Hai un compito nella vita, e… NON l’hai neanche cominciato

COME SCOPRIRE CIO’ PER CUI SEI NATO

Nathaniel Hawthorne era un uomo insoddisfatto.

Non che gli mancasse qualcosa ma sentiva che ciò che stava facendo, la sua vita, il suo lavoro, non era ciò per cui era nato.

Un giorno era in preda ad una delle sue crisi quando la moglie gli prese la mano e gli disse: “devi lasciare perdere tutto quello che stai facendo e dedicarti a ciò per cui sei qui”.

Era il 1850, giusto qualche anno dopo quell’episodio, quando venne pubblicato “La Lettera Scarlatta“, divenuto uno dei classici più letti della storia.

Ricordando quel periodo, quello antecedente alla sua decisione di dedicarsi alla scrittura, Nathaniel Hawthorne dichiarò:

“Non vivevo, ma sognavo di vivere”

E ALLORA TU ?

Nulla è dovuto al caso: sei qui con uno scopo preciso.

Veniamo catapultati in questo mondo con un compito, però ce ne dimentichiamo o ancora più spesso facciamo finta di non sentirlo.

La nostra testa è spesso piena di “se”, di “ma” autoimposti.

C’è di mezzo una vita intera: sei veramente disposto a barattarla con i tuoi ma?

QUELLO CHE STAI FACENDO E’ CIO’ PER CUI SEI NATO? SCOPRILO COSI’

Il nostro cervello rappresenta le informazioni sotto forma di immagini.

E’ facile verificarlo : prova a pensare ad un caffè (e guarda cosa è successo, si è formata subito nella tua testa l’immagine di una tazza o di un chicco di caffè vero?).

UNA PARTICOLARITA’: LE IMMAGINI SONO DIFFERENTI A SECONDA DEL TUO GRADO DI CONVINZIONE

In Pnl le chiamano submodalità.

Una delle particolarità delle submodalità è che secondo il nostro grado di certezza/incertezza rappresentano le immagini in modo diverso.

Riprendiamo l’esempio di prima, prova a pensare ad un caffè e nota queste cose:

– L’immagine è fissa o in movimento? (come fosse un film)
– E’ a colori o in bianco e nero?
– Senti dei suoni o è muta?
– C’è l’oggetto in primo piano e il resto sfocato oppure vedi un’immagine a fuoco nella sua completezza?

Queste sono alcune piccole cose che potresti notare. Segnale perchè, visto che sei convinto che esista il caffè, sono le tue submodalità della certezza.

SEGUI L’INDIZIO E SCOPRI SE E’ CIO’ PER CUI SEI NATO

A questo punto dovresti aver compreso che, nel caso dovessi immaginare qualcosa di cui non sei sicuro o convinto, il tuo cervello lo immaginerebbe in modo diverso.

Ad esempio:

– Se prima l’immagine era fissa ora potrebbe essere in movimento
– Se prima era a colori ora potrebbe essere in bianco e nero.
ecc. ecc. ecc.

FAI QUESTO ESERCIZIO:

Ora che hai individuato le tue submodalità della certezza (se non fossi sicuro potresti provare ancora con qualcosa del quale sei certo, ad esempio la tua macchina, casa ecc) prova ad immaginare quello che stai facendo.

DOMANDA: Come lo rappresenta il tuo cervello?

Se le submodalità corrispondono alla certezza allora stai facendo ciò per cui sei nato.

Se invece le submodalità sono diverse…

“Sei veramente disposto a barattare la tua intera vita
con dei ma e dei se?”

In questo caso ci sono molti modi per scoprire il tuo compito (li trovi qui). La cosa importante iniziale era questa, scoprire la tua verità.

Perchè la verità non puoi nasconderla per tutta la vita.

