Ayurveda: scienza del Vivere

L’Ayurveda probabilmente è il sistema di medicina naturale più antico di cui l’uomo abbia memoria, la parola Ayurveda significa Conoscenza della vita o Scienza del vivere , essa è composta dai termini Ayus (Vita) e Veda (Conoscenza o Scienza).

Ayurveda

Nel Charaka Samhita , uno dei testi fondamentali dell’Ayurveda, troviamo la definizione dell’Ayurveda e della materia di cui tratta: “Si definisce Ayurveda la scienza che descrive gli stati della vita vantaggiosi e quelli sfavorevoli, insieme a ciò che è buono e ciò che è nocivo per la vita, che tratta della lunghezza della vita e della vita stessa. ” (Charaka Samhita I, 41)

Nello stesso testo troviamo la definizione di Ayus , vita, che è intesa come combinazione di quattro elementi:

* corpo
* organi dei sensi
* mente
* anima

L’Ayurveda si occupa di tutti gli aspetti del benessere, quello fisico, quello psichico e quello spirituale e si interessa di ciò che è normale tanto quanto di ciò che è anormale o patologico. Secondo l’Ayurveda la salute non è solo assenza di malattia ma è uno stato di continuo appagamento e di benessere, uno stato di felicità fisica, mentale e spirituale. Il concetto di equilibrio espresso dall’Ayurveda comporta non solo il perfetto funzionamento dei vari sistemi ed organi, della psiche e dello spirito, ma anche un rapporto di felice convivenza con tutte le creature, con i familiari, con gli amici, con il lavoro, con il clima e la cultura in cui viviamo, con i propri ideali, con le abitudini, con la verità, con il concetto che si ha di Dio, ecc.

Medicina ayurvedica

Generalmente si usa l’espressione “medicina ayurvedica” per indicare un metodo terapeutico naturale di cui gli aspetti più conosciuti sono la prescrizione di preparati a base di erbe e sostanze naturali, i massaggi, le varie terapie di purificazione e rilassamento spesso abbinate alla cosmesi. Lo scopo principale dell’Ayurveda non si limita a questi aspetti superficiali, ma in realtà consiste nell’eliminazione del senso di separazione fra il puro Sé illimitato (Atma) e le espressioni limitate del relativo (Corpo, Sensi, Mente); questa separazione operata dall’intelletto viene chiamata “errore dell’intelletto” (Pragya Aparada). Nell’analisi che l’Ayurveda fa dell’origine delle malattie, l’errore dell’intelletto si trova al primo posto. Sulla base di questa concezione della vita e dei suoi meccanismi fondata sul sistema filosofico del Samkhya , l’Ayurveda ci porta la conoscenza necessaria a mantenere l’equilibrio del funzionamento della mente e del corpo, come prevenire la perdita della memoria della parte illimitata e pura della vita e come correggere l’errore dell’intelletto che porta all’identificazione con i differenti aspetti della vita e alla perdita della consapevolezza della propria vera natura.

Dopo l’affermazione dello Yoga in tutto il mondo occidentale, ove milioni di persone traggono beneficio dalla sua pratica, assistiamo a un crescente interesse per l’Ayurveda e per i principi che ci ha trasmesso. Tali principi sono utilissimi nella nostra era scientifica perché sono principi immutabili e non soggetti a correnti dottrinarie, essi si ritrovano in tutti i sistemi di medicina tradizionale di tutto il mondo. Anche se nel corso del tempo sono stati apportati molti emendamenti e molte aggiunte alle applicazioni e implicazioni dei principi originari, essi rimangono inalterati nella loro essenza.

Secondo Charaka, le virtù che devono essere presenti nell’abile medico sono:

* conoscenza (Vidya)
* logica (Tarka)
* scienza (Vijnana)
* memoria (Smriti)
* adattabilità (Tatparata)
* prova pratica (Kriya)

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Questo indica un sistema non dogmatico né staccato dalla ricerca empirica, la combinazione di ipotesi razionali sostenute dall’applicazione pratica e dalla sperimentazione rendono questo sistema estremamente flessibile e in grado di accogliere il contributo di chiunque concorra a migliorarne l’applicazione. Di conseguenza l’Ayurveda ha un atteggiamento molto aperto e liberale nei confronti degli altri sistemi medici con cui si può utilmente integrare.


