Attegiamento non significa Atteggiarsi

Attegiamento non significa Atteggiarsi

Sii te stesso. Gli altri sono già occupati

Oscar Wilde


Uno degli errori più stupidi da addebitare agli uomini è seguire degli stereotipi, cioè dei comportamenti sempre uguali, utilizzati da tutti sempre nello stesso modo e che nella maggior parte dei casi non approdano ad alcun significato.

Io ti sfido – e nei prossimi capitoli capirai come – a essere diverso dagli altri, a valorizzare la tua persona, le tue caratteristiche, e a farlo nel modo più facile e divertente possibile.

Quante volte hai visto uomini usare le stesse frasi, le stesse espressioni, le stesse parole, con chiunque, come se le donne fossero impressionate da frasi del tipo: “ non sai cosa ti perdi!”, “non sai cosa ti farei!”,” sembri proprio la mia prossima fidanzata!”. E altre cazzate simili.. che per altro piacciono solo agli uomini!

Rifletti un attimo: se la maggior parte degli uomini si comporta così, parla in questo modo, finge di essere ciò che non è, perché quella donna dovrebbe scegliere proprio te?

Ai suoi occhi risulti uguale a tutti gli altri, cammini in mezzo ad un gregge di pecore senza distinguerti.

E magari ti arrabbi pure perché lei non ti considera, ti demotivi, e pensi che tanto non sei all’altezza e che dovresti essere il “classico stronzo”?

Ascoltami bene: stai sbagliando!

Lei non ti considera perché non ti fai considerare.

Non ti apprezza perché non ti fai apprezzare.

E non ti valorizza perché sei tu il primo a non farlo con te stesso.

Ecco la differenza che fa la differenza

Distinguiti!

Distinguiti dalla folla, dalla massa. Distinguiti per la personalità che hai, per il coraggio di ciò che vuoi, per la tua simpatia, per il senso dell’umorismo, per il punto di forza che sai usare al meglio, sia esso fisico, caratteriale o emozionale. Fai in modo di valere per chi sei veramente, prima di tutto ai tuoi occhi. Fai in modo che lei veda ciò che non è abituata a vedere negli altri.

[..] Il seguente esercizio può aiutarti a individuare in te le caratteristiche che possono fare la differenza.

Rispondi a queste domande:

  1. Quali sono le caratteristiche che più ti distinguono?
  2. Quali sono le cose che più apprezzi di te o per le quali ricevi complimenti?
  3. Cosa potresti valorizzare del tuo corpo? Viso, labbra, denti, sorriso?
  4. Cosa potresti valorizzare della tua personalità?
  5. Se tu fossi una donna, cosa ti piacerebbe di te?
  6. Qual è la parte della tua personalità che mai di più?
  7. E come puoi valorizzare tutto questo?

Rispondere a queste domande ti aiuta a entrare un po’ di più in contatto con quella parte di te che può fare la differenza.

Non cercare di essere come qualcun altro, ne saresti  solo la brutta copia.

[..] Amati, apprezzati e sii fiero di chi sei e muoviti nel mondo con sicurezza.

Tratto da: Dimentica i due di picche Diventa un asso di Cuori di  Andrea Favaretto

La seduzione con la PNL

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In questo libro troverai quanto serve per far emergere le tue qualità e per scegliere e attuare le strategie grazie alle quali potrai conquistare le persone che desideri.

Se pensi che per sedurre servano il phisique du rôle, l’abbronzatura, i soldi, gli abiti firmati, la carriera, le amicizie giuste, un certo tipo di macchina, magari una grande fortuna… ti sbagli!!! A tutti è capitato nella vita di attirare qualcuno. È una caratteristica innata, che ogni bambino possiede, e che nel corso dell’esistenza viene sviluppata da alcuni e trascurata da altri.

Ci sono persone che sembrano istintivamente seduttive. Le guardi e qualcosa ti colpisce, ti prende. Entrano in una stanza affollata e, nel giro di poco, qualcuno si sente attratto da loro. Sono dotate di un carisma e di un’energia particolari, sembrano emanare un fluido magnetico che affascina chi sta loro accanto.