C’è un modo diverso di vedere le cose.
Scopri la Tua Mission
Scopri la Tua Mission

Hai un compito nella vita, un compito preciso, e… NON l’hai neanche cominciato

Dentro ciascuno di noi ci sono talenti straordinari. Tu che cosa ne stai facendo dei tuoi?

“Scopri la tua Mission”

Gli esercizi per imparare a scrivere il vero copione della tua vita.

A che punto del tuo viaggio ti trovi, non lo so.

Ma posso dirti come mi sentivo io prima… 
Come una barca in mezzo all’oceano, senza strumentazione di bordo.

Soffocato da 1000 voci e NON sapere qual era la mia.

Prima di cosa ti chiederai?
Prima di imboccare quella che Wayne Dyer chiama l’ “inversione ad U”. Prima di scoprire la mia Missione personale.

Quella che ORA mi butta giù dal letto la mattina. Quella che ORA mi fa piangere di gioia la sera. La voce che NON puoi ignorare per sempre.

Come ti dicevo, a che punto del tuo viaggio ti trovi, non lo so.

Ma so che nei prossimi 50 minuti scoprirai una storia meravigliosa: la tua.

 

“Scopri la tua Mission”

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L’amore secondo Payeur

Esistono dei principi inerenti l’esperienza dell’amore e la sua modalità d’espressione, senza i quali l’amore non può essere vissuto. Questi principi sono tre.
1) Il primo è il rispetto. Perché la sessualità possa diventare un mezzo di perfezionamento della coppia bisogna che tra i partner ci sia un profondo rispetto. Ma non è così facile sviluppare il rispetto in noi. Il rispetto implica, infatti, di essere capaci d’accettare l’altro nella sua differenza.

Colui che non rispetta l’altro è, in realtà, una persona che non si conosce. Questo essere, profondamente insicuro, ha paura perché non ha ancora trovato la sua identità.

Amare se stessi significa essenzialmente conoscersi. Se per rispettare l’altro ci si modella a ciò che egli è, ci si crea una grave illusione: il complesso del camaleonte. La vittima di questo complesso dirà tra sé, più o meno inconsciamente: “Mi sto modellando a ciò che lui è, sto dicendo cose che gli faranno piacere, etc.”. Si tratta di un errore con terribili conseguenze, poiché rispettare l’altro non significa mentirgli e neppure mentire a se stessi.

L’amore implica prima di tutto trasparenza. Coloro i quali contraggono il complesso del camaleonte vivono una profonda angoscia quando scoprono che non potranno essere amati per ciò che sono realmente.

Il primo principio dell’amore è dunque il rispetto, e questo rispetto è prima di tutto di se stessi.

2) Il secondo principio inerente l’amore è la fiducia. Si crede generalmente che avere fiducia in un altro significhi essere sicuri dell’altro; ma si rivela impossibile raggiungere questa certezza, poiché è già impossibile essere sicuri di se stessi. Questa incertezza risiede nel fatto che ogni essere umano dispone del libero arbitrio. Ogni essere umano ha la possibilità di trasformare il suo destino, così appare molto difficile stabilire una certezza in sé o nell’altro.

Per rimediare all’impossibilità di raggiungere questa sicurezza, esiste una predisposizione soprannaturale: la fiducia. La fiducia, seconda componente dell’amore, permette all’essere umano di agire come se possedesse questa sicurezza mentre in realtà non ce l’ha e non l’avrà mai. Egli agisce allora come se questa fiducia, ripetiamolo, non provenisse dalla personalità, ma da una forza divina che scende in coloro che amano.

3) Il terzo principio che riguarda l’esperienza amorosa, è l’impegno in un’opera comune. In una relazione basata su di un sentimento autentico l’essere umano vive un reale rapporto d’impegno. Questo impegno si manifesterà sotto varie forme. La prima non è altro che la responsabilità.

Nell’impegno che una relazione amorosa implica c’è lo sviluppo dell’unicità e questa è legata al senso di responsabilità, quell’aspetto dell’impegno che è il dono di sé. L’altro acquista valore perché diventa una parte di noi stessi.

