Ottenere la fiducia degli altri

Qualsiasi stupido può criticare, condannare e lamentarsi, e quasi tutti gli stupidi lo fanno.

Ci vuole invece carattere ed auto-controllo per ascoltare, comprendere e perdonare.

 

Tratto da: Come Trattare gli Altri e Farseli Amici nell’Era Digitale

Come Trattare gli Altri e Farseli Amici nell'Era Digitale

Un best seller capace di vendere oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo: oggi la realtà è molto cambiata, le relazioni personali corrono alla velocità della rete e ogni giorno entriamo potenzialmente in contatto con migliaia di persone.

Ma gli insegnamenti di Dale Carnegie continuano a essere attuali: i mezzi sono cambiati — comunichiamo con Facebook, Twitter, e-mail ed sms più che di persona — la chiave del successo rimane la capacità di ottenere la fiducia degli altri.

In un’era dominata dalla promozione di se stessi, concentrarsi sui bisogni altrui può fare la differenza, e questo libro svela i segreti dei professionisti nella comunicazione on line.

Con piccoli e semplici accorgimenti, ognuno di noi può imparare a lasciare una migliore impressione di sé, trasformando un’e-mail in un dialogo prolifico, scegliendo con cura gli argomenti per un post o sorprendendo l’interlocutore con un messaggio appropriato. Se è vero che l’era digitale ha trasformato la comunicazione in business, la sfida per la leadership si consuma oggi più che mai sul terreno dei rapporti personali. E quale successo non inizia con una relazione?

Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere

Molti continuano ad illudersi che la causa della loro misera vita siano gli altri: il loro capo, il loro vicino di casa, la moglie, il collega di ufficio, la società, e continuano a lamentarsi senza cercare di cambiare, ma soprattutto senza comprendere che sono loro i veri artefici di tutto questo.

Altri fuggono, scappano in altri luoghi della Terra pensando di trovare là il loro paradiso, ma ancora una volta si sbagliano perché l’inferno che vivono è dentro di loro e se lo porteranno dietro come un bagaglio pesante ovunque andranno se non cambiano il loro modo di essere.

Quando colpevolizzi e giudichi qualcuno per quello che sta facendo prova solo a considerare che ti sta facendo qualcosa di spiacevole e nulla di più. Staccati da lui e renditi conto che tutte le emozioni e i pensieri che stanno emergendo in te non hanno niente a che fare con l’altra persona. Sono dentro di te e sono solamente tuoi. L’altra persona è solamente uno strumento che tu hai utilizzato per farli emergere e renderti conto che sono presenti in te e limitano il tuo essere. Se tu non avessi determinati pensieri quella persona non sarebbe mai apparsa nella tua vita a farti ciò che ti ha fatto, o comunque non ci sarebbero stati scontri o attriti di alcun genere. Non accade mai niente per caso nella vita. Sei sempre tu a decidere, anche se inconsapevolmente, ogni aspetto della tua esistenza ed anche, ammesso che esista qualcosa di neutro, ad interpretarlo come positivo piuttosto che negativo. Puoi iniziare a smettere di colpevolizzare gli altri per quello che ti succede, magari vedendoti dentro un teatrino di marionette dove tu sei il protagonista e gli altri marionette che ti aiutano a realizzare lo spettacolo che tu hai creato. Non te la prenderesti veramente con un’altra marionetta che anche se interpreta un ruolo cattivo ti sta aiutando a fare il tuo spettacolo?

Poi, devi andare a fondo in te stesso e fare emergere le emozioni ed i pensieri nascosti che hanno dato luogo al manifestarsi di quell’evento e quando li avrai dissolti con le tecniche che ti avevo dato tempo fa vedrai che cambierai ed anche l’altra persona farà lo stesso nei tuoi confronti, probabilmente senza nemmeno rendersene conto. Devi affrontare le paure che ti ostini a rifiutare. Continui ad opporti alle situazioni, a resistergli, ma più fai questo più esse si ripresentano in modo sempre più vivido e forte. Solo affrontandole capirai il più ampio significato di ciò che ti succede ed il messaggio, l’insegnamento che ti sta offrendo.”

