Rimedio naturale: Tea Tree Oil

Tea Tree Oil
Melaleuca Alternifolia
(detta anche Cajiputi)
Famiglia delle Myrtaceae

Oggi parleremo dell’Olio Essenziale di Tea Tree, un olio che conosciamo molto bene e che è entrato da tempo nel nostro ‘kit base’ dei rimedi naturali da tenere in casa e da avere quando si è in viaggio: si tratta infatti di un essenza maneggevole e con un campo d’azione particolarmente esteso.

OLIO ESSENZIALE DI TEA TREE

L’olio essenziale di Tea Tree si ottiene distillando a vapore le foglie della Melaleuca Alternifolia, un albero che cresce sulla costa orientale dell’Australia e che arriva a raggiungere i 6 metri di altezza. Le sue virtù sono ben conosciute da secoli dagli aborigeni, che sono soliti disinfettare le proprie ferite spalmandovi sopra una crema rudimentale ricavata pestando le foglie dell’Albero del Tè.
La sua nota è alta e di testa. Il profumo, speziato e balsamico al tempo stesso, è molto intenso e ne lascia quasi intuitivamente dedurre l’aspetto peculiare, sintetizzato nella parola chiave: DISINFETTARE.
Le sue proprietà sono quelle di: purificantebalsamico, cicatrizzante, immunostimolante.
E’ un olio sicuro anche nel lungo periodo. Questo non significa che non occorra usarlo con cautela e cognizione, come è sempre opportuno ribadire per tutti gli olii, compresi i più versatili.

AROMATERAPIA APPLICATA

L’olio essenziale di tea tree ‘è un antisettico medio, uno dei migliori antivirali, antibatterici, antimicotici e antiparassitari. Affianca all’attività antisettica una buona azione immunostimolante. Il punto di forza è la sua capacità di agire in modo deciso contro i microbi e di essere al contempo delicato con le strutture organiche.

Sistema immunitario: herpes simplex, parassiti intestinali, batteri delle più comuni malattie da raffreddamento.
Sistema dermico: Acne, eczemi, piccoli tagli, ferite, punture d’insetto, zone infette, vesciche, porri, abrasioni, calli, duroni, tagli, peli incarniti. Si applica puro o diluito in un vettore. Puro anche su un cerotto da applicare sulla parte. L’olio essenziale di tea tree è un potente antimicotico, particolarmente indicato per l’onicomicosi.
Bocca: afte, ascessi, stomatiti, placca. E’ possibile usare l’olio essenziale di tea trea anche puro sullo spazzolino come anticarie ed antiplacca.

OLIO ESSENZIALE DI TEA TREE E PSICHE

A livello di psicoaromaterapia l’olio essenziale di tea tree è calmante  e chiarificante. Molto utile per l’affaticamento mentale ed lavoro intenso. Particolarmente indicato per: studenti, insegnanti, manager, medici. Fortifica e rinvigorisce, sostenendo nei momenti di grande logoramento. Da usare diffondendolo nell’ambiente o con inalazioni.

Curiosità: L’olio essenziale di tea tree potabilizza l’acqua, neutralizza alcune tossine alimentari ed è disinfettante per ambienti e superfici.

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Tre piante dagli effetti curativi straordinari in un unico volume per far fronte a problemi di salute cronici e recidivi, per l’igiene del corpo e dell’ambiente e per i piccoli malesseri psicologici della vita quotidiana. Indicazioni, dosaggi, tipi di applicazione, curiosità.

Che cos’è l’emozione?

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Che cos’è l’emozione?
Attraverso questionari inviati a missionari sparsi su tutta la terra, Darwin verificò che non esiste società che non conosca la paura, il pudore, l’ira, la nausea, la curiosità, il
piacere, il dispiacere, il pianto, il riso, la gioia, la tristezza.
A qualunque popolo o razza appartenga, il disegno infantile del viso di un pupazzo con l’arco della bocca rivolto verso l’alto significa: allegro, rivolto verso il basso: triste.
Senza eccezione le emozioni appartengono a tutta l’umanità e a tutte le società.
Le emozioni di fondo sono uguali per tutti mentre è la loro espressione che varia a seconda della cultura e delle decisioni individuali. L’uomo è di fatto un animale sociale
che non si comporta umanamente se non cresce tra gli uomini. Ne sono esempi i bambini cresciuti tra i lupi o le scimmie.

