Una principessa indipendente – Babette Cole

La principessa Strafurbetta non voleva
sposarsi neanche per idea.
La vita da signorina era uno spasso!

E’ proprio una vera e propria fiaba tutta stravolta, quella di Babette Cole. Perché qui la principessa non è bellissima e buonissima e non obbedisce sempre a tutto quello che le dicono i genitori.

Sua madre la regina un giorno le disse:

“smettila di cincischiare con quelle bestiacce e trovat un marito!”
E va bene, chi di voi riuscirà a superare le prove che io gli sottoporrò, otterrà, come suol dire, la mia mano.” annunciò allora la principessa Strafurbetta

I pretendenti, intanto, arrivavano in tantissimi al castello e cercavano in tutti i modi di farsi notare da lei.
Lei libera di fare quello che le pare e molto felice nella sua condizione di zitella, non ci pensa neanche a prendere marito. Per questo sottopone i pretendenti alle prove più difficili ed impossibili che un uomo in età da moglie abbia mai dovuto sopportare.

Il Principe Riccio Terriccio ad esempio deve far smettere alle lumachine di papparsi di tutto il giardino…
Il Principe Scappalesto deve invece dare solo da mangiare al suoi dolci cuccioli… 😀
Il Principe Vertigilato deve liberarla da un’alta torre di vetro (che aveva lucidato per renderla più scivolosa)
E il Principe mani di burro? Lui doveva riuscire a spaccare un po’ di legna per il fuoco dalla foresta reale!
E così via, sfide strambe e bizzare per ogni principe che si presentava, Principe Garretto che fu scaraventatao dal suo pony, Principe Stracchino schiacciato sotto pacchi e borse di infinito shoppig della regina e infine per il Principe Gran Pinnato la missione di ripescare l’anello magico finito in bocca ad un “piccolo pesciolino” 😀

Uno dopo l’altro, i potenziali pretendenti fallirono, e le colorate illustrazioni ci incoraggiano a indicare e ridere della loro disavventure!
Ai giovani principi sconfitti e sconsolati non resta che tornare a casa.

Ecco fatto, fine della storia!
Strafurbetta era sicura di averla scampata.

Tuttavia un giorno si presenta a sorpresa il Principe Bellimbusto. Con gran sorpresa riuscì a completare senza sforzo le varie sfide che gli altri principi non avevano superato, a questo punto a Strafurbetta non rimaneva che dare un bacio magico!
Fortunatamente per lei, il bacio lo trasformò….!

Eravamo già pronti verso il classico lieto fine dove i protagonisti sono uniti da amore eterno, ebbene no! L’autrice ci stupisce e conferma ancora una volta il suo anticonformismo che permette alla principessa di vivere sola e felice per sempre.

Una principessa indipendente di Babette Cole edito da Mondadori, precedentemente pubblicato nel 1993 da Edizioni EL con il titolo La principessa birichina non è un classico libro ma è una parodia delle classiche storie a lieto fine, dove finalmente la principessa prende in mano la sua vita e decide per l’autonomia. Sempre vivaci e divertenti i disegni dell’illustratrice Babette Cole, che è anche autrice del testo.

Babette Cole ha scritto molti libri per bambini che sembrano presentare bambini “ribelli”. Una Principessa indipendente non fa certo eccezione a differenza di molte ragazze non si preoccupa del titolo, della fama o della fortuna. Questa principessa non vuole essere una regina: le piacciono la sua motocicletta, i suoi amici animali e la sua indipendenza!
In questa rielaborazione femminista di un classico tema fiabesco, la principessa sfida i desideri dei suoi genitori, supera in astuzia i suoi corteggiatori e rimane una ragazza giovane e contenta.
La storia della principessa di Babette Cole ha tutto ciò che un adulto e un bambino apprezzerebbero volentieri: grande senso dell’umorismo e un bellissimo messaggio sull’essere te stesso e difendere ciò in cui credi sia giusto.
Babette Cole ha fatto un lavoro meraviglioso sia nella storia che nelle illustrazioni. Le illustrazioni sono esilaranti quanto esuberanti.