“Mi sembra magia.”

“E lo è. Tutto il mondo è una magia. La tua magia!”

Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere
I valori della vita in un romanzo pieno di saggezza, sentimento e fantasia

Da non perdere

Ogni giorno in tutto il mondo, milioni di persone rincorrono affannosamente una vita migliore di quella che conducono.

Ma ahimé, questo obiettivo continua immancabilmente a sfuggir loro di mano.

Arrabbiati affermano che è colpa della sfortuna
che si accanisce contro di loro,
degli altri che sono disonesti,
della società che non è più a misura d’uomo,
della poca disponibilità di denaro,
della… della… della…

Ma sono davvero queste le ragioni? si chiede Denyie Vallet,
la protagonista del primo attesissimo romanzo di Omar Falworth.

Venite con me nelle pagine di questo libro
e scoprirete come sono riuscita (e come potrete riuscire anche voi)
a…. vivere, vivere, meravigliosamente vivere.

Dall’autore di bestseller quali Conoscersi, accettarsi, migliorarsi
L’Arte di amare e farsi amare, un’incredibile storia ricca di saggezza,
sentimento e fantasia, per scoprire le ragioni per cui vale
davvero la pena di vivere la vita. E che sia meravigliosa.

Uscire dalla propria infelicità

La felicità può diventare quasi insopportabile se non si trova il modo di consumare l’eccesso di energia che l’accompagna. Per questo – come spiega Igor Sibaldi in questa intervista – lamentarsi e restare attaccati alle situazioni che creano infelicità è una modalità così diffusa: perché è un modo per consumare la propria vitalità eccedente.

– Come uscire dalle situazioni che ci rendono infelici?

Una persona normale in genere non ha nessuna intenzione di uscire dalla propria infelicità, sarebbe un pessimo affare: non avrebbe più niente di cui parlare. Se hai il mal di schiena o qualcosa ti è andato storto, allora c’è molto di cui parlare, e gli altri stanno anche a sentirti perché, visto che ti lamenti, sono quasi rassicurati di stare meglio di te.

In realtà nessuno è convinto di esistere davvero: in una società normale e civile tutti quanti sanno di essere più o meno uno strumento, un ingranaggio di un meccanismo, allora quando ci si può fermare e dire “ahi, mi fa male qui”, “come sono infelice” o “tizio mi ha lasciato…” il nostro io acquista valore, importanza.

Spesso, dal medico non si va per farsi guarire – sarebbe un grosso dispetto se il medico lo facesse – ma per farsi curare. Si resta lì il più a lungo possibile e si è disposti anche a pagare tantissimo purché il medico ci stia a sentire mentre diciamo “io”. Ad esempio, durante le mie consultazioni (Ndr – di angelologia) capita regolarmente che una persona su dieci si lamenti perché non è privata ma pubblica, infatti di fronte agli altri non c’è spazio per certe cose… ed è esattamente quello lo scopo. Dal medico puoi dire “io… io… io…” e “occupati di me” invece il tipo di indicazione che penso sia giusto dare è “occupati di te stesso” – non “io mi devo occupare di te”. Solo che quando una persona comincia a occuparsi di sé la sua capacità di conversazione crolla improvvisamente…

Immaginiamo, ad esempio, che la nostra spesa energetica sia indicata da un contatore come quello del gas. Il contatore di una persona che si lamenta va rapidissimo, nel senso che la spesa energetica di una persona che sta spiegando quanto soffre è gigantesca, è come se scaricasse un tir, come se andasse in palestra, dopodiché è contenta… La quota di energia di cui una persona dispone quotidianamente in genere è molto alta, e nella civiltà moderna dove si mangia tre volte al giorno, ci si sposta sempre in auto ecc., si hanno ben poche occasioni per consumare questa riserva allora, dato che non si sa cosa farne, ci si scarica lamentandosi e raccontando i propri problemi. In questo modo la sera si è stanchi e si può dormire, sennò subentra l’insonnia…

