatia con Claire e ricordare tutti quei momenti nei quali vogliono davvero impressionare i loro amici con un grande coraggio 😉
Soprattutto, questo libro invoca il pensiero creativo e mostra che tutti, specialmente i bambini, hanno la capacità di agire in modo creativo, come si vede con le capacità immaginative di Claire. Questo libro dimostra anche l’ingenuità dei bambini. Claire è riuscita a convincere i suoi amici del terribile viaggio che ha fatto sulla via di casa, ma Claire sapeva di non raccontare queste storie a sua madre. Questo mostra che i bambini sono consapevoli con chi possono e non possono essere creativi.
Ho fatto attenzione a non dire la parola “bugia” durante questa recensione poiché Claire ha usato il pensiero creativo, qualcosa per cui un bambino non dovrebbe mai essere criticato.

Cosa ti sei fatta? è una storia adatta a bambini dai 5 ai 7 anni. Apprezzato come un libro letto ad alta voce con la classe o utilizzato nella lezione per incoraggiare l’immaginazione, il discorso descrittivo e la comprensione dei personaggi; è ottimo per incoraggiare il pensiero fantasioso e creativo.


Questa avventura cattura non solo per l’immaginazione selvaggia e meravigliosa dei bambini, ma anche per quella sensazione che tutti hanno avuto da bambini – che un grande cerotto renderà tutto migliore. È una storia che ricordo bene dalla mia infanzia e che mi è piaciuto molto leggere.
Consigliata per grandi e piccini 😉

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La Grande Avventura – François Roussel

” Cosa fai, tesoro mio?
dovresti raccogliere polline
e invece ti trovo qui a dormire
su questa margherita”

Rovistando e raccogliendo polline, che avventura per la piccola ape! Sì, ma eccola, sua madre la sorprende mentre fa un pisolino su una bellissima margherita quando dovrebbe essere in pieno sforzo! La piccola ape ha un buon motivo per riposare?

La piccola ape risponde e, lungi dall’essere costernata di fronte alla madre arrabbiata, le spiega che, davvero, non stava dormendo e che non è proprio colpa sua, perché è stata aggredita, mentre raccoglieva saggiamente polline, da un’enorme (e abominevole) mantide religiosa.

Oh sì, ha detto la madre? Ma sì ! E aveva gambe enormi. Ma la piccola ape è riuscita a sfuggirgli saltando su un enorme coleottero …

E’ questo è l’inizio del libro La grande avventura (Picarona) di questa piccola ape con una ricca immaginazione. Ma l’autore François Roussel è molto furbo nel snocciolare la storia e, dopo aver lasciato che la sua piccola ape sviluppasse la sua storia assurda come meglio crede, fa reagire la madre … che non si lascia ingannare.

Perché, sì, La Grande Avventura è un albo illustrato che parla della verità, sempre più interessante da raccontare un’enorme bugia. Soprattutto quando la mamma è pronta ad ascoltarla. Ma non vi dico tutto, sarebbe un peccato parlarvi del finale frizzante immaginato da François Roussel! Le illustrazioni, in nero e giallo, sono vivaci ed espressive. Il testo, è tenero e racconta questo bel rapporto tra la piccola ape e sua madre.

In questa storia per bambini, i più piccoli saranno in grado di capire quanto sia importante dire sempre la verità ai genitori. Anche se la verità non è molto gloriosa, è comunque meglio di una bugia.
Dopo Il Grande giorno (che trovi raccontato qui), François Roussel mette nuovamente in scena un’eroina tanto piccola quanto tenera. Un libro con illustrazioni dolci come un miele buono e tutte in bicolore, per meglio lavorare con la fantasia dei bambini e permettere di sdrammatizzare il tema delle bugie, qui accostate con tenerezza e ironia.

La Bugia – Grive & Bertrand

Un giorno come tutti gli altri.
Nel silenzio, le parole sono sfuggite
dalle mie labbra all’improvviso.

Le bugie dei bambini sono pronunciate molto spesso con facilità, senza rifletterci su, in diverse circostanze della loro vita relazionale.
Ma quanto peso può avere una bugia nella vita di un bambino?
Che cos’è una bugia, che peso ha quando la si pronuncia?
Ci sono bugie piccole e bugie grandi, ma il succo non cambia: restano bugie.
Ovviamente non stiamo parlando di grandi bugie, ma di quelle dalle gambette corte.
Quelle che fanno sorridere a denti in bella mostra o con una mano davanti alla bocca, i più timidi.
Quelle che vengono scoperte o confessate subito, perché, si sa, le gambette corte fanno poca strada.
La bugia è come un piccolo pallino rosso che ti aspetta la sera quando vai a letto, anche se tu non vuoi, puoi provare a scacciarla, ma lei ritorna, può moltiplicarsi e crescere così tanto da invadere ogni centimetro di spazio e di pensiero.