Cenni storici

La storia dell’Ayurveda, affonda le sue radici nel periodo vedico, risale cioè al 5000 a.C. o forse a un’epoca ancora precedente. Nei quattro Veda – Rig, Sama, Yajur e Atharva – troviamo ampi riferimenti a medicine, rimedi, metodi curativi e descrizioni delle diverse parti e degli organi del corpo umano. I testi classici dell’Ayurveda che sono giunti fino a noi, Charaka Samhita e Sushruta Samhita, sono stati redatti nella forma attuale probabilmente intorno al settimo secolo a.C. In questi testi troviamo i miti delle origini dell’Ayurveda e di come venne tramandato al genere umano.

Nel Charaka Samhita si dice che quando sulla terra comparvero le malattie a ostacolare la vita degli esseri viventi, un gruppo di saggi provenienti da ogni angolo della terra, mossi da compassione per tutte le creature, si riunirono in un luogo propizio sulle pendici dell’Himalaya per trovare un rimedio. Con questo atteggiamento, entrarono in meditazione e trovarono l’aiuto di Indra, il Signore degli Dei, che li avrebbe istruiti sul modo appropriato per contrastare le malattie. Deputarono così uno di loro, Bharadvaja, ad andare da Indra per imparare l’Ayurveda. Al suo ritorno Bharadvaja impartì la conoscenza dell’Ayurveda ad Atreya che ebbe sei discepoli, ognuno dei sei discepoli di Atreya scrisse un trattato di Ayurveda. La maggior parte di quei trattati è andata perduta, ma l’opera di uno di essi, Agnivesa, o per lo meno una parte di essa, è giunta fino a noi nella forma del Charaka Samhita . Un altro racconto mitologico rivela che Dhanvantari, il medico degli Dei, venne mandato da Indra sulla terra per diffondere la conoscenza della medicina. Dei suoi discepoli Sushruta era particolarmente esperto nell’arte della chirurgia e scrisse un trattato sull’Ayurveda noto come Sushruta Samhita . Questo trattato riguarda soprattutto la chirurgia anche se parallelamente si occupa della medicina generale. In epoca posteriore Vagbhata scrisse l’Ashtanga Hridaya che descrive l’Ayurveda in forma poetica e che riunisce la sapienza di Charaka nella medicina e l’arte di Sushruta nella chirurgia.

E’ difficile stabilire con esattezza l’epoca di Charaka e di Sushruta per mancanza di riscontri storici precisi, ma gli studiosi sono abbastanza concordi nel fare risalire il Charaka Samhita al VI o VII secolo a.C. In questi trattati vengono descritte le otto parti dell’Ayurveda:

* Medicina Generale (Kaya)
* Chirurgia (Shalya)
* Trattamento delle malattie di orecchie, naso, gola, occhi (Salakya)
* Psichiatria, Psicologia (Bhuta Vidya)
* Pediatria (Kaumara Bhritya)
* Tossicologia (Agada)
* Scienza del ringiovanimento (Rasayana)
* Sessuologia (Vajikarana)


Natura universale dell’Ayurveda

“Poiché nei tempi antichi l’Ayurveda è stato concepito e insegnato da alcuni saggi, certi studiosi sostengono che l’Ayurveda ha un inizio. In effetti non è così, non si conosce un periodo in cui l’Ayurveda non fosse esistente e dopo il quale venne alla luce. Come il calore del fuoco e la liquidità dell’acqua, l’Ayurveda o scienza della vita è cosa innata e per esistere non ha bisogno di alcuno sforzo da parte degli umani “. (Charaka Samhita 30.27)

Per concludere, l’Ayurveda non è patrimonio esclusivo di una sola cultura o di un solo paese, non è prerogativa di una sola religione, non appartiene a un solo periodo storico. Poiché tratta di fenomeni inerenti alla natura ha un valore universale e un atteggiamento molto aperto nei confronti degli influssi che provengono da differenti culture; le medicine e le diete possono variare, ma i principi che ne sono alla base sono sempre gli stessi. Perciò si può considerare l’Ayurveda un “Patrimonio dell’Umanità”.

