Stai bene con te stesso?

La Chimica non basta per star bene con se stessi

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Sul Corriere della Sera è apparso un editoriale del noto sociologo Francesco Alberoni dal titolo suddetto e vorremmo dare il nostro contributo alla sua profonda riflessione.

La tesi di partenza di Alberoni è che oggi l’uomo moderno sente sempre meno il bisogno di riflettere su quanto gli accade, di studiare se stesso, di trovare le risposte ai misteri della vita, di confrontarsi con l’esperienza degli altri.

Piuttosto che impegnarsi in tali funzioni, egli preferisce ripiegare su attività meno impegnative, come l’andare a vedere un film, leggere un romanzo, guardare gli spettacoli televisivi, giocare con internet e così via.

Forse il più grande indicatore di tale processo sono le cosiddette esperienze ‘virtuali’ di una seconda vita (“Second Life”), ossia la possibilità di rifarsi un’altra vita da qualche parte, non importa se solo dentro un computer grazie ad un programma software.

C’è quindi un grande bisogno di evadere, di allontanarsi dalla realtà quotidiana, di non pensare a se stessi e ai propri problemi.

Ed è proprio qui che entra in gioco la chimica, sotto forma di medicinali in grado di ‘curare’ l’umore, di annullare le reazioni emotive spiacevoli come la depressione, la nevrosi, il dolore e l’infelicità.

Tutto ciò dimostra l’intento dell’uomo moderno di fuggire dalla propria vita e dalle conseguenze delle proprie azioni; per questo egli rinuncia a pensare e a riflettere, e se necessario, arriva anche ad intontirsi pur di non ‘vedere’.

Parallelamente, spera di potersi rifare con una seconda vita da qualche altra parte. Una volta si partiva con una nave verso paesi sconosciuti, dove poter iniziare nuovamente, magari con la speranza di non commettere più gli stessi errori.

Oggi non si va più da nessuna parte, perché grazie o a causa della globalizzazione, anche i nostri problemi sono globalizzati e quindi li ritroviamo ovunque andiamo. Invece, si parte virtualmente, creando un alter-ego su un mondo virtuale e facendogli vivere ciò che qui non siamo più capaci di fare.

Chimica e computer sembrano quindi prometterci quella felicità tanto desiderata e cercata invano, ma, come dice bene Alberoni, questa è una speranza o un incubo?

Questa frammentazione virtuale, questa fuga dal reale, quest’uso indiscriminato della chimica per alterare il nostro cervello ha come prodotto un profondo processo di alienazione dal mondo reale e quindi da se stessi, perché per quanti alter-ego possiamo avere in giro per il mondo, esiste una sola persona, un unico individuo, senza il quale nulla di tutto questo mondo virtuale esiste.

Dice ancora Alberoni: “Non possiamo rinunciare ad essere noi stessi, coscienti di cosa siamo, di cosa è bene e cosa è male”.

La felicità deriva dallo star bene con se stessi e non dal fuggire lontano. “L’uomo più felice del mondo, guardando dentro lo specchio dei desideri, vedrebbe solo se stesso così come è” dice il saggio Silente ad Harry Potter, e in effetti ogni saggio o maestro che sia vissuto ha riaffermato questa verità fondamentale.

Il male dell’uomo nasce e si sviluppa dentro se stesso ed è quindi solo affrontandolo direttamente che è possibile vincerlo e trovare la vera pace e la vera serenità interiore.

Nessuna pillola saprà mai darci questo e nessun mondo virtuale potrà mai veramente farci sentire a casa.

Conclude Alberoni: “ Dobbiamo ricominciare a pensare” e noi vorremmo aggiungere: “Dobbiamo cominciare a meditare”, perché la meditazione è in assoluto la pratica migliore per l’introspezione, per comprendere ciò che avviene dentro e fuori di noi, per ritrovare infine la serenità e la felicità che abbiamo perduto perdendo noi stessi.

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Recenti studi hanno confermato che a muovere le fila della mente, quindi della felicità, sono soprattutto i pensieri.
Va da sé che se si riducono quelli negativi e si incrementano quelli positivi, il nostro grado di benessere psicologico sarà più elevato.
Questo libro è una raccolta di pensieri positivi e di riflessioni utili che possono rendere meravigliosa la nostra vita e la nostra felicità.

Che cosa occorre per essere felici?

meditation

Che cosa occorre per essere felici? Il denaro? Il successo?
L’amore? La stima degli altri? E’ un interrogativo che da sempre
l’uomo si pone senza sapersi dare una risposta.
Il Dalai Lama, rivolgendosi a tutti, indipendentemente dalle
condizioni o dalle storie personali, dalla religione o dalla cultura,
ci spiega come per raggiungere la felicità siano necessari una
disciplina e un metodo interiori che ci aiutino a combattere gli
stati mentali negativi (la rabbia, l’odio, l’avidità), per coltivare
invece gli stati mentali positivi (la gentilezza, la generosità, la
tolleranza verso gli altri).
Tenzin Gyatso (quattordicesimo Dalai Lama) non attinge quindi a
credenze religiose o verità assolute, ma alla conquista e all’esercizio
di una pratica quotidiana, difficile e tuttavia possibile: conoscere
se stessi, capire le ragioni degli altri, aprirsi al diverso,
guardare le cose in modo nuovo. In una parola, riscoprire la qualità
umana per eccellenza: la compassione.
Proprio nelle situazioni e negli eventi che abbiamo conosciuto –
dalle relazioni con amici o parenti alla perdita di chi ci è caro,
dalla ricerca del benessere alla malattia e alla vecchiaia, dai
contrasti all’amore – il Dalai Lama ci rivela come sconfiggere
l’ansia, l’insicurezza, la collera, lo sconforto, e come raggiungere
un’intimità e un atteggiamento di empatia verso gli altri,
insegnandoci così a trasformare le avversità in occasioni per
conquistare una stabile e profonda serenità interiore.

[…]
Adottando una certa disciplina interiore, possiamo mutare il nostro
atteggiamento, la nostra intera visione del mondo e il nostro
approccio alla vita.

“Tale disciplina interiore può naturalmente comprendere molte cose,
molti metodi. Ma in genere si inizia con l’identificare i fattori che
conducono alla felicità e quelli che conducono alla sofferenza. Fatto
questo, bisogna cominciare a eliminare a poco a poco i secondi e a
coltivare i primi. Questo è il sistema.”

L’arte della Felicità



Dalai Lama Howard C. Cutler

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