Le espressioni del “sentire allo stato puro” si possono
scorgere solo sulle facce dei bambini: il neonato reagisce alle emozioni senza mediazioni, urlando, piangendo, gorgheggiando, tubando.

Definire in breve l’emozione non è facile.
È oggetto di studio solo di recente essendo stata trascurata a favore della “mente” e del mentale, quasi come se l’emozione fosse una reazione puramente “fisica”.
Ora la tendenza è quella di coniugare finalmente la psicologia con la fisiologia. Si comincia a poter rispondere in modo autorevole sui processi più irrazionali della psiche.

Possiamo definire l’emozione come un movimento interiore, una risposta psicofisiologica correlata a uno stimolo interno o esterno. L’emozione ha lo scopo originario di farci muovere e lo dice la radice stessa della parola “moveo”, di produrre un’azione, con l’aggiunta .del prefisso “e” diventa “movimento da”.
Ogni diverso stimolo provoca un’emozione diversa, e ogni tipo di emozione prepara il corpo a diverse funzioni. Per esempio, la collera fa affluire il sangue al cervello e agli arti superiori che consentono l’energia per un’azione aggressiva-difensiva vigorosa.
La tristezza fa cadere l’energia vitale, chiude la persona e le consente di elaborare la perdita per tornare in seguito a vivere.
La paura scatena l’adrenalina che serve a preparare la fuga rapida.
Al contrario, l’amore e i sentimenti di tenerezza provocano un’attivazione del sistema parasimpatico che è quel rilassamento che induce a uno stato di calma e di soddisfazione
utile a comprendere e a cooperare.

L’emozione è un segnale di un bisogno, non e una risposta razionale ma basata su una specie di istinto residuo che è servito a far sopravvivere sia l’individuo che la specie.
Poiché la società si è evoluta rapidamente, spesso le espressioni delle emozioni vanno filtrate attraverso una razionalità che ha rispetto dell’emozione stessa.
Per molto tempo l’emozione è stata identificata con gli intensi sfoghi passionali o stati d’animo particolari, negativi, infantili o animali, mentre la razionalità è stata privilegiata
come unica caratteristica esclusivamente umana. Ma cosa ce ne facciamo di fisici bravissimi in grado di fabbricare bombe atomiche o di tecnici industriali che inventano
procedure distruttive per l’ambiente?
Se non pensiamo anche a una vita fatta di socialità e di condivisione, questo nostro mondo non avrà scampo.
È questa la ragione per cui ha avuto molto successo il concetto di “Intelligenza emotiva`, cioè della capacità di essere autoconsapevoli, di provare l’emozione che stiamo vivendo coniugando l’emotività con la razionalità.
Provare emozioni, quindi, non vuol dire essere infantili, femminili o animali: l’emozione è una parte di noi, così come è una parte del nostro Io la capacità di ragionare.

Ogni società regola l’espressione delle emozioni e dei sentimenti. È nel processo di sviluppo, infatti, che impariamo cosa e come sentire, e il modo in cui esprimere le emozioni.
Il sentimento è perciò una emozione legata al pensiero ed è dunque un’acquisizione che avviene attraverso l’apprendimento.

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Dopo il successo di The Secret, grazie al quale tutto il mondo ha potuto conoscere la potenza della Legge dell’Attrazione, il Gruppo Macro porta in Italia un nuovo grande bestseller: Il Segreto del Cuore. In pochi mesi il libro ha scalato le classifiche di vendita tedesche, arrivando a vendere oltre 500.000 copie.

Tutti facciamo il possibile per trascorrere una vita appagante e ricca di significato. Ci sforziamo di apprendere e migliorare ma, più di ogni altra cosa, vogliamo amare ed essere amati.
Il segreto del cuore
ci rivela come utilizzare la forza che è in ognuno di noi e come riuscire così a determinare ciò che avviene nella nostra vita.

Ruediger Schache riassume in dieci punti fondamentali l’essenza della sua ampia e profonda saggezza e dei suoi lunghi anni di studi e ricerche, fornendoci indicazioni pratiche e suggerimenti ispirati da numerosi esempi tratti dalla vita reale.

Ogni segreto che questo libro svela è un piccolo tesoro che ci viene messo a disposizione per vincere con più consapevolezza le straordinarie capacità che ognuno di noi ha di attirare nella propria vita le persone che desidera.