La medicina ayurvedica è la più diffusa in India e in alcuni paesi limitrofi, oggi anche in Occidente si possono trovare molti preparati fra quelli usati dalla vasta farmacopea ayurvedica. Le stesse aziende che commercializzano questi prodotti, importati principalmente dall’India, a volte si occupano anche della formazione dei medici in modo che essi possano avere una corretta informazione sui principi dell’Ayurveda, sul modo di usare i preparati, e possano usare i metodi diagnostici classici dell’Ayurveda come la lettura del polso. Molte ricerche scientifiche sono state fatte e sono in corso per avvalorare con metodi moderni quel che è detto nei trattati di migliaia di anni fa, sia per quel che riguarda l’efficacia terapeutica dei preparati e dei trattamenti, che sono l’aspetto esteriore della medicina ayurvedica, sia per l’efficacia dei trattamenti “interiori” come la meditazione, che ci riportano allo scopo principale dell’Ayurveda, quello di farci ricordare chi siamo in realtà.

da: Il consapevole

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Un grande regista indiano racconta la scienza del vivere e del guarire. Non troverete qui la rifrittura new age che ormai infesta l’occidente, quelle misture fai-da-te di spiritualità orientale, guru imparaticci, buddhismo per donne in carriera, Ganesh sulla t-shirt e bandierine tibetane.

Questo è un viaggio appassionato e documentato che incontra i grandi terapeuti dell’ayurveda e li guarda lavorare nei luoghi dove la disciplina è nata ed è cresciuta per millenni, stratificandosi e correggendosi nel passaggio severo da maestro a studente.

E’ l’India per viaggiatori, non per turisti, confronto vero con qualcosa che non smette di essere lontano e irriducibile.

Che cosa fate con i vostri pensieri?

Dobbiamo ricordarci che l’unica cosa con cui stiamo trattando sono pensieri, ed
il pensiero può essere cambiato e, che ci crediate o no, noi scegliamo i nostri
pensieri.

Louis Hay

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Che cosa fate con i vostri pensieri?
Nel campo delle azioni, si può dire che la maggior parte della gente è piuttosto brava e ragionevole. Applica le
regole, rispetta le leggi della società. Interiormente invece, è un’altra cosa: si permette di tutto! Chiedete agli
esseri umani che cosa fanno con i loro pensieri, con i loro sentimenti, con la loro immaginazione! Creano delle nuvole, dei fumi, delle nubi, e anche delle creature mostruose. E quando, poi, si sentono stanchi, angosciati,
persi, malati, non ne comprendono nemmeno il perché!
Se si volessero fermare un attimo a riflettere, le persone in buona fede sarebbero obbligate a riconoscere che
in un certo momento dalla loro vita hanno avuto dei pensieri e dei sentimenti veramente malsani, distruttivi,
criminali. Ebbene, tali pensieri e sentimenti non rimangono senza effetto.

Voi credete che solo i gesti, le parole,le azioni abbiano veramente delle conseguenze e che ciò che accade nel mondo interiore può restare senza effetto?

… No, vi sbagliate. Tutto ciò che mettete in moto nel vostro mondo interiore produce dei risultati; certo
occorre più tempo per vederli apparire, ma infallibilmente un giorno appariranno.
Evitate di preoccuparvi di sapere se i vostri pensieri e sentimenti si realizzeranno: prima o poi si realizzeranno
di sicuro. Preoccupatevi solo di capire se tali pensieri e desideri sono buoni, perché se fossero
cattivi, il giorno in cui si realizzeranno, avrete di che lamentarvi, allora sarà troppo tardi.

I danni provocati dai pensieri incontrollati
Fermatevi un momento a pensare ai danni che può provocare il pensiero quando non è controllato: guai a se
stessi e agli altri, proporzionati alla potenza con cui furono emanati. Si pensi al vuoto interiore di quelli che si
abbandonano alle fantasticherie inutili. Essi fuggono dalla realtà in cui vivono, ma quando ricadono
necessariamente in essa, si ritrovano come estranei e in contrasto col tutto.
Peggio avviene agli sciagurati che se ne servono per danneggiare gli altri deliberatamente pensando di essi cose
negative. Se sapessero il male che fanno a se stessi, poiché l’energia di un pensiero ritorna al punto da cui
è partita, si guarderebbero bene dal farlo. Ma, purtroppo, sono ignoranti di questo fatto e pensano che con il
pensiero sia impossibile fare del male a qualcuno e specialmente a se stessi.
Quando l’uomo pensa cose non buone nei confronti di altri, anche se a parer suo se lo meritano, si carica di un
insieme di energie
negative che dovrà, poi, amaramente esaurire.