Diversamente, se un individuo usa l’unico modo esistente e immediatamente valido di essere felici cioè il non notare, il non dare assolutamente peso alle cose negative che vede intorno, e bensì vedere solamente le cose che vale la pena di vedere e che piacciono – il che è difficilissimo da fare – allora comincia a stare meravigliosamente bene. Al punto che, poi, subentra la paura… perché il problema è che quando si comincia a stare bene, la propria quantità di energia aumenta a dismisura; un individuo del genere rischia di diventare uno squilibrato, perché non sa assolutamente cosa farne e qualsiasi lavoro diventa inadatto.

In questa nostra civiltà svolgiamo lavori che richiedono pochissima energia rispetto a quella di cui si dispone, e quindi tutta questa energia che avanza va impiegata in qualche modo. Anche perché questa energia inutilizzata a un certo punto si trasforma in malattia – di quelle che consumano l’eccesso di energia, come quella richiesta per mettere in moto un raffreddore, produrre tutto quel muco, l’infiammazione ecc…

Come dicevo, per uscire veramente dall’infelicità l’atteggiamento è quello di andare in giro per la città ed evitare di notare o di soffermarsi su qualunque cosa che non sia gradita, e invece imporsi di notare solamente quello che piace. Una persona può essere brutta, antipatica, grassa, cattiva, violenta… ma puoi notare che le sue scarpe sono molto belle (“hai visto che belle scarpe che ha?”) e non spendi energia in questo, poi vai a comprarle subito mentre ci avresti impiegato un pomeriggio per trovare le scarpe che ti piacevano…

– Come la mettiamo con l’eccesso di energia? Come può una persona che ha questo atteggiamento, impiegare la propria energia evitando di attaccarsi all’infelicità e alla malattia?

Per impiegare l’energia ci sono due canali essenziali: la creatività e la sessualità.

– Allora c’è qualcos’altro rispetto all’ammalarsi e al lamentarsi…

Dare spazio alla creatività porta a sperimentare situazioni diverse, così come la sessualità può diventare molto attiva, però l’energia alla base è davvero eccedente e a volte non basta essere creativi e avere una vita sessuale regolare. Occorre trovare qualcosa di veramente significativo, una via come quella di un fisico nucleare, di un santo, di un poeta… ma c’è chi ha letto solo quattro libri in vita sua, e cosa può fare costui? Non gli rimane che trovare qualcosa di cui lamentarsi… lamentarsi del vicino di casa, del capo sul lavoro, di quell’altro problema e altro ancora, di modo che possa sentirsi stanco, avere sonno e tirarsi sù con un bel caffè.

Imperfetti e Felici
Come imparare a essere se stessi e a trovare il proprio posto in mezzo agli altri

Essere se stessi, finalmente. Non preoccuparsi dell’impressione che facciamo sugli altri. Agire senza temere la sconfitta, il giudizio altrui. Non tremare più di fronte alla possibilità di un rifiuto. E trovare serenamente posto in mezzo agli altri… Mai come in questo libro, Christophe André si rivolge al lettore come a un amico, condividendo le sue esperienze di medico e di uomo.

Essere consapevoli del senso di inadeguatezza di fronte alle sfide della vita che prima o poi coglie tutti noi è il punto di partenza fondamentale dal quale sviluppare una sana autostima.

E, passo dopo passo, André spiega come liberarsi da tale senso di inadeguatezza e come costruire una sicurezza che non prenda a esempio modelli irraggiungibili, ma che sia commisurata a noi, alle nostre capacità, alle nostre qualità e ai nostri difetti.

Non per cedere alla rassegnazione, ma per migliorare la nostra vita, per accettarci come siamo: imperfetti.

E per aspirare a quel che legittimamente vorremmo essere: felici. Imperfetti e felici.