Come aumentare l’autostima?

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Eccoti allora 10 tecniche pratiche per aumentare la tua autostima.

  1. Preparati. Il tuo livello di autostima è direttamente proporzionale al tuo livello di preparazione. Pensa agli esami/verifiche/test che hai affrontato nella tua vita. Esserti preparato ha innescato nel tuo cervello un circolo virtuoso molto interessante: + preparazione = + autostima = + successo = + autostima… e così via. Indovina un po’?! Questo non vale solo a scuola, la vita è un esame continuo: studia ed esercitati quotidianamente nei campi in cui vuoi eccellere.
  2. Ripensa i tuoi pensieri. A volte sappiamo essere i peggiori nemici di noi stessi. I pensieri negativi possono letteralmente distruggere la tua autostima. Continuare a ripeterti frasi come “non sono all’altezza”, “non ci riesco”, “non sono capace” è un modo per la tua psiche di creare delle scappatoie quando hai paura di affrontare qualcosa. Queste scuse non ti aiutano: diventa consapevole di questi pensieri negativi e sostituiscili sistematicamente con pensieri positivi come “ho già affrontato __________ , posso affrontare anche questo”, “ho ottenuto _________ , posso raggiungere anche questo obiettivo”. E non venirmi a raccontare che non hai mai raggiunto un obiettivo nella tua vita: stai leggendo questo articolo, quindi sei migliore di 6 milioni di italiani totalmente analfabeti!
  3. Cura il tuo aspetto. Una bella doccia, la barba in ordine (la depilazione per le signorine), i tuoi vestiti migliori e… boom! l’autostima aumenta immediatamente. L’immagine che abbiamo di noi stessi ha un impatto determinante sulla nostra autostima: questa immagine non è immutabile e curando quotidianamente il nostro aspetto possiamo migliorarla, migliorando la nostra autostima.
  4. Fai esercizio fisico. Quando ti senti in forma con te stesso la tua autostima raggiunge un picco. Senti che stai facendo qualcosa di buono per te e le endorfine fanno il resto. Approfitta dell’inizio del nuovo anno per abituarti a fare sport.
  5. Conosci te stesso. Sun Tzu nell’Arte della Guerra dice: “Conosci te stesso e vincerai tutte le battaglie”. La carenza di autostima è generalmente legata ad una cattiva considerazione che abbiamo di noi stessi. La domanda è: questa cattiva considerazione è giustificata? Se non conosciamo realmente noi stessi, quali sono i nostri difetti e quali sono le nostre qualità, non potremo mai saperlo. Abituati a tenere un diario giornaliero: appunta i tuoi pensieri ricorrenti, registra le tue piccole vittorie, scrivi cosa è andato bene e cosa è andato male durante il giorno. Questo piccolo esercizio ti aiuterà ad avere un’immagine più oggettiva di te stesso e probabilmente una migliore autostima.
  6. Aiuta qualcuno che non conosci. Aiutare uno sconosciuto non solo ci rende immediatamente più felici, ma è anche un ottimo antidoto per la mancanza di autostima. Sentire di contribuire sinceramente al benessere di un’altra persona ti fa sentire bene e migliora la percezione che hai di te stesso. Provare per credere.
  7. Sorridi. Il sorriso è il nostro miglior biglietto da visita. Un bel sorriso semplice, spontaneo, cordiale è il modo più diretto ed efficace per dire a te e agli altri: “hei, sono sicuro di me stesso e tutto andrà alla grande!”.
  8. Parla lentamente. E… s… a… t… t… o… parlare lentamente ti aiuta ad accrescere la tua autostima. Come?! Parlare con lentezza e determinazione cambia il modo in cui gli altri ti percepiscono e contribuisce a migliorare la tua immagine. Hai mai seguito un discorso di Barack Obama? Le persone che hanno autorevolezza parlano lentamente e con chiarezza. In fondo un tentativo non costa nulla (Ps. non esagerare!).
  9. Impara a dire no. Sapere dire No quando serve è una dimostrazione di grande autorevolezza. Sopratutto in ambito lavorativo, dire qualche No può aiutarti ad affermare le tue posizioni e di conseguenza accrescere la stima che hai di te stesso.
  10. Fissa un piccolo obiettivo e raggiungilo. Le nostre vittorie influenzano la considerazione che abbiamo di noi stessi. Punta alle stelle, ma inizia con piccoli passi. Fissa un piccolo traguardo che puoi raggiungere oggi stesso. Ogni piccola vittoria che otterrai accrescerà il tuo senso di autostima e ti permetterà di scalare vette sempre più sfidanti.