Un’altra forma sotto la quale si manifesta l’impegno è la fedeltà. La nozione di fedeltà è un aspetto concreto della vita coniugale. L’espressione classica “impegnarsi nel bene e nel male” rende bene l’idea di ciò che essa implica.

Amare non è un’esperienza naturale, ma qualcosa di trascendente che supera di molto i limiti del nostro ego.

[Le più belle parole che si possano dire alla persona amata sono: “Tu mi deludi, ma resto ugualmente con te”.]

Charles-Rafaël Payeur

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In quest’opera Payeur si inoltra nel sublime mondo dell’Amore e svela i principi della tradizione esoterica occidentale, rivelando i misteri dell’ermetismo cristiano.

Scopriamo così le tre forme di espressione dell’Amore: l’Amore per sé stessi, quello per gli altri (la dimensione orizzontale) e il rapporto con il divino (la dimensione verticale) e come queste siano l’una conseguenza dell’altra. Grande rilievo Payeur dà anche al ruolo rivestito dalla sessualità all’interno del rapporto di coppia.

Infine sono illuminanti le pagine nelle quali Payeur parla dell’omosessualità – definitivamente liberata da ogni connotazione patologica – e indaga sulle cause più profonde del diffondersi dell’AIDS nella nostra società.

Il cavaliere dalla lucente armatura

Nell’intimo di ogni uomo c’è un eroe o un cavaliere dalla lucente armatura. Più di ogni altra cosa, lui vuole servire e proteggere la donna che ama. Quando sente di godere della sua fiducia, è in grado di portare in superficie la parte più nobile di sé. Diventa più sollecito e più interessato a lei. La sfiducia, d’altro canto, ottunde la sua vitalità e la sua energia ed è inevitabile che, dopo un certo periodo di tempo, l’uomo smetta di provare interesse.

Immaginiamo un cavaliere che erra per il paese con una lucente armatura. Improvvisamente sente una donna che piange. Il cavaliere ha un sobbalzo, sprona il cavallo e al galoppo raggiunge il castello dove la donna è prigioniera di un drago. Il nobile cavaliere sguaina la spada e uccide il drago. Riconoscente, la principessa lo accoglie con tutti gli onori.
I cancelli si aprono e il cavaliere viene festeggiato dalla famiglia della principessa e dagli abitanti della città, invitato a restare presso di loro e acclamato eroe. Lui e la principessa si innamorano.
Un mese più tardi il nobile cavaliere parte per un altro viaggio. Sulla via del ritorno sente la sua amata principessa gridare aiuto. Un altro drago ha attaccato il castello.
Il cavaliere sguaina la spada per uccidere il mostro.
Ma ecco che la principessa gli grida dalla torre: “Non usare la spada, usa questo laccio. Sarà più efficace.” Gli getta il laccio e gli mostra come utilizzarlo. Esitante, lui ubbidisce. Lo avvolge intorno al collo del drago e tira con forza. Il mostro muore tra il sollievo generale.
Durante i festeggiamenti, il cavaliere è oppresso dalla sgradevole sensazione di non avere fatto nulla per meritare gli onori che gli vengono tributati. Il fatto di avere usato il laccio e non la sua spada lo induce a pensare di non essere degno della fiducia e dell’ammirazione dei cittadini.
Si sente un po’ depresso e dimentica di lucidare l’armatura.

Un mese dopo parte per un altro viaggio. È armato della sua spada, ma la principessa lo trattiene e, ammonendolo a guardarsi dal pericolo, gli ingiunge di prendere anche il laccio. Di ritorno a casa, il cavaliere vede un altro drago che insidia il castello. Ancora una volta si precipita verso di lui con la spada, ma poi esita, pensando che forse dovrebbe usare il laccio. La breve incertezza gli è fatale, perché il drago, eruttando fiamme, gli brucia il braccio destro. Nella confusione lui alza la testa e vede la principessa che gli fa cenno da una finestra.
“Il veleno,” grida lei. “Il laccio non funziona.”
Gli getta il veleno che lui versa nella gola del drago, uccidendolo. Tutti lo acclamano e festeggiano la liberazione, ma il cavaliere prova vergogna.