Nei libri per bambini la bugia viene raccontata come una cosa brutta, di cui avere vergogna, altre volte come un gioco innocente, perfino creativo, o anche come un’azione che può far del male, che pesa sulla coscienza di grandi e piccini.
Alla fin fine quello che conta sono le soluzioni creative che i bambini e gli autori che scrivono ed illustrano nei libri sanno mettere in campo.

Certo è che la bugia, per i bambini, se non si manifesta immediatamente come un problema ma, possiede per una piccola mente una valenza tutta interiore: uno scatenarsi di pensieri e di riflessioni, a seguito della “fatidica frase pronunciata” o del semplice “sì” o “no”.
Anche noi adulti se ci sforziamo un poco, forse riusciamo a recuperare dalla nostra memoria, quel misto di segretezza e mistero, dubbio ed emozione che accompagnarono la nostra prima bugia proferita “più o meno” consapevolmente.
Proprio questo riesce a raccontare e descrivere alla perfezione La bugia, di Catherine Grive e Frédérique Bertrand, la cui edizione italiana nasce dalla collaborazione della casa editrice Lapis e l’Associazione Librerie Indipendenti Ragazzi.
La bellezza e la preziosità di La bugia stanno nella capacità di descrivere vividamente un percorso tutto interiore, con la semplicità di un linguaggio simbolico che riesce ad accordarsi perfettamente alla narrazione.
Un ottimo spunto per parlare ai bambini di piccole e grandi bugie, di crescita, di emozioni e di verità.

Fin dalla prima pagina c’è un punto interrogativo ed una risposta:
«Quando è successo?»
«Un giorno come tutti gli altri.
Nel silenzio, le parole sono sfuggite
dalle mia labbra all’improvviso».

La protagonista di questo albo, seduta a tavola con la sua famiglia, all’improvviso dice una bugia. E’ una cosa piccola piccola, all’inizio, un puntino arancione sopra la sua testa mentre lei se ne sta a leggere un libro in salotto.
Forse la bambina non se ne è nemmeno accorta, tanto è il suo stupore nel ritrovarsi la bugia, lì ad aspettarla, quando la sera va a dormire nella sua cameretta.

“La mattina dopo, quando mi sono svegliata,
non ho neanche aperto gli occhi per vedere dove fosse.
Sapevo che era li.
Sotto voce avevo detto “vattene”,
e lei aveva obbedito.”

La mattina è ancora lì, grande come un pallone. Se ne sta appesa al soffitto a coprire il lampadario, immobile. La bambina cerca di cacciarla, ma poco dopo la bugia ritorna. Quella palla arancione cresce, diventa sempre più ingombrante, sembra permeare ogni cosa.
Quando esce di casa, la bambina si accorge che la bugia la sta seguendo, come una presenza costante. Nessuno sembra vederla, tranne lei. Le copre il volto della maestra, le toglie il gusto della merenda, rende meno bello anche il momento del bagno.

“Come è successo ?
Nel silenzio, le parole sono sfuggite
dalla mia labbra all’improvviso.

Quella sera quando sono entrata in camera,
la bugia mia stava aspettando.
Ma io non avevo fatto niente.

Cosa voleva da me?”

È vero, se ci sforziamo di andare indietro nel tempo, la prima volta avviene proprio così, quasi senza pensarci su. Vorremmo rispondere il vero ed esce dalla nostra bocca qualcos’altro. E le cose cambiano. Forse è per questo che si prova anche un po’ di paura.
E’ davvero geniale l’escamotage visivo, la bugia viene rappresentata con un pallino rosso che, giorno dopo giorno, segue la bimba protagonista, senza nessuna intenzione di perderla d’occhio. Prima il pallino rosso è piccolo e la attende in un angolo della sua stanza, poi cresce a mano a mano che proseguiamo nella lettura e si fa sempre più presente, come più grandi si fanno i dubbi che popolano la sua testa.