fonte: http://www.psichesoma.com

Jerry Minchinton
Le 52 cose che puoi fare per migliorare la tua AUTOSTIMA

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A volte l’infelicità deriva da scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, con conseguente timore di sbagliare e di non essere all’altezza della situazione. Come superare paure e senso di inadeguatezza e divenire individui capaci di realizzare i propri desideri.

Sono quello che sono!

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Concediamoci del tempo per riflettere, per guardare dentro di noi, smettiamola di maltrattarci per rispondere a dei cliché dettati dalla società ma che non ci appartengono; impariamo a “sentire” il nostro corpo, il nostro cuore, la nostra psiche e con coraggio e un po’ di sano egoismo realizziamo i nostri desideri.
Affinché un giorno potremmo dire: “SONO QUELLO CHE SONO!” e non “avrei voluto essere…avrei voluto fare…ma…”, non c’è ma che tenga, è tempo di darsi da fare, dobbiamo diventare i costruttori della nostra vita.

Stress: concediti del tempo per Te

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La vita moderna mette continuamente alla prova sia il nostro organismo che le nostre capacità mentali ed emotive. Il risultato? Reagiamo male a queste pressioni, che diventano fonte di stress. Ma sta a noi domarle…



Susannah Marriott

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Siete stressati e non riuscite a staccare la spina? Ecco 1001 modi per non perdere il controllo nella frenesia della vita quotidiana.

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Un cammino interiore con la Fiaba

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Oltre ad un susseguirsi di fatti fantastici, la fiaba è anche un cammino interiore percorso senza muoversi: fare grandi cose stando fermi nella propria stanza.

E’ un tornare a casa, un ritorno alle origini, alle radici, un cambiamento dolce, dunque un cammino interiore senza stanchezza. Volare dentro ad ogni cosa, volare nell’acqua e nuotare tra le nuvole.

Ciò che sembra non servire è utile comunque. Niente è nulla: anche un’apparente nullità come un sassolino, nelle fiabe può essere un amuleto magico, un mistero…

Una briciola può contenere un paesaggio fatato, un intero universo… E non è così anche nella realtà? Il microcosmo con le sue particelle, non è forse lo specchio del macrocosmo…, dell’Universo intero, che nella fiaba si anima? La nostra fantasia in fondo non può che contemplare ciò che già conosce, compresa quella parte di realtà che spesso si cela ai nostri occhi.

La fiaba potrebbe essere definita anche come una sequenza di simboli che comunicano su due piani contemporaneamente: quello della coscienza, che deve comprendere utilizzando la sua parte razionale, e quello più profondo dell’inconscio che lo rielaborerà al di là dei limiti della mente e nell’ambito di un sapere antichissimo e comune a tutta quanta l’umanità.

Con la scrittura della fiaba attiviamo principalmente la parte destra del cervello e automaticamente ci proiettiamo in una dimensione di rilassamento e creatività, ricreando la medesima condizione che si ha, per esempio durante la meditazione, la recita di mantra… o più semplicemente mentre cuciniamo, dipingiamo etc…. Condizione questa, di grande ricettività al cambiamento. Ecco perché già solo per questo fatto la fiaba e’ terapeutica!

Inoltre, appena iniziamo a scriverla, mettiamo in moto diverse energie dentro di noi, secondo il principio che le nostre caratteristiche interiori sono riassunte in ogni simbolo contemplato dal racconto.

Dato che ogni simbolo possiede una forma ed una sostanza con piena capacità di interazione, acquisisce automaticamente il potere di movimento, vitalità e azione con e verso la struttura circostante dell’universo immaginativo. Quest’ultimo è un luogo rappresentativo, un piccolo frammento spazio/temporale della nostra psiche, che prende vita nell’ambito del dispiegarsi degli avvenimenti fiabeschi.

Come apparirà chiaro, in questo lavoro il simbolo crea un punto di riferimento importante, grazie al quale l’immagine che la fiaba fornirà nel suo insieme costituirà una struttura di riferimento, che darà la misura esatta della correzione da apportare nell’immaginario profondo della persona.

