Una vita tranquilla

calma-vita

I ComandaLenti.
I “ComandaLenti” consigli utilissimi per condurre una vita tranquilla e “piena di tempo” per fare tutto quello che vogliamo, perchè di tempo ce ne per tutti, il tempo è una risorsa unica!!!

I nostri primi 14 comandalenti, per trovare la velocità giusta nella vita.

1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria.
2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello.
3) Se entrate in un bar per un caffè:ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell’uscita(questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in
ascensore)
4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara…
5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer…se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi.
6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra dall’altra parte della città
7) Non riempire l’agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di vuoto.
8) Non correte per forza a fare la spesa, senz’altro la vostra dispensa vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce.
9) Anche se potrebbe costare un po’ di più, ogni tanto concediamoci una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo meno stressati.
10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta.
11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti alla tv.
12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra città, qualunque essa sia.
13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate i rimanenti come decompressione pre o post vacanza.
14)Smettiamo di continuare a ripetere:”non ho tempo”. Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti.

… e i 7 comandalenti in cucina

1) Il cibo è la tua prima medicina: insegna Ippocrate… crediamoci!
2) La poesia del cibo inizia quando facciamo la spesa: scegliamo prodotti di stagione e di qualità. Se vogliamo risparmiare diminuiamo la quantità: che è anche un’ottima scelta per controllare colesterolo e peso.
3) E’ scientificamente provato che l’acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla: quindi senza fretta appassioniamoci alla preparazione della nostra cenetta e apparecchiamo con cura la tavola, un fiore?
4) Utilizziamo tutti i nostri sensi per godere dei singoli ingredienti: la vista, il tatto, l’olfatto, il gusto … anche l’udito (i rumori della cucina fanno tanto casa e calore!).
5) Gustiamo ogni forchettata e ogni piccolo sorso di quel vino che, anche se da incompetenti, avremo scelto con amore e cura.
6) Evitiamo il “due in uno”! Se mangiamo non telefoniamo, se telefoniamo non mangiamo.
7)Non precipitiamoci … il cinema, la lavastoviglie, l’ultimo ritocco al computer, ecc. aspettano

fonte: http://www.vivereconlentezza.it

Tecniche e suggerimenti per ritrovare la calma interiore e abbattere lo stress

Compralo su Macrolibrarsi

Questo è un libro semplice che ha un unico scopo: darvi una mano a rilassarvi.

In ogni pagina troverete una tecnica di rilassamento che riuscirete ad apprendere in soli cinque minuti. Ogni tecnica è corredata di una breve spiegazione, seguita dalle istruzioni.

La spiegazione vi mostrerà come e perché una determinata tecnica funziona, e per quali fini è particolarmente salutare. Le istruzioni sono chiare e semplici. Dovreste essere in grado di leggerle e di assimilarle in pochi minuti, oltre che di praticare gli esercizi subito e con risultati positivi.

“Rilassa il tuo corpo” è facile da usare.

Non occorre leggerlo tutto né sistematicamente: sfogliatelo fino a trovare la tecnica che vi interessa. Praticatela ogni giorno per una settimana circa. Una volta che l’avete appresa potete passare ad un altro esercizio.

Thich Nhat Hanh: il lungo cammino della pace

thich-nhat-hanh_intervista

Intervista a  Thich Nhat Hanh

Vivi qui e ora, nel momento presente è un concetto sempre più diffuso, entrato quasi nel senso comune, fino ad apparire quasi privo di significato. Quando però a pronunciarlo è il maestro zen Thich Nhat Hanh, monaco, poeta, filosofo, teorico e pratico della pace, il colore e il sapore della frase sono tutti diversi. Perché non è più un concetto, non è un’idea, ma è la traduzione in parole di una vita esemplare.
A fine aprile del 2003 è stato in Italia, nella pineta di Castelfusano, in un incontro sul tema “Nutrire la gioia e la stabilità in tempi incerti“. Come a tutti i giornalisti che chiedono di intervistarlo, Thich Nhat Hanh mi ha chiesto di partecipare per qualche giorno al ritiro, per sperimentare quella “pratica” che è quanto di più semplice e di più profondo, quella del respiro e della camminata lenta e silenziosa, come quella che viene mostrata nel video. Un’esperienza utile per andare al di là delle parole. Se il video dell’intervista riuscirà a trasmettere almeno in parte la calma e la forza che traspare dai gesti e dalle parole di Thich Nhat Hanh, forse anche chi legge e guarda saprà andare oltre le parole e il concetto apparentemente semplice: “Vivi qui e ora, nel momento presente.”