Mentre se ne sta lì, a mollo nella sua vasca, fissando il pavimento divenuto a pois arancioni, la bambina si chiede “Dopo una bugia, le persone non ti credono più?”. Era una cosa piccola, una bugia insignificante, eppure ora la sua presenza sta diventando angosciante.
Le persone che la circondano, la sua famiglia, ameranno ancora quella bambina?
Sono domande grandi, quasi un po’ spropositate di fronte a una sola bugia, se ci pensiamo. Eppure è così che la bambina vede la sua vita: cambiata, invasa dalle conseguenze della sua bugia.
Forse è la sua prima bugia? Non lo dice, eppure ne sente tutto il peso e l’ingombro.

Come accade nella realtà dei bambini, anche nella testa e nei pensieri della protagonista cresce la confusione legata ad un’azione che non aveva mai compiuto prima e della quale percepisce intimamente la misteriosa trasgressione, più i pallini si moltiplicano fino a comporre sulla pagina quella che parrebbe una bellissima opera di Yayoi Kusama, che poi è quella che ritroviamo in copertina 😉
Quale può essere la svolta e la soluzione?!
Alla fine la svolta c’è quando arriva alla consapevolezza che l’unico modo per liberarsi dell’invadente, gigantesco e onnipresente pallino è dire la verità. E tornare a riconciliarsi con la realtà che la circonda e con quella che ha dentro di sé.

Spesso i bambini quando sono molto piccoli non si accorgono neanche di dire una bugia, confondo realtà e finzione e sta a noi genitori aiutarli a capire dove una inizia e dove finisce l’altra.
Ecco quindi un albo speciale, che attraverso il sapiente uso della metafora e del colore, può diventare un ottimo strumento per affrontare l’argomento con i più piccoli e dialogare con loro.
A volte basta davvero poco per far sparire il puntino rosso, basta dire la verità…

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Ama, ma prima impara ad amare te stesso

amore-amarsi

Si parla tanto di amore, componente molto importante per vivere una vita in armonia e felicità, ma che purtroppo molto spesso non è presente in noi e nella nostra vita.

Ci sono tanti surrogati nei nostri atteggiamenti ed emozioni che vengono etichettati “amore“, ma fondamentalmente sentiamo che è una bugia, perchè alcune volte, in un attimo di consapevolezza, abbiamo preso coscienza del fatto che forse non sappiamo amare, oppure che non sappiamo cosa sia l’amore.

In quei momenti ci siamo forse sentiti un po’ aridi e sterili, e ci ha preso lo sconforto perché non siamo più in grado di sentire l’amore dentro di noi a meno che non siano presenti determinate sensazioni ed emozioni.

La delusione è forte, ma è solo nostra o ci portiamo dentro memorie di questa incapacità di amare già dalla nostra nascita?

In effetti una persona per amarne un’altra, deve avere qualcosa da dare: cioè l’amore che dà a se stessa come coscienza e come corpo fisico. Deve esserci l’accettazione dei suoi lati brutti come di quelli belli, deve osservarsi senza scappare o riempirsi di pensieri negativi sulle sue incapacità e bruttezze fisiche, e cercare di capire “i perché” migliorandosi: questo è AMORE.

E’ rispetto verso il nostro corpo, la nostra coscienza, ed è lo stesso rispetto che deve essere dato alla persona che amiamo. Quando questo non è presente, ci nutriamo del flusso d’amore che ci dà il nostro partner. Richiediamo a lui di amarci così come siamo, perché non siamo capaci di amarci noi. E quando lui non rispecchia le nostre aspettative, cioè non colma con il suo amore la nostra carenza d’amore, che POSSIAMO RIEMPIRE SOLO NOI, ecco che cominciano i litigi e le incomprensioni, le ripicche, cattiverie, solo perché ci sentiamo trascurati.

Ci nascondiamo dietro atteggiamenti da bambino, facendo la vittima e colpevolizzandolo di non amarci a sufficienza e di non farci sentire così importanti. Ma se anche per lui fosse la stessa cosa?

Forse sperava che anche noi potessimo colmare tutto ciò che non è capace di amare di se stesso perché non si accetta. Da qui rapporti di coppia sempre più distruttivi che sfociano in continui scontri verbali o in fatti per incolparsi di non essere stati amati a sufficienza.

Un continuare a richiedere ad altri quello che ognuno dovrebbe imparare a dare a se stesso.