L’ascolto compassionevole

L’ASCOLTO COMPASSIONEVOLE DA’ SOLLIEVO ALLA SOFFERENZA

Se una persona si esprime con rabbia è perché sta soffrendo profondamente: la sofferenza la riempie di amarezza, dunque è sempre pronta a lamentarsi e a biasimare gli altri per i suoi problemi. Per questa ragione trovi molto sgradevole starla ad ascoltare e fai di tutto per evitarla.

Per comprendere e trasformare la rabbia dobbiamo imparare la pratica dell’ascolto compassionevole e imparare ad esprimerci con parole amorevoli.

Ascoltare con compassione può aiutare a soffrire di meno.  Con le migliori intenzioni, infatti, non riuscirai ad ascoltare l’altro in profondità se non alleni te stesso nell’arte dell’ascolto compassionevole; se invece sei capace di stare seduto tranquillo e di ascoltare quella persona per  un’ora con vera compassione, puoi alleviare molta della sua sofferenza.
Ascolta con un solo scopo: permettere all’altro di esprimere se stesso e di trovare sollievo dalla sua sofferenza. Mantieni viva la compassione per tutto il tempo dell’ascolto.

Mentre ascolti devi essere molto concentrato, devi focalizzarti sulla pratica dell’ascolto con tutta l’attenzione, con tutto te stesso: occhi, orecchie, corpo e mente. Se fai finta di ascoltare, se non ascolti con il cento per cento di te stesso, l’altro se ne accorge e non si sente affatto sollevato dalla sua sofferenza. Se invece sai praticare il respiro consapevole e sai rimanere concentrato sul desiderio di aiutare l’altro a trovare sollievo, allora ascoltandolo riesci a mantenere viva al tua compassione.

L’ascolto compassionevole è una pratica molto profonda. Stai ad ascoltare senza giudicare né biasimare; stai ad ascoltare solo perché desideri che l’altra persona soffra di meno.
L’altro potrebbe essere nostro padre, nostro figlio, nostra figlia, il nostro partner. Imparare ad ascoltare l’altro può aiutarlo realmente a trasformare la sua rabbia e la sua sofferenza.

Thich Nath Hanh – “Spegni il fuoco della rabbia

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La felicità

felicita

L’impegno etico più importante è essere felici nell’adesso, attimo per attimo, contenti di ciò che c’è, così come è.
Un infelice è fondamentalmente una persona preda del suo Ego. Come tale non ama nessuno, ma si nutre di disprezzo, a partire dal disprezzo per sé.
Ama il prossimo tuo come te stesso diventa possibile solo se si è felici dentro, cioè se si è liberi dal dominio dell’Ego.
La felicità, a differenza di come si pensa comunemente, non è frutto delle circostanze della vita, più o meno favorevoli. Essa piuttosto nasce naturalmente dalla pratica quotidiana delle qualità dell’essere, come l’apprezzamento, la gratitudine, la generosità, l’integrità, la compassione.
Chi è felice emana onde positive che fanno bene a tutte le persone intorno. E, data la natura dell’inter-essere, far bene agli altri è far bene a se stessi.
A sua volta, l’infelicità origina dalla pratica degli inquinanti mentali, come la rabbia, il risentimento, l’ingratitudine, il disprezzo, l’invidia, il sospetto, la repressione. Gli inquinanti sono i mezzi che l’Ego utilizza per aumentare il suo potere sulla persona. Naturalmente per perseguire questa strategia, deve renderla del tutto inconsapevole: la persona non deve avere neppure il sospetto che sta impegnandosi con tutta se stessa a perseguire il suo male. Al contrario, deve credere che sta facendo le mosse giuste per “difendersi”, “proteggersi”, “perseguire i propri interessi”. Ecco perché la caratteristica fondamentale dell’Ego è la distorsione della realtà, o, in parole povere, la sistematica menzogna. La menzogna è necessaria per mantenere la persona nell’ignoranza. Ma l’Ego individuale non può far tutto da solo. Non ne sarebbe in grado. L’Ego individuale si costruisce attraverso l’interiorizzazione dell’Ego collettivo. Ecco perché è così importante, per sciogliere le proprie nevrosi, cominciare a diventare consapevoli delle sue determinanti culturali e collettive.