Nei suoi insegnamenti lei dice che il nostro reale nemico è la dimenticanza. Come ‘è possibile non considerare nemici nessuno di quelli che ha ucciso i suoi confratelli, i suoi amici, i suoi allievi e al tempo stesso non dimenticare?
La dimenticanza è il nemico perché non ci permette di essere interamente presenti qui e ora. A causa di ciò non sappiamo cosa succede e cosa fare e non fare. Noi permettiamo che sorgano la rabbia e il dolore: per questo vivere consapevolmente è importante, perché quando vivi consapevolmente sei veramente presente, veramente vivo, e puoi contattare la sofferenza e puoi comprendere la sofferenza e quando comprendi la sofferenza hai la compassione e questo ti può aiutare ad agire. Quando una persona sta male, il medico deve uccidere i batteri che ci sono in lui e non uccidere la persona: quindi l’uomo non è il nemico, ma il nemico è la dimenticanza, che causa la mancanza di comprensione, la mancanza di compassione, e causa dolore e rabbia. Così la dimenticanza rafforza tutte le energie negative che sono dentro di noi e in particolare l’ignoranza, la mancanza di comprensione e di compassione, di responsabilità e di fratellanza.

Per eliminare la sofferenza noi dobbiamo partire dall’esperienza della sofferenza. Qual è il messaggio di sofferenza che ci arriva dalle vittime della guerra dell’Iraq, come quello che ci arrivò dal Vietnam?
In una guerra non si soffre solo da una parte , ma da entrambe le parti. In Vietnam non furono solo i vietnamiti le vittime, ma anche gli americani sono stati vittime della guerra. La guerra non portò distruzione solo in Vietnam, ma anche nel popolo e nella nazione americana. Non solo morirono in Vietnam 50.000 ragazzi americani, ma anche i sopravvissuti quando tornarono in America, portarono in America la guerra. Portarono la sofferenza nelle loro famiglie, portarono violenza ai loro bambini, alla loro società, portarono molti crimini, molti divorzi. E fino ad oggi le ferite della guerra del Vietnam in America non sono guarite, e l’attacco al World Trade Center l’11 settembre è l’effetto di una guerra portata in casa propria dagli americani, perché le “azioni speciali” che hanno fatto avevano creato molte incomprensioni e sofferenze nel mondo. E molta gente non ha compreso, molta gente ha odiato la politica estera degli Stati uniti. E perfino coloro che morirono per attaccare le Torri Gemelle credevano che quest’attacco fosse fatto in nome di Dio, in nome della giustizia, e così via. C’è stata molta incomprensione, e odio, e rabbia e violenza e la guerra in Iraq è proprio la continuazione di un’azione che non fa soffrire solo gli iracheni ma anche molti americani. Così bisogna ascoltare non solo la sofferenza dei vietnamiti o degli iracheni ma anche quelli del popolo americano. In America c’è ancora molta sofferenza, molti pensano di essere vittime della discriminazione, vittime dell’ingiustizia e l’America non riesce davvero a fermarsi ad ascoltare la sofferenza all’interno di se stessa. Ascoltando la tua sofferenza sarai capace di comprendere la sofferenza degli altri popoli e questo è il solo modo per ristabilire la comunicazione e ristabilendo la comunicazione attivi la comprensione e l’accettazione dell’altro, che è il solo modo per rimuovere la violenza e il terrorismo. Non si può sperare di rimuovere il terrorismo con le bombe, bisogna rimuoverlo con lo strumento del dialogo, ascolto profondo, ascolto compassionevole, usando un tipo di discorso amorevole perché la comunicazione sia di nuovo possibile.