Conseguentemente questo tipo di terapia agisce proprio sugli aspetti che in noi si discostano dall’oggettività del simbolo, dalle piu’ elevate qualità che esso rappresenta: infatti con la fiaba contattiamo gli archetipi, cioè i punti di riferimento, i baluardi, i modelli originali di cui il mondo materiale e’ una conseguente copia.

Fondamentalmente la fiaba-terapia sfrutta la caratteristica secondo la quale la psiche umana ha un suo istinto di guarigione che si manifesta al massimo del suo potenziale, proprio in uno spazio rappresentativo e specifico come il racconto fantastico, appunto.

Nella fiaba questo spazio inizia a vivere gia’ dal “C’era una volta tanto tanto tempo fa…..”

Inizio magico che proietta la persona automaticamente nel regno della profondità della psiche, nello spazio idealmente perfetto, grazie al quale tutto il simbolismo, salito dall’inconscio, può’ vivere come nei sogni, liberamente e senza l’intromissione della mente razionale, che invece interagirà solo in un secondo tempo, tirando le fila e i nessi logici del materiale emerso.

Una rappresentazione simbolica come la fiaba rende pertanto la nostra mente testimone delle tematiche inconsce e dei processi profondi di trasformazione. In tal modo la nostra razionalità, pur comprendendo, permane in uno stato di sano distacco. Essa non può che prendere atto di quanto avviene e interagire con i medesimi strumenti, cioè i simboli, limitando a se stessa l’espletamento della sua unica funzione: comprendere e dedurre in modo logico, SENZA le sovrastrutture interpretative e teoriche, che la parte sinistra del cervello tenta sempre di anteporre alla destra.

La qualità “dell’essere testimone” si espleta anche grazie all’automatica identificazione col protagonista, che mette la persona nelle condizioni di sapere (anche se inizialmente solo a livello inconscio) che il successo può essere prima o poi raggiunto, cosi’ come lo ha raggiunto il suo eroe del racconto.

Il lavoro terapeutico e’ supportato proprio dalla magia della fiaba, che conduce per mano colui che la scrive (o che la ascolta), proiettandolo nel regno del fantastico, del tutto possibile, dove tutto e’ realizzabile.

Nella fiaba infatti ogni cosa può cambiare rapidamente… al semplice tocco di una bacchetta magica, o al rintocco di un orologio. In altre parole, ciò che nella realtà sarebbe percepito come un “miracolo quasi impossibile”, nella scrittura delle storie fantastiche diventa automaticamente plausibile, contemplato, e quindi preso in considerazione nel profondo di noi stessi, già da quel medesimo istante.

Ogni simbolo ha carattere evocativo, cosi’ come qualsiasi insieme di azioni costituenti un racconto. L’evocazione e’ una grande capacita’ creativa e terapeutica della mente; essa si fonda principalmente sull’aver lanciato un impulso, come ad es. un sassolino che per conseguenza farà tanti cerchi nell’acqua.

Ogni cosa, elemento, entità hanno carattere evocativo, in quanto la mente DEVE poter completare l’input iniziale: se pianto un seme… ne colgo già l’immagine della futura pianta nella sua totalità e bellezza.

Come diceva R. Campbell (1990), ” la metafora è un’immagine che suggerisce qualcos’altro”.

Aggiungo per esperienza, che il mare di simboli e di azioni metaforiche nel profondo della persona costituiscono già un andare “oltre” e pertanto questo lo sarà anche successivamente nella realtà della vita, come conseguenza fisiologica.

Ecco perche’ i simboli e la fantasia con tutte le loro possibili combinazioni di ambienti, personaggi e azioni, sono praticamente infiniti, cosi’ come infinito e’ il loro potenziale guaritivo.

Possiamo quindi concludere affermando che con la fiaba c’è un varcare i confini dei propri limiti, sublimando il concetto secondo il quale il fantastico e’ già oltre qualsiasi confine !


Edouard Brasey Jean-Pascal Debailleul

Vivere la Magia delle Fiabe

Come il meraviglioso può cambiare la nostra vita

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Le fiabe sono generalmente considerate alla stregua di storie inventate per addormentare i bambini. Tuttavia, oltre a questo primo livello di lettura, molti racconti racchiudono un potente sapere iniziatico.