Possono essere uomini o donne, le si incontra per lavoro o per piacere, ne può nascere un semplice scambio di battute, una passione incontrollabile o la storia della vita. E tutto ciò è indipendente dal sesso, dall’età, dalla professione o dalla posizione sociale.

Anche dentro di te c’è un enorme potenziale di seduzione, devi soltanto scoprire e utilizzare le risorse che già possiedi e che non hai ancora saputo sfruttare completamente.

Con Andrea Favaretto riuscirai a diventare un vero Asso di cuori!

Il libro è strutturato in brevi capitoli, alternati a esercizi mirati. Favaretto dialoga con il lettore, lo invita a riflettere sulle sue esperienze e a ricavarne delle lezioni positive. Il rapporto fra i sessi è la sfida più eccitante e gratificante che possiamo immaginare, richiede istinto, ma anche conoscenze che spesso diamo per scontate, per pigrizia, per scetticismo, per eccesso di sicurezza (o per il suo contrario, il pessimismo) e che non applichiamo perdendo occasioni preziose di conoscere gli altri (ma anche noi stessi).

L’autore collabora da lungo tempo con i migliori formatori italiani e stranieri, da Roberto Re a Roy Martina, da Martin Brofman a Richard Bandler, da Marco Paret a Paul McKenna, per citarne solo alcuni. Favaretto nel corso degli anni ha sviluppato una straordinaria esperienza sul campo. I suoi seminari sono a giudizio di chi vi ha partecipato non solo coinvolgenti ed efficaci, ma anche divertenti, e questo libro trasmette pienamente il suo talento di comunicatore e persuasore.

Perché questo libro:

  • Perchè sviluppa un metodo di straordinaria efficacia, un misto di teoria e pratica, di regole e di esercizi da svolgere secondo un ordine prestabilito. Favaretto ha alle spalle più di dieci anni di seminari nel corso dei quali ha lavorato con migliaia di persone, uomini e donne.
  • Perchè la seduzione coinvolge e mette in discussione la nostra intera personalità e in particolare influenza la nostra autostima (e da questa è sua volta influenzata).
  • Perchè la seduzione fa parte della nostra vita, ne è una componente fondamentale

La terapia verbale

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TERAPIA VERBALE: La Malattia è una Commedia

Seminario Interattivo con Gabriella Mereu

Domenica 20 settembre 2009 ore 17.00

Cesena

Durante il seminario ci sarà l’incredibile opportunità di ascoltare in diretta degli esempi pratici di Terapia Verbale.

I pazienti della dottoressa Mereu la chiameranno per avere delle consulenze telefoniche, le racconteranno i loro sintomi e i loro disagi.  Assistendo a questi dialoghi medico-paziente si potranno comprendere in maniera semplice i passaggi  che portano alla guarigione e alla liberazione dai propri blocchi emotivi. La dottoressa Mereu farà sì che le storie degli altri possano diventare una straordinaria occasione di crescita personale ed emotiva per tutti coloro che parteciperanno alla conferenza.


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Avete mai provato ad ascoltarvi mentre vi lamentate di dolori fisici?
Avete mai pensato che le vostre parole potrebbero spiegare le vostre malattie?
Difficile da credere, eppure c’è chi ha studiato a fondo il linguaggio dei pazienti, arrivando ad afferrarne i significati più profondi. La dottoressa Mereu, ormai famosa in tutta Italia per la sua ricerca, presenterà a Cesena la sua tecnica d’interpretazione del sintomo: la Terapia Verbale. Durante il seminario dimostrerà in modo divertente come il “malato” stesso, parlando dei propri disturbi, riveli sotto forma di metafora il conflitto che l’ha portato alla patologia. La mimica, le espressioni figurate, i modi di dire e la grafia sono indicazioni preziose per svelare la vera natura dei vostri sintomi! Imparando a decodificare le metafore, potrete risalire all’origine dei vostri blocchi mentali e finalmente arrivare alla guarigione.


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Avrete la straordinaria possibilità di ascoltare in diretta e vedere dal vivo esempi pratici di Terapia Verbale. Potrete interagire con la dottoressa Mereu, chiedendole consigli e raccontandole i vostri disturbi. Apprenderete così, in maniera piacevole, i semplici meccanismi che portano alla comprensione dei vostri sintomi. Il seminario vi fornirà preziosi strumenti di consapevolezza per essere più vigili e attenti agli indizi che il corpo vi offre. Problemi psicologici, relazioni sbagliate e stress si ripercuotono infatti sul vostro organismo, facendovi stare male. Per questo Gabriella insegnerà ad ascoltarvi e capire come i vostri malesseri mutano e si trasformano in parole.