Un mese dopo si prepara a partire per un altro viaggio.
E sul punto di uscire quando la principessa gli ricorda di stare attento e di portare con sé il laccio e il veleno. Seppure infastidito dai suoi suggerimenti, lui decide di assecondarla.
Il cavaliere è in viaggio quando sente le grida di aiuto di un’altra donna. Mentre si precipita in suo soccorso non è più depresso e si sente di nuovo vivo e sicuro di sé. Ma quando sguaina la spada per uccidere il drago, lo coglie nuovamente l’esitazione. Devo usare la spada, si chiede, il laccio o il veleno? Che cosa direbbe la principessa?
Per un momento resta sconcertato, ma poi ricorda le sensazioni provate durante il suo primo incontro con la principessa, quando era armato solo della sua spada. Con rinnovata sicurezza, getta via laccio e veleno e carica il drago con la sua fidata lama. Lo uccide e la popolazione lo porta in trionfo.
Il cavaliere dalla lucente armatura non tornò mai più dalla sua principessa. Rimase nel nuovo villaggio dove visse per sempre felice. Alla fine si sposò, ma solo dopo essersi accertato che la sua nuova compagna non sapesse nulla di lacci e veleni.
Ricordare che nell’animo di ogni uomo si nasconde un cavaliere dalla lucente armatura vi aiuterà a non trascurare i suoi bisogni primari. Sebbene un uomo apprezzi a volte la sollecitudine e l’aiuto, dosi troppo massicce minano la sua sicurezza e lo allontanano da voi.

Tratto da: Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere

Il libro sui rapporti di coppia più venduto nel mondo

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“Tanto tempo fa, i marziani e le venusiane si incontrarono, si innamorarono e vissero felici insieme perchd si rispettavano e accettavano le loro differenze. Poi arrivarono sulla Terra e furono colti da amnesia: si dimenticarono di provenire da pianeti diversi.”

Da anni Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere è un bestseller mondiale, costantemente presente nelle classifiche di vendita di numerosi Paesi.
Il libro di John Gray – che intanto ha raggiunto fama planetaria diventando un vero e proprio “guru della coppia” – si basa su un pensiero tanto semplice quanto efficace: gli uomini e le donne hanno due diversi modi di pensare, di parlare, di amare.

I comportamenti di uomini e donne assumono quindi spesso significati diametralmente opposti. Per esempio, tanto l’uomo in determinati momenti della sua giornata ha bisogno di “ritirarsi nella sua caverna”, in solitudine, quanto la donna, alle prese con le stesse problematiche del partner, sente di dover condividere i propri sentimenti con gli altri. Il dialogo, contrariamente a quanto si possa pensare, non è però impossibile, anzi: dal momento che si imparano a riconoscere e apprezzare le differenze tra i due sessi, tutto diventa più facile, le incomprensioni svaniscono e i rapporti si rafforzano. E, cosa più importante, possiamo imparare ad amare e a sostenere nel modo migliore le persone che sentiamo vicine.

Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere è un libro illuminante e divertente, che fornisce un punto di vista originale sulla vita di coppia, aiutando realmente i lettori a fare chiarezza nel meraviglioso caos dell’amore.

A tu per tu con la paura

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“Paura significa una cosa soltanto, abbandonare il conosciuto ed entrare nello sconosciuto. Il coraggio è l’esatto opposto della paura”.

Con questa frase riportata da Osho, l’autore introduce il suo testo, e la condizione alla base di tutto il lavoro da intraprendere: conoscere. La maggior parte delle persone infatti, soprattutto del mondo occidentale, hanno, per i più svariati motivi, uno stile di vita basato sul consumo, sulla velocità, sul negare a se stessi la possibilità di avere paura.