Dal punto di vista fisico, l’infelicità è un treno di onde negative, che produce malessere o malattia. E’ una musica stonata, che fa male all’orecchio e al cuore. Come treno di onde, l’infelicità si propaga nell’ambiente circostante, contaminando le persone intorno, a meno che non abbiano sviluppato sufficiente consapevolezza per sottrarsi al fenomeno della risonanza. La presenza di un infelice può rendere un gruppo depresso. Tutti si sentono meno bene, e per sottrarsi a questo dispiacere, facilmente compiono delle mosse controproducenti.

Chi è felice costituisce un esempio che è desiderabile seguire.
Naturalmente ci può essere chi vede nella felicità altrui una minaccia: una minaccia al proprio potere di imporre il suo cattivo umore e attraverso quello condizionare parenti, amici, conoscenti. In altre parole, i leader radicati nelle qualità dell’essere sono mal visti dai leader egoici negativi.

I genitori felici hanno molto più potere nell’educare i figli. Chi è felice significa che dà valore alla felicità. Genitori felici danno valore a ciò che può favorire felicità nei figli: affetto, presenza, empatia, amore. Non hanno quindi bisogno di compensarli per le loro carenze, di viziarli, di cedere ai ricatti. Inoltre, i figli vedono nei genitori dei modelli di come essi stessi potranno diventare nel futuro seguendo il loro esempio. Se i genitori sono tristi e di cattivo umore, i figli non avranno voglia di seguirli. Se cercheranno di insegnare loro qualcosa, mancheranno di leadership. I figli si opporranno: non voglio diventare come te!

Le parti interne meno evolute, le subpersonalità, si comportano come i figli: non hanno alcuna intenzione di seguire le direttive di un io-governo infelice! Rifiuteranno la sua leadership. Si opporranno e continueranno a fare di testa loro. Ma essendo molto piccole come età mentale, il loro contributo sarà scarsamente apprezzabile, se non addirittura dannoso o devastante. Tutte cose che alimenteranno l’infelicità del povero io-governo, sempre meno capace di governare e sempre più pronto a lamentarsi e subire.

Nella nostra filosofia, la felicità è spesso stata confusa con il piacere, senza guardare alle conseguenze che i diversi tipi di piacere recano con se.
Alcuni piaceri sono in realtà pieni di veleno, e oscurano la possibilità di essere felici.
Se una ferita mi prude, grattarmi offre un piacere momentaneo. Ma se continuo a grattarmi, che cosa accadrà? Se mi sento giù, cerco sollievo nell’alcol o nel cibo. Ma alla lunga, questa scelta dove mi porta?

Nella visione buddista, felicità significa gioia dell’essere, senza cause, senza condizioni. Sukha, ananda, non dipendono da prestazioni, aspetto esteriore, successo, salute, anche se possono esserne influenzate.

Dal nostro punto di vista, il cattivo umore è una forma, tra le più subdole, di racket, cioè di mafia psicologica, attraverso la quale una persona ruba l’energia ad un’altra, senza per questo diventare contenta.
In altri termini, è un equivalente aggressivo, una forma passivo-aggressiva: fa del male occultando la sua natura distruttiva. Dato che è una forma molto diffusa, è facile per chi la pratica sottrarsi al feedback e al confronto. In questo modo può continuare su questa strada per anni, senza averne la minima consapevolezza, e spargendo intorno a se molti semi di infelicità.
L’Ego, che si nutre di infelicità, trova in questa forma un modo semplice ed efficace per aumentare il suo potere sulla persona, sulla coppia, sulla famiglia, sul gruppo dove può esercitarla.