Destinate a risvegliare l’uomo, a condurlo a una migliore consapevolezza di sé, le fiabe ci parlano di noi, della via che dobbiamo seguire per pervenire al pieno compimento delle nostre potenzialità.

Ma le rane che parlano, i castelli incantati, le vecchie dame che operano miracoli sono immagini che non sappiamo decodificare. Partendo dall’analisi di una quarantina di fiabe del repertorio tradizionale, dieci “chiavi di lettura” ci invitano a vivere la magia delle fiabe, in una originale esplorazione di noi stessi e della nostra storia personale. Decifrare il vocabolario simbolico di questi racconti consente di operare profondi mutamenti nel nostro vissuto quotidiano.

La funzione segreta delle fiabe ci viene rivelata per comprendere meglio le nostre imperfezioni, le nostre fughe e i nostri blocchi, per scoprire il “meraviglioso” che si trova proprio nella vita di tutti i giorni, per trovare una rinnovata energia capace di farci osare una autentica trasformazione.


Verena KastLe Fiabe che Curano

Racconti popolari e psicoterapia

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Cappuccetto Rosso, il piccolo sarto, la Regina delle nevi, la principessa sfortunata… Chi non si è mai identificato con loro? Come i sogni, anche le fiabe hanno molto da dirci su noi stessi: su come siamo e su come potremmo essere.

I racconti che un tempo ci hanno affascinato o che ancor oggi ci affascinano esprimono qualcosa su di noi, sui nostri desideri e nostalgie. Ci mostrano il comportamento di uomini con i quali vorremmo identificarci, le persone che vorremmo essere. Analizzandole più nel dettaglio, scopriamo anche che queste storie ci comunicano qualcosa dei nostri problemi, e descrivono come altri li affrontano e li risolvono.

E tu ridi di pancia?

ridere

I bambini ridono molto, spesso senza un perché. Non si fanno problemi: giocano e ridono, oppure sorridono. È difficile incontrare bambini tristi o depressi e, se lo sono, il loro disagio dipende quasi sempre dai genitori. Questo dimostra che il riso e il sorriso sono atteggiamenti spontanei, che li fanno sentire naturalmente bene.
La risata non è un optional. Eppure, come confermano i sondaggi, si ride sempre di meno: in Italia, siamo passati dai 15 minuti al giorno degli anni Cinquanta ai cinque minuti scarsi di oggi.
Ci siamo mai chiesti come mai? Nella nostra società “seria e beneducata” la risata è considerata al pari di qualcosa di sconveniente, da manipolare con circospezione o addirittura da nascondere.
In realtà, il riso è un vero toccasana, è una forza purificante, è un antidoto per scacciare malessere e pensieri.
Non ci resta che… ridere

Ci libera dalle scorie mentali, è come un fulmine che rigenera tutto l’organismo.
D’altronde, anche un poeta come Giacomo Leopardi, passato alla storia come uomo triste e melanconico, ha scritto: “Chi ha il coraggio di ridere è il padrone del mondo”. È vero: chi ride ha più energie, è più “carico”, più creativo e immerso nella vita.
Ridere fa bene alla psiche e al corpo, lo conferma la neurofisiologia: nel cervello, la risata parte dalla zona della corteccia frontale e arriva alla zona limbica, sede degli impulsi legati alle emozioni viscerali. Di qui, agisce come una vera e propria scossa elettrica che fa partire una serie di “ordini”: contrarre il diaframma, poi l’apparato respiratorio e infine l’addome.
Quanto più la risata è libera, tanto più produce un senso di totale abbandono e, come ritorno, regala un benefico rilassamento muscolare, una diminuzione della pressione e una generale sensazione di benessere.

Non a caso, già da qualche tempo nelle corsie di alcuni ospedali si fa ricorso alla “comicoterapia”, soprattutto nei reparti dove sono ricoverati i bambini: gruppi di clown specializzati intrattengono i pazienti, e dopo qualche mese di terapia si riscontrano la riduzione del 20% dell’uso di analgesici e la diminuzione del 50% delle degenze. Il che dimostra che ridere fa bene: ci protegge dall’infarto, regola il respiro, stimola le difese immunitarie, limita le infezioni, scioglie i muscoli, allontana il dolore. Di più: ridere di cuore provoca effetti simili a quelli dell’esercizio fisico.