Babette Cole, autrice di bestseller internazionali per l’infanzia, era famosa a livello mondiale per i suoi libri illustrati divertenti e spiritosi, capaci di far ridere dei difetti di mamme sbadate, papà severi, sorelle vanitose e fratelli insopportabili.

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Sono una cattiva mamma

Sono una Cattiva Mamma
Una buona mamma serve sempre frutta fresca a colazione, adora giocare con i suoi bambini, compra loro vestiti deliziosi, non alza mai la voce. E la sera non è mai troppo stanca per fare sesso con il papà.

Sei una mamma in carriera? Di sicuro stai trascurando i tuoi doveri domestici. Se però rimani a casa, sei una presenza ingombrante e opprimente per i tuoi figli. Imponi loro regole e divieti severi? Cresceranno timidi e insicuri.

Ma se non sai dirgli di no, a tredici anni spacceranno nel parchetto dietro casa.

Insomma, qualsiasi scelta tu faccia, sei una cattiva mamma, destinata a fare i conti con il senso di inadeguatezza causato dal confronto con modelli inarrivabili: perché diciamolo, le supermamme, quelle che “I bimbi sono meravigliosi, la tata è un angelo e al lavoro mi danno molta fiducia” nella realtà non esistono.

Lo sa bene Ayelet Waldman, che, stanca dei sensi di colpa e delle ipocrisie, ha trovato il coraggio di chiedersi pubblicamente cosa vuol dire oggi essere madre, giungendo ad affermare sulle colonne del “New York Times” di amare il marito più dei propri figli.

La pattuglia Anti-Cattiva Madre si è mobilitata all’istante, gettando la scrittrice sulla graticola dei blog e dei giornali. “Sono una cattiva mamma” è la sua risposta provocatoria e spiazzante a tutte le accuse che le sono piovute addosso.

Un libro spassoso e sincero sulle difficoltà e le mille contraddizioni che scandiscono le giornate di ogni madre. Perché l’unica cosa di cui i nostri figli hanno davvero bisogno è una mamma meravigliosamente imperfetta.
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Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere

Molti continuano ad illudersi che la causa della loro misera vita siano gli altri: il loro capo, il loro vicino di casa, la moglie, il collega di ufficio, la società, e continuano a lamentarsi senza cercare di cambiare, ma soprattutto senza comprendere che sono loro i veri artefici di tutto questo.

Altri fuggono, scappano in altri luoghi della Terra pensando di trovare là il loro paradiso, ma ancora una volta si sbagliano perché l’inferno che vivono è dentro di loro e se lo porteranno dietro come un bagaglio pesante ovunque andranno se non cambiano il loro modo di essere.

Quando colpevolizzi e giudichi qualcuno per quello che sta facendo prova solo a considerare che ti sta facendo qualcosa di spiacevole e nulla di più. Staccati da lui e renditi conto che tutte le emozioni e i pensieri che stanno emergendo in te non hanno niente a che fare con l’altra persona. Sono dentro di te e sono solamente tuoi. L’altra persona è solamente uno strumento che tu hai utilizzato per farli emergere e renderti conto che sono presenti in te e limitano il tuo essere. Se tu non avessi determinati pensieri quella persona non sarebbe mai apparsa nella tua vita a farti ciò che ti ha fatto, o comunque non ci sarebbero stati scontri o attriti di alcun genere. Non accade mai niente per caso nella vita. Sei sempre tu a decidere, anche se inconsapevolmente, ogni aspetto della tua esistenza ed anche, ammesso che esista qualcosa di neutro, ad interpretarlo come positivo piuttosto che negativo. Puoi iniziare a smettere di colpevolizzare gli altri per quello che ti succede, magari vedendoti dentro un teatrino di marionette dove tu sei il protagonista e gli altri marionette che ti aiutano a realizzare lo spettacolo che tu hai creato. Non te la prenderesti veramente con un’altra marionetta che anche se interpreta un ruolo cattivo ti sta aiutando a fare il tuo spettacolo?