Il seminario è dedicato a tutte le persone sensibili che stanno cercando la strada che conduce alla salute e al piacere.


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Gesti e parole

parole-gesti

Inseparabili il gesto e la parola

Le ricerche dimostrano che quando archiviamo il nome di un oggetto e di cose  concrete, attiviamo sì l’area linguistica, ma anche quella motoria

Marco Pacori

CHI non conosce uno di quegli individui che possiedono una gamma di espressioni che va dal cipiglio allo sguardo glaciale … e di poche parole? E chi non si è sentito una volta o l’altra nella vita così teso e impacciato da non trovare niente da dire o non sapere come rispondere?
Cosa hanno in comune questi due esempi? L’assenza o la rarità dei gesti. Da quanto è emerso da uno studio in corso di pubblicazione di Robert Krauss e Ezequiel Morsella della Columbia University di New York, parlare fluentemente, in modo colorito, avere la battuta pronta è legato all’espressività e alla quantità dei gesti che facciamo durante il dialogo. E sembra che ora se ne siano individuate anche le basi neurologiche.

Si suppone da tempo che il linguaggio abbia avuto origine dai gesti e le osservazioni sull’acquisizione della parola sembra avallare questa ipotesi; solo in tempi recenti ci si è accorti che l’espressione verbale ha tutt’altro che soppiantato i gesti e che proprio questi ultimi sono parte integrante della facoltà di parlare con proprietà e scorrevolezza.
Una delle prime osservazioni al riguardo la si deve allo psicologo Bernard Rimé dell’Università di Louvain in Belgio che ha notato come quando nel dire qualcosa si gesticoli, il movimento anticipa sempre la parola. In un recente studio in cui i soggetti erano immobilizzati, si è constatato come questi ultimi, parlando, avesserò difficoltà ad esprimersi e provassero molto spesso la sensazione di avere una “parola sulla punta della lingua”. Un indagine in cui era stato impedito ai partecipanti di muoversi hanno dimostrato come l’eloquio diventi più povero, più “insipido”, l’articolazione delle parole appaia più stentata e aumentino gli errori di pronuncia.
Sempre nella stessa ricerca è stato messo in luce che numero e ostentazione nei gesti cambiano in relazione all’argomento di conversazione: sono minori quando si ci riferisce a un concetto astratto; per contro, sono più vivaci ed espressivi mentre si descrivono scene, azioni o  oggetti concreti. Inoltre, se si devono illustrare gli aspetti spaziali di qualcosa e si è impossibilitati o inibiti ad usare dei gesti, il discorso risulta più impreciso e meno particolareggiato.

Il nuovo studio di  Krauss e Morsella, psicologi alla Columbia University a New York, sul rapporto tra linguaggio e gesti ha gettato nuova luce sull’argomento. I due ricercatori  avevano applicato all’estremità superiore destra dei soggetti seduti degli elettrodi che danno modo di registrare la presenza di tensione muscolare. Ai partecipanti venivano quindi lette delle definizioni di utensili, cose e idee e veniva chiesto loro di dire il nome di ciò a cui ci si riferiva.
Dall’esame delle risposte e dal confronto con gli elettromiogrammi, i ricercatori hanno osservato che i termini concreti suscitavano una maggiore contrazione nei muscoli dell’arto dominante. Per altro, è stato anche constatato che, benché tensione e movimento dell’altro braccio non fossero misurati, anche questo veniva mosso assieme alla mano e che i movimenti erano tuttal’altro che scomposti: anzi, erano realizzati in modo tale da fornire una raffigurazione plastica del termine cercato oppure dei movimenti che si fanno nell’afferrarli o nel farne uso; così ad esempio, nell’atto di recuperare il nome “pianura”, i soggetti muovevano la mano a raggera e nel ricordare il termine “spiedo”, eseguivano una rotazione con il pugno semichiuso.