Considerata la grande pericolosità dei pensieri negativi, bisognerebbe che ognuno di noi si preoccupasse di
controllare il proprio pensiero come si fa’ per tutte le cose dannose. I pensieri, infatti, producono effetti
anche all’insaputa di chi le emana che poi si lamenta per i danni che essi gli arrecano.
L’odio, la vendetta e I’invidia, sono dei veleni terribile che uccidono fatalmente ciò che è buono in noi, peggio
dell’arsenico che uccide il nostro corpo.
Chi conserva per anni pensieri di odio, di invidia, di vendetta verso altri, li mette in condizione di essere ostili
nei confronti di stesso. Ciò che rende l’esistenza umana pesante e travagliata è l’uso errato del pensiero che
porta a subire conseguenze dolorose. Nessuno può conservare a lungo pensieri e sentimenti negativi
senza nuocere a se stesso.

La maggior parte dei mali che affliggono gli uomini sono creati dalla mente. Noi pensiamo che altri ci abbia
fatto del male, mentre siamo noi stessi gli autori dei nostri mali, tanto per le azioni compiute, che ritornano a
noi, che per quelle create con la nostra immaginazione, dando corpo alle ombre. Su quest’ultimo punto, si vuol
insistere per far comprendere che nessun male può essere arrecato arbitrariamente, mentre per la maggior
parte dei casi è la mente che li ha pensati.
Chi è convinto di star male, sta veramente male. Se sgombrasse la mente da questa creazione della fantasia, si accorgerebbe di star bene.

Libri consigliati:

È un libro che insegna a pensare, poiché la trasformazione dell’uomo dipende dai propri pensieri.
L’uomo comune è dominato dai suoi pensieri, che invadono la sua mente sotto forma di ricordi, sensazioni, immagini, brandelli di emozioni e di ragionamenti. Si abbandona passivamente alle fluttuazioni del pensiero, che cambia direzione e velocità ad ogni momento, come una vela posseduta dal vento.
L’uomo saggio ha le chiavi della propria mente. In essa i pensieri positivi sono ospiti ordinari. Sono banditi i pensieri che muovono vertici negativi, come quelli di paura, preoccupazione, ansia, agitazione, fretta e simili, tutti nemici della serenità dello spirito.
L’uomo saggio sa che se riesce a far tacere il rumore delle cose, la parte migliore di sé fa sentire la sua voce.
Questo è un ideale per tutti, che non è facile da raggiungere tra i tanti richiami della materia, che distolgono la nostra attenzione dall’Alto; ma la padronanza costante sui nostri pensieri ci porterà a un risultato felice.
D’altronde la regola è semplice: più i pensieri sono elevati, più la nostra vita sarà di ordine elevato.



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Le critiche

biglie
Ogni persona è convinta di essere nel giusto.

“Ho speso i migliori anni della mia vita a procurare ai miei simili i
migliori divertimenti, per aiutarli a vivere meglio, e la ricompensa è stata
la calunnia e tutta un’esistenza da braccato.”
(Al Capone). Lui non si
sentiva affatto in colpa, anzi si considerava una specie di pubblico
benefattore.

La gente non accetta  critiche sul proprio modo di comportarsi, per quanto
sbagliato possa essere. La critica è inutile perché pone le persone sulla
difensiva e le induce immediatamente a cercare una giustificazione. È
pericolosa, perché ferisce l’orgoglio della gente, la fa sentire impotente e
suscita risentimento.

Il risentimento per le critiche ricevute può demoralizzare i dipendenti, i
familiari, gli amici, senza contribuire in alcun modo a migliorare la
situazione.

La critica è come un piccione viaggiatore: ritorna sempre da dove era
partita. Convinciamoci che la persona che cerchiamo di correggere o di
condannare farà di tutto per difendersi e ritorcere l’accusa, o per lo meno
dirà: “Non vedo come avrei potuto agire diversamente”.

Conoscete qualcuno che volete cambiare, mettere in riga, migliorare? Bene,
ma perché non cominciate da voi stessi? Da un punto di vista egoistico dà
molto più profitto che migliorare gli altri e fa meno danni.

Se volete suscitare domani un risentimento che può persistere per decenni e
magari fino alla morte, avanti con le critiche, anche se del tutto
ingiustificate.

Trattando con la gente ricordiamoci che abbiamo a che fare con creature
governate non dalla logica ma dalle passioni, piene di pregiudizi e mosse
dall’orgoglio e dalla vanità.