Poi, devi andare a fondo in te stesso e fare emergere le emozioni ed i pensieri nascosti che hanno dato luogo al manifestarsi di quell’evento e quando li avrai dissolti con le tecniche che ti avevo dato tempo fa vedrai che cambierai ed anche l’altra persona farà lo stesso nei tuoi confronti, probabilmente senza nemmeno rendersene conto. Devi affrontare le paure che ti ostini a rifiutare. Continui ad opporti alle situazioni, a resistergli, ma più fai questo più esse si ripresentano in modo sempre più vivido e forte. Solo affrontandole capirai il più ampio significato di ciò che ti succede ed il messaggio, l’insegnamento che ti sta offrendo.”

“Mi sembra magia.”

“E lo è. Tutto il mondo è una magia. La tua magia!”

Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere
I valori della vita in un romanzo pieno di saggezza, sentimento e fantasia

Da non perdere

Ogni giorno in tutto il mondo, milioni di persone rincorrono affannosamente una vita migliore di quella che conducono.

Ma ahimé, questo obiettivo continua immancabilmente a sfuggir loro di mano.

Arrabbiati affermano che è colpa della sfortuna
che si accanisce contro di loro,
degli altri che sono disonesti,
della società che non è più a misura d’uomo,
della poca disponibilità di denaro,
della… della… della…

Ma sono davvero queste le ragioni? si chiede Denyie Vallet,
la protagonista del primo attesissimo romanzo di Omar Falworth.

Venite con me nelle pagine di questo libro
e scoprirete come sono riuscita (e come potrete riuscire anche voi)
a…. vivere, vivere, meravigliosamente vivere.

Dall’autore di bestseller quali Conoscersi, accettarsi, migliorarsi
L’Arte di amare e farsi amare, un’incredibile storia ricca di saggezza,
sentimento e fantasia, per scoprire le ragioni per cui vale
davvero la pena di vivere la vita. E che sia meravigliosa.

Imparare l’Ottimismo

ottimismo

Ottimisti e pessimisti vivono in mondi differenti e reagiscono alle stesse circostanze in modi completamente diversi. Supponiamo che chiediate a un amico al lavoro o a scuola di pranzare insieme a voi e questi rifiuta. Come reagite? Un pessimista potrebbe pensare: «Non gli piaccio; è perché non sono interessante o attraente». Questi pensieri portano con sé altri tristi pensieri e gradualmente portano a pensare di essere privi di valore. Al contrario, una persona con un approccio alla vita ottimistico potrebbe pensare che l’amico è semplicemente occupato e decidere di riprovarci un’altra volta.

Facciamo un altro esempio. Una sera, prima di uscire, una donna chiede al marito di fare il bagno ai figli e di metterli a letto. Al suo ritorno li trova tutti sul sofà intenti a guardare la TV. Una reazione potrebbe essere: «Non ci posso credere! Perché non riesce a fare la più piccola cosa che gli chiedo di fare? Perché devo essere sempre io quella che grida ai bambini di andare a letto?». Troppo infuriata per parlare, spegne bruscamente la TV e spedisce i bambini a letto. Dopo un lasso di tempo carico di tensione, comincia a rammaricarsi della sua rabbia e a pensare scontenta: «Mi odio quando faccio così! Ma vorrei che fosse più comprensivo! Non si interessa affatto a me, ecco perché reagisco in questo modo. Il nostro matrimonio è un fallimento…». I pensieri negativi si ingrandiscono come una palla di neve che rotola giù da un pendio. Ma c’è un altro modo di reagire alla stessa situazione. È altrettanto possibile, trovandoli tutti a guardare la TV, dire: «Perbacco, siete ancora svegli? È così interessante il programma? Bene, allora fatemelo vedere un po’ insieme a voi, ma tra poco dovrete andare a letto». Una persona che reagisce in questo modo potrebbe pensare: «Oggi ha voluto passare un po’ di tempo con i bambini», lasciar perdere la rabbia iniziale e adottare un atteggiamento positivo.