Nel movimento per la pace che non è mai stato grande come in queste occasioni, quali vede come punti di forza e quali come punti di debolezza?
La scorsa settimana abbiamo fatto una camminata per la pace a Firenze. Nessuno di noi portava alcuna bandiera, non abbiamo gridato slogan, non abbiamo presentato alcun simbolo. Abbiamo camminato molto lentamente e con gioia, perché l’obiettivo della nostra marcia non era protestare contro qualcun altro. La nostra marcia si proponeva di innaffiare il seme della pace dentro di noi e trasformare il seme della violenza che è in noi. Perché noi sappiamo che se non cominciamo da noi stessi non possiamo aiutare la fine della guerra, perché la guerra forse continua dentro di noi. In ognuno di noi c’è violenza, c’è conflitto, c’è sofferenza e praticare la pace è prima di tutto essere consapevoli degli elementi di guerra che abbiamo dentro. Noi dobbiamo vivere nella vita quotidiana in modo da dare ai semi di pace dentro di noi una possibilità di fiorire e da rimuovere i semi di guerra, cioè dobbiamo ascoltare la nostra sofferenza; apprendere come abbracciare la nostra sofferenza per trasformarla è davvero fondamentale nella pratica della pace. E se comprendiamo la nostra sofferenza, se possiamo ridurre la sofferenza dentro di noi, allora possiamo comunicare con gli altri, con i nostri nemici, e provare le nostre capacità di relazione e aiutare le altre persone a trasformare la sofferenza dentro di loro e innaffiare i semi della pace e della felicità e insieme possiamo aiutarci a fare la stessa cosa nella nostra città, nella nostra nazione e con il mondo. Così quando ci incontriamo con un milione di persone, dovremmo incontrarci per renderci conto che la guerra è dentro di noi e dobbiamo trasformarla. Il mio camminare in pace non è una protesta contro nessuno: noi facciamo convergere i nostri sentimenti, i nostri propositi, vogliamo che la gente faccia come noi, non permettendo di lasciarsi trasportare dal sentimento del dolore, della rabbia, della rinuncia all’interno di se stessi, in modo da non soffrire e da non causare sofferenza negli altri. Credo che i nostri politici debbano praticare la pace, e noi dovremmo avere i mezzi per aiutare i nostri leader politici a praticare la pace, perché nella nostra vita politica non c’è la dimensione spirituale, l’abbiamo persa. Per questo politici come Bush, Blair, Chirac non hanno un rapporto con la spiritualità, che gli permetta di occuparsi della propria sofferenza, di fare pace dentro di loro. Per questo quando eleggiamo coloro che ci governano dobbiamo stare attenti: dobbiamo eleggere solo quelli che sanno come fare pace dentro di sé e nella loro famiglia. Perché se non sanno fare questo in loro e nella loro famiglia, come possono farlo nel mondo? Per questo la pace è un processo di educazione, di autoeducazione sulla pace e di educazione alla famiglia e alla pace e educazione delle masse riguardo alla pace. Se non si segue questa linea di azione, dimostrare e gridare la nostra rabbia contro il governo non può aiutare molto.

Sono arrivato, sono a casa“. Questa è una delle frasi chiave per le meditazioni che lei insegna, per le pratiche. Lei stesso però manca dalla sua casa, dal suo Paese da oltre trent’anni. Molti milioni di persone sono costretti come rifugiati, come esuli fuori dalla loro patria. Come è possibile essere a casa ovunque?
Nel 1966 feci per la prima volta l’esperienza di sentirmi esule perché non mi fu permesso di tornare a casa dopo il mio appello per la pace; e ho sofferto come tutti gli altri, ho sofferto perché tutti i miei amici e il mio lavoro, i miei studenti erano in Vietnam. Ma a quel tempo stavo già praticando, così potevo sentirmi a casa dovunque, e dopo circa un anno riuscii a sentirmi felice, a sentirmi a casa in Europa e dovunque andassi, ed ero capace di considerare il Pianeta terra come la mia casa. Dovunque si può vedere il cielo azzurro, si può vedere la luna piena, si può entrare in contatto con una splendida vegetazione, si può giocare con i bambini e così via, e questa è pratica: il passato è andato e il futuro non è ancora qui. C’è un solo momento in cui puoi sentirti vivo, che è il momento presente. Se aspettassi di essere vivo quando potrò rientrare in Vietnam, potrebbero passare molti anni, potrei aspettare l’intera vita e non sarebbe saggio. Così si può praticare in questo modo ed essere felici e vivere proprio qui e ora. E questo è un insegnamento molto importante di Buddha: io sono riuscito ad essere a casa ovunque io sia. In questo momento preciso mi sento a casa in Italia, in questo posto dove stiamo parlando e la mia pratica è vivere in questo modo, restando in contatto con la meraviglia della vita. In ogni momento possiamo essere vivi: se siamo invasi dalla rabbia e dai progetti, non è possibile far così. Quando pratichi hai la libertà dentro di te: sei libero dai tuoi progetti, dalle tue emozioni, dalla tua rabbia, dalla tua disperazione, dalla tua sofferenza e ogni respiro che fai ti dà vita, ti dà gioia e felicità. Ogni respiro è una poesia e scrivi una poesia senza bisogno di carta né di penna perché quando respiri in modo calmo e consapevole puoi sentirti vivo e sorridi, e questa è una vera poesia, e ogni passo che faccio potrebbe essere una poesia perché cammino con stabilità, toccando la meraviglia della vita ad ogni passo. Ogni passo dovrebbe diventare una poesia, perché la poesia non è qualcosa che scrivi sulla carta, è qualcosa che puoi vivere in ogni momento della tua vita. Quando tieni la mano di un bambino e cammini e sei felice ad ogni passo e guardi un bambino in viso, questa è vita reale ed è poesia vera, non è un sogno, è qualcosa di molto reale, molto vivo, che sta accadendo. E a volte devi affrontare situazioni di violenza, di rabbia, ti trovi di fronte a situazioni difficili, ma è sempre possibile “trattarle” con passione, con comprensione, con compassione, e anche questa è poesia, quando provi a salvare i boat people, quando provi ad aiutare chi è arrabbiato e stanco, quando scrivi una lettera per sostenere qualcuno che è in difficoltà, tu hai bisogno di capire, hai bisogno di compassione e la tua azione è una vera poesia.