Il bambino interiore che è dentro ognuno di noi, si trova ad affrontare un mondo in cui c’è spazio soltanto se si è bravi, o se ci si fa sentire urlando, o ancora in altri modi che ci permettano di destare le attenzioni degli altri. Ma ciò che scaturisce da tutto questo, è un fortissimo bisogno di compensare un amore che arriva soltanto a condizione; “ti amo, se”. Dalla ricerca di soddisfare sempre queste condizioni per ricevere amore, o meglio, un surrogato di amore, cresciamo con la paura di non poter ricevere abbastanza amore, o di perdere quello che riceviamo.

Il nostro bambino interiore, anche quando diventiamo adulti, è quindi un bambino costantemente in panico. L’attenta osservazione delle relazioni che viviamo, ci permette di prendere consapevolezza della nostra vulnerabilità, di questo bambino interiore spaventato, di quali siano le sue paure e di come  cerchi di compensarle e non sentirle, attraverso relazioni che creano dipendenza; sia la dipendenza che l’anti-dipendenza infatti, sono due facce della stessa medaglia, il cui punto di base è comunque il non sapersi prendere cura di noi stessi, della nostra vulnerabilità, ma supplire a questa mancanza di amore verso se stessi attraverso relazioni di dipendenza con gli altri.

Per liberarsi dalla co-dipendenza, Krishnananda traccia un percorso che nasce dalla conoscenza della propria vulnerabilità, delle proprie ferite.

Andare a conoscere da vicino la paura, diventa allora non un modo per stare ancora più male, ma al contrario il primo passo per “guarire” quella mancanza di amore che ci accompagna; stare a contatto con la paura è il primo passo per non esserne più dominati, come invece ci succede in quasi tutti gli aspetti della vita.

Conoscendo la vergogna e lo shock che sono i due elementi fondamentali della paura, possiamo imparare a vivere la vita in maniera più piena, totale, “giocando sempre sul filo delle nostre paure, correndo il rischio di avere l’insicurezza e l’incertezza come compagne, e andare sempre più in profondità nella meditazione, come una medicina per tutto ciò che ci affanna”.

Il rischio e la meditazione sono i due strumenti principali che l’autore individua ed utilizza, sia personalmente, per confrontarsi con le sue paure, sia nel lavoro di conduttore di gruppi, perché permettono di creare quello spazio interiore necessario a guardarsi dentro, senza giudizio, in ascolto e a contatto con le ferite che ci sono, e che, se accolte e riconosciute, permettono di dischiudere realmente il cuore all’amore, a quello vero, anziché ai surrogati di amore.

Quando andiamo in profondità dentro di noi, ad affrontare la paura ed il dolore, finalmente ritroviamo noi stessi, ed è a questo punto che possiamo ricostruire la nostra fiducia nella vita e lasciarci andare all’amore; osservare, sentire, lasciare che accada.

A tu per tu con la paura è un libro che, per chi è pronto all’ascolto, diventa un compagno di viaggio, in cui poter ritrovare l’esperienza di un’altra persona che ha già percorso questa strada, e che comunque la percorre di nuovo insieme a noi, perché non si finisce mai di conoscere la propria vulnerabilità.

Gli esercizi che vi sono raccolti aiutano a prendere contatto gradualmente con le nostre ferite, rispettando la paura che vi è alla base, accogliendo quel disperato bisogno di amore che ha mosso il nostro bambino interiore fino a dove siamo oggi.

In particolare, questo testo si concentra su un metodo di esplorazione interiore, sviluppato dall’autore stesso, che, attraverso le relazioni, permette di intraprendere il viaggio che dalla co-dipendenza porta alla vera libertà.

Un percorso d’amore attraverso le relazioni dalla co-dipendenza alla libertà

Prezzo € 8,50
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