Il pensiero pessimistico

Martin Seligman, ex presidente dell’American Psychological Association, identifica tre caratteristiche del pensiero pessimistico. Le descrive nel suo libro “Imparare l’ottimismo: come cambiare la vita cambiando il pensiero

La prima è la permanenza. Questo significa considerare come durature e immutabili situazioni temporanee e fortuite. Per esempio, la vostra superiore vi redarguisce. Voi reagite pensando: «Quanto la odio» e da lì continuate a pensare a tutte le cose che detestate di lei. Il rimprovero è un evento isolato e momentaneo, ma lo trasformate in qualcosa di permanente pensando che «Lei è sempre così» e «Qualunque cosa faccia, non cambierà mai». L’ottimista invece pensa: «La responsabile è di cattivo umore oggi. Deve avere qualcosa per la testa», limitando l’evento a quel giorno e non estendendolo oltre.

La seconda caratteristica è la pervasività. Quando una cosa va male, un pessimista pensa che tutto vada in rovina. Quando qualcuno sottolinea un errore a una persona del genere, questa penserà: «Sono un buono a nulla, non so fare niente» e si scoraggerà. Invece di pensare che c’è qualcosa da sistemare, individui così pensano che sia stato negato il loro valore come persone. Un puntino si ingigantisce fino a diventare un’enorme nuvola nera che riempie la mente. Si perde la fiducia e si commettono più errori, creando una spirale verso il basso.

La terza caratteristica del pessimismo è la personalizzazione. Vale a dire pensare che ogni evento negativo accada a causa vostra e ogni evento positivo vada imputato ad altri o al caso. Per esempio, quando un atleta o una squadra ottimista perdono una partita, pensano: «A volte si vince, a volte si perde» oppure «L’altra squadra ha dominato la partita oggi». Non si addossano semplicemente la responsabilità della sconfitta. Ma quando un atleta pessimista perde, pensa: «Ho perso la concentrazione, ne ho lasciati passare tanti» oppure «Tirando così non vinceremo mai». Quando due squadre si equivalgono, spiega Seligman, è più probabile che vinca quella più ottimista.

Ovviamente non si può perdere di vista la realtà e, in una versione estrema dell’ottimismo, attribuire allegramente agli altri ogni evento negativo che capita. Tuttavia il pessimismo ci induce a un’inutile autocritica.

Il potere della mente

Quando iniziai a studiare gli scritti di Seligman provai subito interesse per le sue teorie. La mente, osservai, è una cosa meravigliosa. Come scrisse Milton nel Paradiso perduto: «La mente ha in sé la propria dimora, e in sé / può fare di un inferno il paradiso e del paradiso un inferno». Il Result Oriented Counselling insegna che la qualità della nostra vita dipende in definitiva dalla mente. E’ quindi anch’esso è una psicologia della speranza, e speranza è la mia parola preferita.

Anche Seligman sostiene infatti: «L’ottimismo è speranza. Non è assenza di sofferenza. Non è essere sempre felici e soddisfatti. È la convinzione che sebbene si possa sbagliare o si possa avere un’esperienza dolorosa, si può agire per cambiare le cose».

Secondo Seligman, è più probabile che gli ottimisti abbiano successo nel lavoro o nelle relazioni personali. Godono di migliore salute e vivono più a lungo. Egli osserva che l’impatto del nostro modo di fare sulla salute diventa più marcato a partire dai 45 anni.

Le teorie di Seligman si basano sull’idea che le persone possano cambiare. Cambiando il nostro modo di pensare possiamo cambiare la nostra vita. Seligman sostiene che la psicologia dopo la Seconda guerra mondiale si era interessata per lo più a coloro che avevano gravi disagi psicologici ma che egli aspirava a ciò che definiva una “psicologia positiva”, che desse alle persone coraggio, speranza e forza.