Che cos’è allora per lei scrivere poesie?
Non scrivi poesia solo quando ti siedi a tavolino e usi una penna e un foglio di carta. La poesia si compone in ogni momento della tua vita quotidiana: quando innaffi la verdura, quando lavi i piatti, quando fai colazione, in quel momento hai una grande esperienza della vita, puoi avere gioia, compassione, visione profonda e in quel momento quando ti siedi a scrivere stai consegnando la poesia, ma poesia è sempre nel mondo, è in continua creazione e questo perché anche quando dormi e sogni, anche quella è poesia.

Un’ultima domanda è dedicata a Nat Chi May, una sua studentessa che si diede fuoco in Vietnam, una di quelle immagini che restano nell’immaginario collettivo e che è più difficile da comprendere. Che cosa resta di lei e di questa immagine dopo 35 anni?

Nat Chi May era una giovane insegnante, un membro della scuola della gioventù per i servizi sociali. Vide la sofferenza, capì che era difficile far conoscere la sofferenza alla gente perché il suono delle bombe era tanto forte e le parti in guerra non ci permettevano di raccontare la nostra sofferenza, e lei scelse di usare il suo corpo come torcia per aiutare la gente dentro e fuori del Vietnam a diventare consapevole della sofferenza che c’era, sperando che venisse un aiuto per stabilire la fine alla guerra. Lei rappresenta molti di noi. Molti di noi i cui nomi non sono conosciuti hanno fatto esattamente la stessa cosa, non dandosi fuoco, ma impegnandosi in un lavoro per salvare la gente, per aiutare la gente senza paura e queste persone hanno mostrato molta comprensione e molta compassione: i miei studenti mi hanno nutrito molto e quello che io ho fatto e quello che ho detto è quello che loro hanno detto e fatto nello stesso tempo. Così quando vedete me che parlo, quando vedete me che agisco, dovete vedere tutti loro che fanno la stessa cosa. La loro coscienza è una coscienza collettiva nata dalla consapevolezza e dalla sofferenza e c’è un desiderio di agire per mettere fine alla sofferenza. Se guardate me e vedete una sola persona non avete visto molto chiaramente, dovete vedere molti e molti di noi che in situazioni molto difficili fanno la stessa cosa, che portano messaggi di compassione, di pace, di sacrifici per la gente e sperano che l’energia di comprensione e compassione possano nascere in ognuno e nei bambini, in modo che i nostri bambini abbiano un futuro. Molte grazie.

Intervista a  Thich Nhat Hanh di Luciano Minerva fonte: www.rainews24.it


Thich Nhat Hanh

Un Ascolto Profondo

Compralo su Macrolibrarsi

Ascoltare profondamente è sapersi fermare e sapersi far pervadere da ciò che si ascolta, diventando uno con esso, che provenga dall’interno o dall’esterno di noi.

Ascolto profondo è sapersi fermare e sapersi far pervadere dall’oggetto del nostro ascolto diventando uno con esso, che sia al nostro interno o al nostro esterno.
Per ascoltare in modo nuovo, insegna Thich Nhat Hanh, è necessario rimuovere le percezioni erronee che si hanno su se stessi e sugli altri: in questo modo si trasforma anche il modo di parlare, e la parola diventa strumento di felicità anziché portatrice di sofferenza.
Iparare la pratia ll’asolto poono è allora oe imparar ua nuova lingua si ha isogno di mpo pe familiarizzarsi o i nuovi suoni e per potersi ascoltare è importante imparare a conoscere “i propi suoni”, cioè gli elementi, al nostro interno, con i quali siamo poco in contatto.
All’ascolto profondo ci si avvicina tramite la condivisione, una delle pratiche cui Thich Nhat Hanh dà maggiore spazio come strumento di pace.
In questo libro sono stati raccolti i discorsi che più si soffermano sull’argomento: i temi trattati possono invitarci a riflettere su come ci ascoltiamo e su come ci siamo ‘sentiti’ fino a oggi, e forse scardinare un po’ l’immagine che abbiamo acquisito di noi stessi.