Fare almeno 10 risate al giorno equivale a 10 minuti di vogatore, ed è una vigorosa ginnastica dei muscoli facciali, delle spalle, del diaframma e dell’addome.
Ridere ci fa sentire bene, ma solo a patto che si tratti di un riso spontaneo, “infantile”, diretto, non cerebrale. La risata che nasce da elaborazioni razionali la cosiddetta risata “di testa” o di circostanza, ci frena: è la risata amara, isterica, sardonica, che spesso altera i tratti del volto e, invece di liberarci, ci comprime. La risata benefica, viceversa, parte dal cuore e dalla pancia: è come un temporale violento che ci purifica, porta in superficie i nostri istinti più viscerali, quelli più vicini alla sfera della sessualità pura.

È questa la risata che scioglie i nodi e le inibizioni, e permette alla funzione bambina che è in noi di tornare ad avvolgere con una luce chiara le “cose serie” e spesso pesanti della vita adulta.
Il rimedio è proprio lì, davanti a noi, a portata di mano: non ci resta che ridere! Ma facciamolo in modo spontaneo, senza pensarci troppo su…


Autori Vari

Yoga della Risata + DVD

Ridere per vivere meglio


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Se qualcuno per strada vi dicesse: “Ho la ricetta per risolvere tutti i vostri problemi e farvi scoppiare di salute, eccola: ridete, ridete e tutto si risolverla”, siate prontissimi a ridere a crepapelle, che comunque vi farà bene, ma non cadete nel tranello. Di fronte a tanti venditori di illusioni ci sembra questo un buon principio per scoprire i benefici delle risate senza perdere il contatto con la realtà e senza neanche togliere quel tocco di magia che ogni risata è in grado di creare con il suo potere contagioso.

È un dato acquisito che la risata aiuti a sviluppare un processo di pensiero positivo. E non sembra lontano il tempo in cui essa potrà essere introdotta, dalla porta principale, nei luoghi di cura per integrare e migliorare l’efficacia della medicina classica e, soprattutto, per agire come fattore protettivo e preventivo.

La risata è una medicina per il cuore, non solo perchè tutela un organo indispensabile e prezioso del nostro corpo, ma soprattutto perchè rafforza la metafora che lo identifica come propulsore e generatore di
quell’affetto e amore che ognuno di noi considera l’alimento principe della vita.

La proposta semplice e un po’ rivoluzionaria dello Yoga della risata, messa a punto da Madan Kataria, congiunge le potenzialità del ridere con quelle dello Yoga. Ne deriva un metodo spiazzante attraverso cui si può giungere alia risata positiva senza seguire il percorso lineare dell’umorismo.


S. Fioravanti

La Terapia del Ridere

Guarire con il buonumore

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Ridere fa bene. Ossia: una disposizione positiva della mente, un atteggiamento attivo e reattivo sono i presupposti di una buona salute. Di più: ridere stimola la circolazione, aumenta l’ossigeno nei polmoni, abbassa la pressione, attiva i muscoli.

Lo scopo della vita

loto

Perseguire la felicità è lo scopo stesso della vita: è evidente.
Che crediamo o no in una religione, che crediamo o no in questa o
quella religione, tutti noi, nella vita, cerchiamo qualcosa di
meglio. Perciò penso che la direzione stessa dell’esistenza sia la
felicità…”

Con queste parole, pronunciate davanti al folto pubblico
dell’Arizona, il Dalai Lama andò subito al nocciolo della questione.
Ma il fatto che avesse definito la felicità lo scopo della vita mi
indusse a pormi in cuor mio una domanda. In seguito, quando fummo
soli, gli chiesi:

“Lei è felice?”.
” rispose. Fece una pausa, poi confermò: “Sì… senza dubbio“.
La pacata sincerità del suo tono non lasciava adito a dubbi; e questa
sincerità si rifletteva anche nell’espressione degli occhi.
“Ma la felicità è un obiettivo ragionevole per la maggior parte
della gente?”