Le persone intorno, specie quelle predisposte a soffrire di sensi di colpa, quelle che ritengono che la felicità degli altri dipenda dal loro comportamento, cadono così in un tranello molto rischioso: per sottrarsi al peso del cattivo umore di un compagno o di un amico, cominciano a indagare sui suoi bisogni insoddisfatti, ottenendo in risposta una sequenza di lamentele: mi manca questo, avrei bisogno di quello, c’è questa cosa terribile che non riesco ad eliminare ecc. A questo punto loro si sentono in dovere di lenire il dolore dell’altro, cominciando ad agire in sua vece o facendo promesse che spesso richiederanno un impegno assai superiore alle previsioni, visto la passività della persona sofferente.
Ogni promessa diventa debito. Ed ecco che la relazione con l’altro lamentoso o di cattivo umore diventa una sorta di lavoro che diventa sempre più pesante. Da relazione fraterna, di aiuto, diventa una relazione parassitaria, in cui uno dei due continua a dare, e l’altro a ricevere e disperdere nel vento. Prima c’era una persona infelice, ora ce ne sono due. L’Ego di entrambi può festeggiare.

Aiutare l’altro non significa mai fare le cose al suo posto, addossarsi i suoi carichi, assumersi i suoi impegni e responsabilità. Questo non fa che indebolire l’altro, rendendolo sempre più succube e alimentando la sua rabbia e rancore. Cioè proprio quegli inquinanti che gli impediscono di vedere la realtà così come è, nelle sue infinite possibilità.
L’aiuto è tale solo se accompagnato dall’insieme delle qualità dell’essere. L’amore, in primo luogo. E amare una persona significa favorire la sua evoluzione, la sua crescita psicologica e spirituale. Favorire cioè lo sviluppo delle sue risorse e di un governo interiore ispirato dai messaggi dell’anima, anziché dalla propaganda dell’Ego. Qui sta la differenza tra pietà e compassione. La pietà vede nell’altro solo i suoi problemi. La compassione, oltre ai problemi, vede la sua forza e le sue risorse. Vede nei problemi solo dei sintomi del modo distorto di osservare il mondo. La pietà fa sì che ci si sostituisca all’altro: tu sei un poverino, io sono superiore, in condizioni assai migliori delle tue. La compassione vede nel dolore dell’altro un riflesso del proprio dolore: io, a livello profondo, sono come te, un fuscello che galleggia nel grande fiume della vita. Ho i miei limiti, come tu hai i tuoi. Ma so che c’è qualcosa di più grande che può aiutarci entrambi: la crescita della consapevolezza e l’apertura del cuore.
Quando il cuore è chiuso, gli occhi non vedono davvero la realtà, ma la inventano di sana pianta. La mappa che guida la nostra vita è quindi profondamente falsa e distorta. E’ una mappa paranoide, che vede ostacoli e nemici ovunque.
Aiutare una persona significa fondamentalmente questo: favorire l’apertura del suo cuore attraverso l’apertura del proprio nella presenza e nella consapevolezza.
Il primo passo da compiere in questa direzione è liberarsi dai sensi di colpa, inadeguatezza, indegnità. Tutti radicali nevrotici che dipendono dalla pratica del giudizio, del criticismo, delle doverizzazioni, attraverso i quali la cultura oppressiva ed egoica indebolisce i suoi appartenenti, rendendoli schiavi di false percezioni e di bisogni indotti, certamente incapaci di una rivoluzione che vada al centro dei problemi: smascherare la natura impersonale e perversa dell’Ego e del potere dominio.

Mauro Scardovelli

fonte:  http://www.aleph.ws

Il controllo di sé stessi è il segreto della felicità

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Se è vero che tutti cercano la felicità, l’autore insiste sul fatto che essa si esprime solo nel qui e ora, non è possibile essere felici domani o ripetere la felicità di ieri. Detto questo propone delle chiavi per nutrirla: la legge di causa e effetto, essere coscienti del proprio vivere, godere della vita in ogni momento.