Egli confessò di essere stato un pessimista e di aver imparato a essere ottimista. Fu dopo la morte del padre, un valente impiegato statale che a un certo punto aveva deciso di concorrere per un’alta carica pubblica nello stato di New York. In quel periodo – Seligman aveva solo 13 anni – il padre fu colpito da una serie di ictus che lo lasciarono paralizzato, perse ogni speranza e precipitò in una sensazione di impotenza in cui rimase fino alla morte, avvenuta diversi anni dopo. Vedendo questo, Seligman decise di ricercare che cosa facesse sentire le persone impotenti in certe circostanze, e se ci fosse un modo per superare questa sensazione.

Forse per questi eventi, Seligman emana una calda umanità, animata dal nobile scopo di aiutare gli altri. La sua “rivoluzione psicologica”, basata su una profonda fiducia nel potenziale umano, da alcuni è stata definita il maggiore sviluppo della psicologia dai tempi di Freud.

Il pensiero abituale

Per Seligman occorre diventare consapevoli delle spiegazioni che diamo agli eventi, del dialogo inconscio che conduciamo con noi stessi quando ci imbattiamo in qualche problema. Un metodo che egli suggerisce è scrivere quel che si pensa di fronte ad alcune situazioni frustranti. Se ci accorgiamo di essere inclini a reagire agli eventi in modo pessimista, ci possiamo esercitare a “contestare” le nostre convinzioni negative.

Per esempio, supponiamo che telefoniate e lasciate un messaggio a un amico chiedendogli di richiamarvi, ma lui non lo fa. Una persona con una tendenza pessimista penserà: «Mi sta ignorando» oppure «Forse non richiama perché sono sempre egoista». Se sentissimo qualcun altro fare queste affermazioni, noteremmo subito che sta saltando a delle conclusioni negative. Ma quando la conversazione è tra sé e sé, sembriamo pronti a credere il peggio. Ecco perché imparare a mettere in discussione le nostre convinzioni negative può essere d’aiuto: «Di fatto, è sempre stato gentile con me. Non mi sta ignorando, ha detto che aveva una settimana piena».

Oppure potreste provare a dirvi: «Anche se mi stesse ignorando, dov’è il problema? Non posso essere perfetto in tutto e non piacerò sempre a tutti. Qualunque cosa possano pensare gli altri, sto facendo del mio meglio. Almeno ho il merito di averci provato!».

Seligman afferma che dovremmo allenarci a questo tipo di pensiero positivo imprimendo nella mente frasi ottimistiche. Una volta acquisita la tecnica per essere ottimisti, non la si perderà più. In questo senso assomiglia molto all’imparare a nuotare o ad andare in bicicletta.

Imparare la gioia della sfida

Allo stesso modo Seligman fa notare come, nella maggior parte dei casi, i voti bassi non siano un indice di scarsa capacità; piuttosto sono un’indicazione che lo studente o la studentessa tende ad avere una visione pessimistica di sé. Gli studenti che credono di non essere brillanti o di essere incapaci, di fronte a una sfida spesso rinunciano. Non è che non siano motivati o dotati, è che non hanno imparato l’ottimismo che li aiuterebbe a superare gli ostacoli. Basta che i genitori pensino che il bambino non sia intelligente e il bambino, percependolo, adotta un’immagine di sé pessimistica. È ancor peggio se, ogni volta che il bambino prende un brutto voto, i genitori gli dicono cose come «Non ti impegni abbastanza», «Sei pigro» oppure «Sei così negligente che non controlli neppure i tuoi compiti». Poco a poco il bambino comincerà a considerarsi pigro e negligente. Quando i bambini che sono diventati pessimisti inciampano in un sassolino, nella loro testa lo trasformeranno in un’enorme montagna. Terrorizzati dall’insuccesso, saranno più inclini a sbagliare proprio a causa della loro paura.

La maniera migliore di aiutare i bambini a sviluppare un modo di vedere positivo non è pretendere che realizzino questo o quello, ma rassicurarli che ce la possono fare. Quando sbagliano qualcosa, invece di rimproverarli, potreste dire: «Di solito fai molto meglio. Non è da te». Seligman non ci sta suggerendo di lodare costantemente i bambini, ma di insegnare loro ad avere la fiducia di superare gli ostacoli e di comunicare loro la gioia che scaturisce da quella sfida.