Molte coppie a questo punto, a volte ancora prima di arrivare a “scannarsi mancandosi di rispetto reciproco”, scaricano la loro incapacità di accettarsi, e quindi di amare se stessi ed il loro corpo, facendo un figlio.

Un figlio che viene concepito da due persone che non si amano per se stesse e pretendono che qualcun altro lo faccia al loro posto, una memoria che viene trasmessa al feto. Molte mamme poi nei loro nove mesi di gravidanza, non vivono molto bene il vedersi trasformare il corpo, sentire che qualcosa sta crescendo dentro di loro e tutti i loro stati d’animo vengono registrati dalla mente cellulare del feto. Un imprinting che rimarrà come un marchio, perché si ritroverà come una malattia ereditata fin dalla sua nascita: la mancanza d’amore dei suoi genitori per loro stessi e il loro corpo, che diventerà la sua.

Ci sono anche molte madri che si amano di più e il bambino sarà più equilibrato e risulterà per lui spontaneo e naturale amarsi e amare gli altri così come ama se stesso.

Tornando a quel bambino sfortunato nato da genitori che non si amano, si ritroverà fin dalla sua nascita a non poter sviluppare questo amore nel tempo, per se stesso e per il suo corpo, perché al suo posto troverà una sterilità, aridità che gli impedirà di riuscire ad accettarsi. Nessuno nasce perfetto. E’ quindi normale non piacersi in certe situazioni oppure non apprezzare qualcosa del nostro corpo, ma da qui a distruggersi con odio, con pensieri negativi, degradarsi….

I genitori hanno sul figlio una grossa aspettativa a livello INCONSCIO che è quella di essere amati e accettati, con lui devono colmare il disequilibrio energetico che hanno con il loro corpo, la loro coscienza e la mente: il figlio, sangue del loro sangue, non può tradirli.

La madre vivendo con il figlio un rapporto di simbiosi nella gravidanza, con l’allattamento si sente più autorizzata a ricevere in cambio l’amore, anche per la sofferenza subita nel parto.

All’inizio i genitori riversano nel figlio il loro amore, come un flusso che lo nutre, ma via via che il figlio non rispecchia le aspettative, quando volge i suoi interessi verso amici, ragazze, ecc.. ecco che si arrabbiano, covano i risentimenti, le sgridate perché perde tempo con gli amici e non studia, oppure non lavora, non aiuta in casa. Tante situazioni che magari nella realtà risultano vere ma alla base c’è la delusione da parte di uno o di entrambi i genitori perché si rendono conto che anche il sangue del loro sangue non riempie il loro vuoto d’amore. Così vivono le scelte del figlio come un tradimento e intanto si instaura un profondo risentimento verso di lui: il risentimento al posto dell’amore che gli davano quando ancora speravano in lui.

E quante volte il figlio mette di fronte ai genitori, come se fosse uno specchio, quello che sono loro?

Il figlio vivrà questa interruzione del flusso d’amore dei genitori con forti ribellioni, che potranno portarlo a fare cose che lo degradano moralmente oppure si sentirà non più voluto, rifiutato e dal dolore si lascerà andare all’apatia, alla depressione. Nella loro cecità i genitori non si rendono conto che il problema maggiore dipende da loro e che il figlio è il frutto della loro mancanza di amore verso se stessi, e così daranno la colpa al figlio di sbagliare, di non ascoltare, …di non amarli.

Così la madre o il padre o entrambi, quando il figlio va via di casa lo vivranno come il rifiuto del figlio di amarli. Questo però avviene dentro la loro testa, perché la loro mente gli ha alterato la verità, una verità che non vogliono accettare di vedere consapevolmente altrimenti dovrebbero accettare di non saper amare, di aver fallito. Così ritroviamo poi la madre, per esempio, che vivrà l’allontanamento del figlio come una perdita molto dolorosa e si chiuderà in se stessa, anche se in apparenza continua a fare le stesse cose. Non è disposta a guardarsi, né a mettersi in discussione, ma il continuo dolore della perdita del figlio la fa stare male ed è qui allora che deve cercare qualcosa o qualcuno che le dia amore e soprattutto che la faccia stare tranquilla, senza la paura di essere tradita. E cosa c’è di meglio che accudire delle piante?

I vegetali, a differenza degli animali, non si muovono, non possono graffiarla, abbaiarle o miagolarle. Non possono obbligarla a preparare loro da mangiare, pulire la sabbietta, portarli fuori a fare i loro bisogni. Le piante non richiedono molta responsabilità se non quella di annaffiarli e piccole altre cure.