Benjamin Franklin
, intervistato, alla domanda su quale fosse il segreto del
suo successo, svelò: “Non parlo male di nessuno e dico di tutti tutto il
bene possibile “
.

Tutti gli sciocchi sono capaci di condannare, criticare, recriminare, e la
maggior parte lo fa. Ma ci vuole carattere e autocontrollo per capire e
perdonare.

Spesso i genitori provano l’irresistibile impulso di criticare i loro figli,
vi leggerò un classico del giornalismo americano: “Father Forgets” di
Livingstone Larned

Ascolta figlio, ti dico questo mentre stai dormendo con la manina sotto la
guancia e i capelli biondi appiccicati alla fronte. Mi sono introdotto nella
tua camera da solo: pochi minuti fa, quando mi sono seduto a leggere in
biblioteca, un’ondata di rimorso mi si è abbattuta addosso, e pieno di senso
di colpa mi avvicino al tuo letto.

E stavo pensando a queste cose: ti ho messo in croce, rimproverato mentre ti
vestivi per andare a scuola perché invece di lavarti ti eri solo passato un
asciugamano sulla faccia, perché non ti sei pulito le scarpe. Ti ho
rimproverato aspramente quando hai buttato la roba sul pavimento.

A colazione, anche lì ti ho trovato un difetto: hai fatto cadere cose sulla
tovaglia, hai ingurgitato cibo come un affamato, hai messo i gomiti sul
tavolo. Hai spalmato troppo burro sul pane e, quando hai cominciato a
giocare e io sono uscito per andare a prendere il treno, ti sei girato e hai
gridato: “Ciao, papino!” e io ho aggrottato le sopracciglia e ho risposto.
“Su dritto con la schiena!”

E tutto è ricominciato da capo nel tardo pomeriggio, perché quando sono
arrivato eri in ginocchio sul pavimento a giocare alle biglie e si vedevano
le calze bucate. Ti ho umiliato davanti agli amici, spedendoti a casa
davanti a me. Le calze costano, e se le dovessi comprare tu, le tratteresti
con più cura.

Ti ricordi più tardi come sei entrato timidamente nel salotto dove leggevo,
con uno sguardo che parlava dell’offesa subita? Quando ho alzato gli occhi
dal giornale, impaziente per l’interruzione, sei rimasto esitante sulla
porta. “Che vuoi?” ti ho aggredito brusco. Tu non hai detto niente, sei
corso verso di me e mi hai buttato le braccia al collo e mi hai baciato e le
tue braccine mi hanno stretto con l’affetto che Dio ti ha messo nel cuore e
che, anche se non raccolto non appassisce mai. Poi te ne sei andato
sgambettando giù dalle scale.

Be’, figlio, è stato subito dopo che mi è scivolato di mano il giornale e mi
ha preso un’angoscia terribile, cosa mi sta succedendo? Mi sto abituando a
trovare colpe, a sgridare; è questa la ricompensa per il fatto che sei un
bambino, non un adulto? Non che non ti volessi bene, beninteso: solo che mi
aspettavo troppo dai tuoi pochi anni e insistevo stupidamente a misurarti
col metro della mia età.

E c’era tanto di buono, di nobile, di vero nel tuo carattere! Il tuo piccolo
cuore così grande come l’alba sulle colline. Lo dimostrava il generoso
impulso di correre a darmi il bacio della buona notte. Nient’altro per
stanotte figliolo. Colo che son venuto qui vicino al tuo letto e mi sono
inginocchiato, pieno di vergogna.

È una misera riparazione, lo so che non capiresti queste cose se te le
dicessi quando sei sveglio. Ma domani sarò per te un vero papà. Ti sarò
compagno, starò male quando tu starai male e riderò quando tu riderai, mi
morderò la lingua quando mi saliranno alle labbra parole impazienti.
Continuerò a ripetermi, come una formula di rito: “è ancora un bambino, un
ragazzino!”

Ho proprio paura di averti sempre trattato come un uomo. E invece come ti
vedo adesso, figlio, tutto appallottolato nel tuo lettino, mi fa capire che
sei ancora un bambino. Ieri eri dalla tua mamma, con la testa sulla sua
spalla. Ti ho chiesto troppo, troppo.”

Invece di condannare l’operato della gente, cercate piuttosto di capirla.
Cercate di immaginare perché la gente fa quello che fa. È molto più utile
che criticare, senza contare che genera simpatia, tolleranza e gentilezza.

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