Superare l’egocentrismo

Seligman osserva che mentre il mondo sviluppato gode attualmente di un benessere senza precedenti, le persone pessimiste e depresse sono in aumento. Egli identifica la causa di questa epidemia di pessimismo nell’egocentrismo e fa notare anche il declino di sostegni come la religione, la società, i legami familiari e le comunità.

Anche l’educazione ha contribuito, focalizzandosi troppo sul non urtare l’autostima dei bambini, trascurando di insegnare un modo di vivere in cui non si teme il fallimento, ma ci si diverte a superare le sfide. In altre parole, gli adulti devono vincere il loro egocentrismo. Gli adulti devono mostrare ai bambini il modo di superare gli ostacoli. Una delle ricerche di Seligman rivelò che il livello di ottimismo di una madre e del suo bambino erano molto simili, sia che il figlio fosse maschio che femmina. Invece l’impatto del padre sui bambini, a questo riguardo, era molto più limitato. Cambiare il proprio atteggiamento interiore può spalancare la via a cambiamenti positivi infiniti..

Piuttosto che frasi come: «Non fa alcuna differenza» o «È impossibile», in qualunque circostanza impariamo a dire: «Posso farcela! Posso cambiare quello che non mi piace!».


Martin Seligman

L’ottimista (nato pessimista)

Chi nasce quadro, non può morire tondo, dice il proverbio. Chi nasce pessimista, può diventare ottimista, dice con la sua vociona tonante Martin Seligman. La sua giovinezza viene assai influenzata dalle vicissitudini del padre. La sorella maggiore che già studia al college, gli fa conoscere Freud.

Il giovane Seligman è affascinato da quelle letture, in cui si riconosce. Si iscrive all’Università di Princeton con l’intenzione di uscirne psicologo o psichiatra, ma il dipartimento di filosofia, tra i migliori al mondo, lo cattura. Non abbandona il suo progetto iniziale: la filosofia della mente e la filosofia della scienza sembrano alleate. È sicuro che le domande che si poneva Freud siano giuste, ma le risposte e i metodi del grande studioso non lo convincono più. Si specializza in psicologia presso l’Università della Pennsylvania dove trova un ambiente favorevole per gettare le basi delle sue teorie e dimostrare che la straordinaria capacità di reagire di fronte alla sconfitta non è un tratto innato, privilegio di pochi, ma una capacità che può essere appresa da chiunque. Nasce così la psicologia positiva, come egli stesso la definisce.

A oggi ha pubblicato 15 libri e oltre 150 articoli sulla motivazione e la personalità. Le sue ricerche gli hanno valso lauree honoris causa, dottorati onorari e diversi altri importanti riconoscimenti in tutto il mondo. Nel 1996 viene eletto con un plebiscito presidente dell’Associazione Americana degli Psicologi. Lavora tuttora all’Università della Pennsylvania dove è professore emerito.

di Chiara Svegliado da www.professionalcounselling.it

Come cambiare la vita cambiando il pensiero
ISBN: 8809041135

Prezzo € 9,50

Seligman presenta in questo libro alcune semplici tecniche utili a risorgere dal pessimismo e dalla depressione. L’ottimismo è un ingrediente essenziale del benessere e del successo ed è il modo di guardare alla vita che distingue gli ottimisti dai pessimisti. Chiunque può diventare ottimista: basta imparare a collegare il successo non a circostanze favorevoli ma alle proprie abilità e al proprio impegno e riuscire a vedere nell’insuccesso non un fallimento personale ma solo un incidente di percorso.

Un semplice cambiamento con la PNL

cambiamento
Jane venne da me perché “non ne poteva più di essere di essere povera”. Quando era piccola i suoi genitori le avevano spiegato che non era molto importante fare soldi per una ragazza, perché un marito si sarebbe occupato di lei. Inoltre le avevano detto:
“Le persone ricche, di solito, sono egoiste e presuntuose”. Jane era troppo giovane per capire che si meritava la felicità tanto quanto chiunque altro, e così credette ai propri genitori.