Per spiegare queste relazioni, gli autori hanno abbracciato la tesi elaborata dall’equipe di neurologi dell’Università Cattolica di Roma, capitanata da Gainotti: sulla base di osservazioni su individui che avevano subito danni cerebrali, questi studiosi ritengono verosimile che quando apprendiamo il significato di un oggetto, lo archiviamo nella memoria assieme alle azioni e alle contrazioni muscolari che compiamo usandoli o che eseguiamo per comprenderne il funzionamento.

Così, quando ci troviamo a richiamare a mente il suo nome, recuperiamo in realtà l’intero complesso di informazioni ad esso legate. In altre parole, si attivano non solo l’area linguistica del cervello, ma anche quella motoria e premotoria dove immaganizziamo le sequenze di azioni fra loro coordinate. La evocazione nel cervello del movimento  metterebbe automaticamente in moto i muscoli e ci spingerebbe ad accennare per lo meno parte della sequenza; questa, a sua volta, diverrebbe un “spunto” per ricordare il nome dell’attrezzo o dell’oggetto.

Per quanto riguarda il recupero dei nomi di cose concrete si attiverebbe, invece, l’area di integrazione sensoriale (in questo caso, tra il senso del tatto e la vista). Semplificando, possiamo dire che per capire meglio la struttura o i rapporti spaziali di  qualcosa è come se passassimo una mano immaginaria su una sorta di suo “modellino”; in questo modo, oltre a vedere differenze in altezza, angoli e avvallamenti, sentiremmo anche le dimensioni tattili corrispondenti, cioè rilievi, spigoli o infossature:  invieremmo poi il tutto nella memoria assieme al nome della cosa … al momento della sua “rievocazione”, adotteremmo quindi un processo analogo a quello indicato per il ricordo dei nomi di oggetti .

Introduzione alla comunicazione multimodale

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A ognuno di noi sarà capitato, parlando con qualcuno, di pensare “c’è qualcosa che non mi convince nella sua voce”, o “ha fatto un gesto eloquente”, o “il suo sguardo esprimeva tutta la sua disapprovazione”. Questi messaggi che dicono più delle parole ci arrivano da altre parole, a volte impercettibili, del corpo. In realtà, siamo tutti poliglotti: parliamo con le mani, gli occhi, il viso, i movimenti e le posture, il contatto fisico. Ma se da millenni si compilano dizionari e grammatiche, perché non studiare anche le “parole del corpo”, perché non cercare, di questi sistemi di comunicazione, il lessico e l’alfabeto?

Questo libro spiega come fare un “gestionario”, un “occhionario” e un “tocconario” – lessici dei gesti, dello sguardo e del toccare. Oltre a studiare questi segnali singolarmente, è intrigante vedere come interagiscono in ogni atto comunicativo: in talk show e lezioni di scuola, dibattiti elettorali e sedute di logopedia, processi e film comici. A volte i messaggi si confermano a vicenda, a volte si contraddicono: dici che mi ami ma sento che mi respingi; mi sgridi, ma in modo bonario. E allora la multimodalità è strumento per i messaggi indiretti e contraddittori, per l’inganno, lo scherzo, l’ironia.

Che cos’è l’emozione?

emozioni

Che cos’è l’emozione?
Attraverso questionari inviati a missionari sparsi su tutta la terra, Darwin verificò che non esiste società che non conosca la paura, il pudore, l’ira, la nausea, la curiosità, il
piacere, il dispiacere, il pianto, il riso, la gioia, la tristezza.
A qualunque popolo o razza appartenga, il disegno infantile del viso di un pupazzo con l’arco della bocca rivolto verso l’alto significa: allegro, rivolto verso il basso: triste.
Senza eccezione le emozioni appartengono a tutta l’umanità e a tutte le società.
Le emozioni di fondo sono uguali per tutti mentre è la loro espressione che varia a seconda della cultura e delle decisioni individuali. L’uomo è di fatto un animale sociale
che non si comporta umanamente se non cresce tra gli uomini. Ne sono esempi i bambini cresciuti tra i lupi o le scimmie.

Le espressioni del “sentire allo stato puro” si possono
scorgere solo sulle facce dei bambini: il neonato reagisce alle emozioni senza mediazioni, urlando, piangendo, gorgheggiando, tubando.