Hai coraggio di stare bene?

Il coraggio di stare bene

stai-bene

Non so se anche tra i vostri amici, colleghi o parenti ce l’avete anche voi quello o quella che ha sempre pronto un malanno da raccontare, che ha sempre un motivo per lamentarsi di qualcosa, che a volte vi sembra faccia addirittura finta di avere il raffreddore.
Non si tratta di certo di malati immaginari, sia chiaro, ma di persone insicure alla ricerca di attenzioni.

Abbiate pazienza per questo intervento di psicologia da salotto, ma c’è un concetto che ci tengo a riportare qui, nel quale mi riconosco profondamente e che sento molto vero: ci vuole un gran coraggio a stare bene.
Se siamo circondati da malati e da persone che si piangono addosso, uno dei motivi è che lo stato (reale o dichiarato) di debolezza legato a problemi di salute mette al riparo da un carico eccessivo di responsabilità.

Stare bene, essere nel pieno delle forze, costruirsi un’esistenza positiva, ricca e forte, combattere coraggiosamente e con successo la malattia ci costringe ad assumerci tutte le nostre responsabilità. Non avremo la possibilità di dire “Io non sto bene, fallo tu questo lavoro”. Ogni compito, ogni impegno, saremo “costretti” a portarlo a termine senza scuse.
Questo non significa certamente doversi comportare come supereroi sempre disponibili a ogni incarico, sempre pronti soddisfare ogni richiesta… Ma vuol dire certamente essere più esposti alla possibilità di sbagliare e, agendo, di fallire.

Chi si ritira prima di cominciare, invece, dietro la scusa di un acciacco o di un malanno, avrà certamente meno fallimenti o sconfitte con cui fare i conti. Ma non credo che questa possa considerarsi una grande soddisfazione.

Queste considerazioni scaturiscono dall’osservazione della vita di tante persone che mi circondano, che hanno a disposizione tutti gli strumenti cognitivi, economici e organizzativi per potersi costruire una vita serena e sana ma che trovano mille scuse per non seguire consigli e prescrizioni… Sanno esattamente che cambiamenti potrebbero attuare per dare una svolta alla loro esistenza, ma non fanno nulla.

Il marito le coccola di più se stanno male, le figlie non si lamentano se non preparano il pranzo, le mogli non si indispettiscono se lui si addormenta rovinosamente sul divano…

Se stai bene, le aspettative delle persone che ti circondano sono più alte. E anche tu pretendi di più da te stesso.

A qualcuno questa cosa fa paura.
A me sembra il gusto stesso della vita.

Quindi non aver paura se correndo, mangiando bene, prendendo gli integratori, disintossicandoti, dedicandoti del tempo… non temere se ti senti più forte e più sicuro/sicura e quindi intorno a te tutti iniziano a fare affidamento sulla tua energia. Non fermarti. Vai avanti. Avrai forza da spendere in ogni direzione. E anche se ti sembrerà di fare fatica, avrai una certezza in grado di supportarti in ogni istante, perché tu stai bene, e puoi farcela.

fonte: http://supersalute.wordpress.com

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Sottrarsi al mortale business del farmaco è facile: basta vivere in modotale da non aver bisogno di cure…In questo libro un programma rivoluzionario che ti permetterà di sconfiggere le malattie e che darà al tuocorpo salute, energia e vitalità straordinarie.

Uno dei più noti motivatori internazionali opera una spettacolare incursione nel campo di quella particolare industria che fa della malattia l’oggetto del suo business. Ne svela, implacabilmente, i meccanismi, le complicità, l’aspetto criminale.

Dimostrando che non ha senso “farsi ammalare” questo libro va allaricerca delle informazioni più credibili e più serie per garantirci uno stiledi vita sano, aiutandoci così a sottrar-ci al controllo e a riprendere nellenostre mani l’aspetto più importantedella nostra vita: la salute.