Ora, da adulta, sapeva razionalmente di voler cambiare, ma in qualche modo non riusciva a fare le cose che le avrebbero permesso di fare più soldi. Questo ovviamente era il risultato di una strategia installata in profondità, ed ero curioso di sapere come funzionasse.
Le chiesi cosa succedesse quando pensava a guadagnare denaro. Jane rispose che iniziava a pensarci sempre a partire
dall’osservazione di quanto fosse povera. Si creava mentalmente delle immagini di quanto fosse brutta la sua vita e di quanto le cose fossero difficili. Poi gridava interiormente a se stessa in tono severo cose come: “Devi uscirne”, “Dovresti essere in grado di farcela”. A volte cercava di immaginare di fare un lavoro che le procurasse più denaro, ma vedeva immagini cupe e opprimenti e si vedeva bloccata in qualche lavoro pesante.
Vedere queste immagini la faceva star male, specialmente quando ne visualizzava centinaia: una per ogni giornata che
avrebbe dovuto affrontare. Alla fine si sentiva letteralmente oppressa e abbandonava l’idea. Non è sorprendente che non funzionasse.

Come sarebbe stato possibile cambiare le cose?

Prima del cambiamento, Jane si creava due tipi di rappresentazioni interne. Prima pensava a ciò che voleva evitare (essere povera). Questo avrebbe potuto essere un modo abbastanza efficace per prendere coscienza di cosa fosse sbagliato, ma più Jane pensava alla povertà, meno tempo le rimaneva per pensare a come creare la vita che desiderava.

Jane procedeva nella vita come un guidatore che guardi esclusivamente nello specchietto retrovisore. Sapeva esattamente da cosa cercava di allontanarsi, ma non dava mai alla propria vettura istruzioni adeguate
in merito a dove dirigersi. Inutile dire che faceva, inevitabilmente, molti incidenti.
In secondo luogo Jane, quando pensava a fare soldi, si vedeva bloccata a metà strada durante lo svolgimento di compiti gravosi. Immaginate qualcuno che pensi alle proprie vacanze vedendosi bloccato mentre cerca di preparare i bagagli. O qualcuno che sia impaziente di andare ad una festa, che continua a farsi immagini mentali cupe, noiose e statiche di se stesso che stira la propria camicia. Non è così che il cervello crea aspettative e trepidazione.

Feci immaginare a Jane se stessa che viveva la vita che voleva:
un film, grande e luminoso, con la sua musica preferita ad ispirarla come colonna sonora (la trama di un film che adorava). Poi le dissi di parlare a se stessa, ma non nel modo in cui era abituata a fare. Invece di urlarsi bruschi “dovresti” e “devi”, scelse di usare un tono più invitante e coinvolgente per dire a se stessa: “Non sarebbe magnifico fare questo?” “Mi piacerebbe davvero avere questo.” “Questa è la vita che voglio.”
Poi visualizzò un film mentale di se stessa che faceva il passo successivo verso un nuovo lavoro, e vide quella pellicola
fondersi con l’immagine della vita che sognava di vivere.
Poteva vedere il film mentale e controllare come la facesse sentire! Questo semplice piccolo cambiamento le mostrò
che era sulla strada giusta. Provò la nuova strategia più volte e notò che funzionava automaticamente. Questo sì che
le dava una sensazione emozionante.
Ma dunque, farlo sarebbe stato emozionante. Si dava il caso che fosse lo stesso processo che portava Jane a sentirsi piena d’entusiasmo all’inizio di una relazione, qualcosa che lei sapeva già fare bene. È stato proprio in quel contesto che ho individuato la struttura per questa “nuova” strategia:

Vedere l’obiettivo (immagini grandi e luminose). Dirsi quello che si vuole (lentamente, con calma e con voce “invitante”).
Vedere il prossimo passo nel raggiungimento dell’obiettivo (immagini grandi, brillanti e in movimento).
Confrontare le immagini e osservare se corrispondono a quanto desiderato.
Sentirsi emozionati.