domandai. “E’ davvero possibile?”
Sì. Credo che la felicità si possa ottenere addestrando la mente.
A livello puramente umano, non potevo non approvare l’idea che la
felicità fosse un obiettivo raggiungibile. Ma, come psichiatra, ero
condizionato da concezioni come quella di Freud, secondo il quale
“viene da pensare che la volontà che l’uomo fosse “felice” non
rientrasse nel piano della “Creazione””. Questo bagaglio culturale ha
indotto molti miei colleghi a concludere tristemente che il massimo
che si possa sperare sia di “trasformare l’infelicità isterica in
infelicità comune”
. In questo senso l’idea che vi fosse un preciso
sentiero diretto verso la gioia mi pareva rivoluzionaria. Se
riflettevo sui miei anni di esperienza in campo psichiatrico, non
riuscivo praticamente a ricordare di aver sentito anche solo nominare
il termine “felicità” nell’ambito degli obiettivi terapeutici. Certo,
si parlava molto di alleviare nei pazienti sintomi come la
depressione o l’ansia, di risolvere conflitti interni o problemi di
relazione, ma non si diceva mai esplicitamente che lo scopo fosse
quello di perseguire la felicità.
[..] Data la mia mentalità occidentale, non giudicavo quello stato dell’anima una cosa
che si potesse ottenere e conservare solo “addestrando la mente”.
Appena sollevai l’obiezione, il Dalai Lama mi diede immediati
chiarimenti. “In questo contesto, quando parlo di “addestramento
della mente” non intendo con “mente” solo le capacità cognitive o
l’intelletto, ma assegno al termine il significato della parola
tibetana sem, che è assai più ampio, più simile a “psiche” o
spirito“, e include sentimento e intelletto, cuore e cervello.
Adottando una certa disciplina interiore, possiamo mutare il nostro
atteggiamento, la nostra intera visione del mondo e il nostro
approccio alla vita.

“Tale disciplina interiore può naturalmente comprendere molte cose,
molti metodi. Ma in genere si inizia con l’identificare i fattori che
conducono alla felicità e quelli che conducono alla sofferenza. Fatto
questo, bisogna cominciare a eliminare a poco a poco i secondi e a
coltivare i primi. Questo è il sistema.”

Il Dalai Lama afferma di aver trovato il suo equilibrio, la sua
felicità personale. E per tutta la settimana da lui trascorsa in
Arizona, osservai spesso come questa felicità personale si traducesse
nella volontà di andare incontro agli altri, di esprimere sentimenti
di empatia e comprensione anche negli incontri più brevi.
Una mattina, dopo aver tenuto la consueta conferenza, s’incamminò,
circondato dal seguito, lungo il patio esterno che conduceva alla sua
stanza d’albergo. Avendo notato vicino all’ascensore una delle
cameriere dell’hotel, si fermò e le chiese di dove fosse. Per un
attimo la donna parve intimidita da quel personaggio esotico con la
veste rosso scuro e da quell’entourage che lo trattava con deferenza,
poi però sorrise e rispose schiva: “Sono messicana”. Egli si
trattenne un attimo a parlare con lei, poi proseguì, lasciandola
visibilmente contenta ed emozionata. La mattina dopo, alla stessa
ora, la cameriera si fece trovare nello stesso luogo assieme a una
compagna, e le due salutarono calorosamente il Dalai Lama quando
questi entrò in ascensore. Lo scambio di cortesie fu breve, ma le due
donne tornarono al lavoro con aria assai felice. Giorno dopo giorno,
il gruppo di tibetani incontrò sempre più cameriere nell’ora e nel
luogo designati, finchè al termine della settimana, lungo il patio
che conduceva agli ascensori, a salutare l’ospite illustre c’era
un’intera fila di donne con l’impeccabile divisa bianca e grigia.

Abbiamo i giorni contati.

Ogni momento nascono nel mondo molte
migliaia di bambini e, di questi, alcuni vivranno solo pochi giorni o
settimane per poi soccombere tragicamente a una malattia o ad altre
disgrazie, mentre altri camperanno cento o più anni, assaporando
tutte le cose che la vita ha da offrire: successo, disperazione,
gioia, odio e amore. Non sappiamo chi avrà una buona o una cattiva
sorte. Ma che viviamo un giorno o un secolo, la domanda fondamentale è
la stessa:

Che senso ha la vita?

Che cosa la rende degna di essere vissuta?

Tratto dal libro:



Dalai Lama Howard C. Cutler

L’Arte della Felicità

Oscar mondadori
ISBN: 8804486848

Prezzo € 8,40

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