Definire in breve l’emozione non è facile.
È oggetto di studio solo di recente essendo stata trascurata a favore della “mente” e del mentale, quasi come se l’emozione fosse una reazione puramente “fisica”.
Ora la tendenza è quella di coniugare finalmente la psicologia con la fisiologia. Si comincia a poter rispondere in modo autorevole sui processi più irrazionali della psiche.

Possiamo definire l’emozione come un movimento interiore, una risposta psicofisiologica correlata a uno stimolo interno o esterno. L’emozione ha lo scopo originario di farci muovere e lo dice la radice stessa della parola “moveo”, di produrre un’azione, con l’aggiunta .del prefisso “e” diventa “movimento da”.
Ogni diverso stimolo provoca un’emozione diversa, e ogni tipo di emozione prepara il corpo a diverse funzioni. Per esempio, la collera fa affluire il sangue al cervello e agli arti superiori che consentono l’energia per un’azione aggressiva-difensiva vigorosa.
La tristezza fa cadere l’energia vitale, chiude la persona e le consente di elaborare la perdita per tornare in seguito a vivere.
La paura scatena l’adrenalina che serve a preparare la fuga rapida.
Al contrario, l’amore e i sentimenti di tenerezza provocano un’attivazione del sistema parasimpatico che è quel rilassamento che induce a uno stato di calma e di soddisfazione
utile a comprendere e a cooperare.

L’emozione è un segnale di un bisogno, non e una risposta razionale ma basata su una specie di istinto residuo che è servito a far sopravvivere sia l’individuo che la specie.
Poiché la società si è evoluta rapidamente, spesso le espressioni delle emozioni vanno filtrate attraverso una razionalità che ha rispetto dell’emozione stessa.
Per molto tempo l’emozione è stata identificata con gli intensi sfoghi passionali o stati d’animo particolari, negativi, infantili o animali, mentre la razionalità è stata privilegiata
come unica caratteristica esclusivamente umana. Ma cosa ce ne facciamo di fisici bravissimi in grado di fabbricare bombe atomiche o di tecnici industriali che inventano
procedure distruttive per l’ambiente?
Se non pensiamo anche a una vita fatta di socialità e di condivisione, questo nostro mondo non avrà scampo.
È questa la ragione per cui ha avuto molto successo il concetto di “Intelligenza emotiva`, cioè della capacità di essere autoconsapevoli, di provare l’emozione che stiamo vivendo coniugando l’emotività con la razionalità.
Provare emozioni, quindi, non vuol dire essere infantili, femminili o animali: l’emozione è una parte di noi, così come è una parte del nostro Io la capacità di ragionare.

Ogni società regola l’espressione delle emozioni e dei sentimenti. È nel processo di sviluppo, infatti, che impariamo cosa e come sentire, e il modo in cui esprimere le emozioni.
Il sentimento è perciò una emozione legata al pensiero ed è dunque un’acquisizione che avviene attraverso l’apprendimento.

Elisabetta Leslie Lionelli “Coccole e carezze”

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Dopo il successo di The Secret, grazie al quale tutto il mondo ha potuto conoscere la potenza della Legge dell’Attrazione, il Gruppo Macro porta in Italia un nuovo grande bestseller: Il Segreto del Cuore. In pochi mesi il libro ha scalato le classifiche di vendita tedesche, arrivando a vendere oltre 500.000 copie.

Tutti facciamo il possibile per trascorrere una vita appagante e ricca di significato. Ci sforziamo di apprendere e migliorare ma, più di ogni altra cosa, vogliamo amare ed essere amati.
Il segreto del cuore
ci rivela come utilizzare la forza che è in ognuno di noi e come riuscire così a determinare ciò che avviene nella nostra vita.

Ruediger Schache riassume in dieci punti fondamentali l’essenza della sua ampia e profonda saggezza e dei suoi lunghi anni di studi e ricerche, fornendoci indicazioni pratiche e suggerimenti ispirati da numerosi esempi tratti dalla vita reale.

Ogni segreto che questo libro svela è un piccolo tesoro che ci viene messo a disposizione per vincere con più consapevolezza le straordinarie capacità che ognuno di noi ha di attirare nella propria vita le persone che desidera.