Effettivamente ci si sentiva emozionati anche solo ascoltando il cambiamento positivo di Jane. Durante le settimane seguenti, Jane si scoprì a pensare al successo sempre più spesso. Ora ha un lavoro: non un lavoro qualsiasi, ma un’attività in cui è a contatto con i bambini (cosa che aveva sempre desiderato) e che le dà il tempo per andare in vacanza e fare le cose che ora si concede di sognare.

Lo stesso “cambiamento” può essere installato attraverso una metafora.
L’altro ieri sono andato dal giornalaio e ho incontrato un’anziana signora che, sconvolta, raccontava all’edicolante di come l’avessero appena derubata. Più proseguiva, più il racconto peggiorava.
Ho atteso il mio momento, l’ho interrotta e le ho raccontato di come una mia amica fosse stata picchiata in casa propria e di come, a quanto pare, non riuscisse a dimenticare l’incidente.
Poi, qualche settimana dopo, resasi conto di ciò che stava facendo, aveva detto: “È già abbastanza brutto essere stata picchiata, ma maledizione, non darò loro anche la soddisfazione di avermi rovinato la vita”. E aveva deciso di spostare l’incidente talmente lontano da sé, da farlo sembrare completamente dimenticato…
“Mi dà il Guardian per favore?” L’anziana signora si è interrotta, i suoi occhi hanno guardato lontano, il suo stato è cambiato ed è uscita, con calma, dall’edicola.

Cambiare le qualità delle nostre rappresentazioni interne cambia il significato di queste ultime.

Un altro esempio da  Beck ed Emery che raccomandano di  modificare le immagini visive che li disturbano.
Suggeriscono di mettere fuori fuoco certe zone dell’immagine, di collocare quest’ultima su uno schermo televisivo e di modificarne la luminosità, o addirittura di “cambiare canale” o esagerare in maniera caricaturale gli elementi che la compongono.

Fornire istruzioni dirette per “sentirsi felici”, di solito, non conduce al cambiamento desiderato. Tuttavia, come osservato nella nostra esperienza con la PNL, si può insegnare facilmente alle persone come cambiare le modalità delle esperienze.
I risultati sono miracolosi quasi quanto lo sarebbe il semplice dire alle persone di “essere felici”.

La PNL per facilitare cambiamenti importanti di Richard Bolstad

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Libro consigliato:


Richard Bandler Owen Fitzpatrick

Pnl e Libertà

Questo libro contiene idee che possono trasformare la tua vita

PNL E LIBERTA’ è un libro che parla della tua vita, delle difficoltà che hai oggi e che hai avuto in passato, di come ti sei sentito e di come ti senti in questo momento.
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Questo libro è una conversazione a tratti spiritosa e leggera, a tratti dura e vibrante, tra una grande mente dei nostri tempi, Richard Bandler, e un giovane trainer di Programmazione Neuro-Linguistica intelligente e profondo, Owen Fitzpatrick. Tra i vari argomenti sviluppati:

• Come capire quali sono le proprie abitudini nocive e sostituirle con buone abitudini;
• Come crearsi nuove opportunità di miglioramento e sviluppo;
• Come “innescare” volontariamente sensazioni di piacere, divertimento ed energia in sé e negli altri attraverso tecniche di PNL, ed essere in grado di riattivare quelle sensazioni;
• Come “disinnescare” rapidamente dolore, frustrazione, sfi ducia, disperazione;
• Come accrescere la propria intelligenza e curiosità e crearsi gli strumenti per definire e ottenere ciò che si desidera;
• Come rendersi liberi attraverso il controllo della propria vita: liberi di scegliere e non scegliere, liberi di cambiare, liberi di non cambiare, liberi dai condizionamenti derivanti dalla propria condizione familiare, sociale, fisica e ambientale. Liberi anche di sbagliare.

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