Così la madre riversa il suo amore verso le piante che cura e che le rispondono diventando rigogliose e belle, riflettendo così l’amore che ricevono. Non ha paura di avvicinarsi a loro perché non possono farla soffrire e soprattutto perché non le fanno da specchio. Non le fanno vedere la sua incapacità di amarsi che ha prodotto in lei una bruttezza tale che ha influito su come è e come vive.

Questo flusso d’amore creato dalla madre verso le piante l’aiuterà a riequilibrare una parte di sé arida, e la farà sentire più contenta e rilassata nel vedere che crescono, che l’accettano per quello che è, a differenza del figlio, del marito e di sé.

Mentre nel caso in cui la madre prova dolore per la perdita del figlio e non l’accetta, cercherà di ricreare la situazione di quando il figlio era piccolo e lei si sentiva amata da lui. Per ricreare questa situazione si rivolgerà ad uno o più animali. L’animale non può tradirla perché dedica la sua vita ai suoi umori, ai suoi capricci, alla sua voglia di giocare con lui. E’ dipendente da lei per il mangiare, per i suoi bisogni, per la sua sopravvivenza , così come era il figlio quando era piccolo e c’era lei che pensava a lui. L’animale instaurerà un legame fortissimo, aiutando la madre a ripristinare il flusso d’amore che aveva interrotto con il figlio, facendole magari passare la depressione in cui era caduta quando era andato via di casa.

Il flusso d’amore viene ricreato, ma con l’animale che diventa il figlio che però adesso l’ama e vive solo per lei.

La madre si sente amata e accettata per quello che è dall’animale/figlio che le dimostra in ogni momento con sguardi, coccole, linguate, abbaiate, fusa che l’ama e che è tutto per lei, riempiendo ogni giorno quella sua parte sterile e non amata da se stessa. Ogni giorno l’animale le dà la speranza che l’amore c’è, esiste, e questo comincia a ricrearle l’equilibrio che le mancava.

Le piante e gli animali sono i nostri amici, le nostre speranze, laddove abbiamo fallito miseramente con la mancanza d’amore verso noi stessi e gli altri. Noi possiamo dedicarci a loro per cercare di guarirci dai mali che possono essere: il figlio che non ama i genitori, il partner che non ci ama, il lavoro dove non ci sentiamo accettati, ecc..

Meno male che ci sono persone che sanno accettarsi per quello che sono e che cercano ogni giorno di migliorarsi, non sono bloccate nell’egoismo così come sono bloccate le persone che non si amano. Queste persone, oltre ad amare i figli per quello che sono e rispettare le loro idee, sono capaci di amare anche gli animali e le piante.

Quindi, per concludere, sforziamoci di guardare le nostre bruttezze e cerchiamo di renderle belle, non con le illusioni dentro la nostra testa, ma nei fatti della vita di ogni giorno. Accettarsi è il primo passo da fare per portarci alla guarigione, al rispetto e all’amore. Solo allora saremo sicuri che veramente potremo amare qualcuno, perché AVREMO QUALCOSA DA DARGLI:

LO STESSO AMORE CHE DIAMO A NOI STESSI.

di Fiorella Rustici

Da http://www.coscienzasalute.it


Louise L. Hay

Ama Te Stesso

Una guida pratica per capirsi e accettarsi, per vivere in armonia con se stessi e con gli altri, e riempire d’amore la propria vita.

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Solo se amiamo, accettiamo e approviamo realmente noi stessi, così come siamo, tutto andrà bene nella nostra vita. L’approvazione e l’accettazione di se stessi, qui e ora, sono le chiavi per arrivare a cambiamenti positivi in ogni aspetto della nostra vita.

Questo principio fondamentale costituisce il motivo ispiratore di Ama te stesso, il tema che ritorna, insistente e persuasivo in quest’opera originale, concepita da Louise Hay per offrire tutti gli strumenti utili per applicare concretamente nel quotidiano la filosofia del pensiero positivo.
Mediante gli esercizi di visualizzazione e i questionari, grazie all’uso ripetuto di affermazioni che infondono convinzioni positive, oltre che attraverso il lavoro allo specchio e l’attento ascolto del nostro corpo, che riflette i nostri pensieri e il nostro stato interiore, possiamo liberarci dagli schemi mentali negativi e cambiare la nostra vita.