Non bisogna avere paura

Non bisogna avere paura

Non bisogna avere paura

Voler vivere, e non soltanto sopravvivere.
Quindi, prendere pienamente coscienza di sé,
attribuire importanza alla propria sorte,
non provare né vergogna né odio verso se stessi.
Rispettarsi e dunque cercare la propria ragione di vivere,
imporsi un desiderio d’eccellenza in relazione al proprio corpo,
alla propria conservazione,
al proprio aspetto,
alla realizzazione delle proprie aspirazioni.

Per raggiungere questo scopo,
non bisogna attendersi nulla da nessuno;
occorre contare soltanto su se stessi per definirsi;
non bisogna avere paura davanti a una crisi,
quale che sia la sua natura;
occorre accettare la verità anche se non è piacevole da ammettere;
e bisogna voler essere protagonisti,
né ottimisti né pessimisti,
del proprio futuro.

Tratto da: Sopravvivere alla Crisi di Jacques Attali

Sopravvivere alla Crisi
Sette lezioni di vita

«Un giorno o l’altro questa crisi si concluderà, come tutte le altre, lasciando dietro di sé innumerevoli vittime e qualche raro vincitore. Ma ciascuno di noi potrebbe anche uscirne in uno stato di gran lunga migliore di quello con cui ci siamo entrati.

Questo a patto di comprenderne la logica e il percorso, di servirsi delle nuove conoscenze accumulate in vari settori, di contare soltanto su se stessi, di prendersi sul serio, di diventare attori del proprio destino e di adottare audaci strategie di sopravvivenza personale.

Il mio scopo non è pertanto quello di esporre un programma politico per risolvere questa crisi e tutte quelle che seguiranno, e neppure quello di offrire vaghe generalizzazioni moraleggianti, bensì di suggerire strategie precise e concrete che permettano a ognuno di “cercare uno spiraglio nella sventura” e di sapersi destreggiare tra gli ostacoli che si presenteranno, senza affidarsi ad altri per sopravvivere, per vivere meglio».

Dopo aver analizzato il crac del 2008 e le sue cause socioeconomiche nel precedente saggio La crisi, e poi?, Jacques Attali estende ora la sua riflessione alle fasi cruciali della vita personale e collettiva.

In una realtà complessa come quella di oggi, però, diventa sempre più arduo superare le difficoltà che incontriamo nel nostro cammino. Per questo l’autore individua sette principi

da applicare, di volta in volta, di fronte alle avversità, siano esse di natura macroeconomica e internazionale (la crisi finanziaria) o privata (la fine di un amore). E ci offre una sorta di “manuale d’uso” per ricominciare a vivere pienamente sotto ogni aspetto: come individui, come lavoratori, come cittadini.

«La crisi attuale – come tutte quelle precedenti, qualunque fosse la loro natura – terminerà un giorno, lasciandosi alle spalle tantissime vittime e qualche raro vincitore.

Ecco perché possiamo uscirne fin d’ora in condizioni migliori di quando vi siamo entrati. A patto, però, di comprenderne logica e sviluppo, di utilizzare le nuove conoscenze che apprenderemo in diversi campi, di fare affidamento solo su noi stessi, di prenderci sul serio, di diventare attori principali del nostro destino e di abbracciare audaci strategie di sopravvivenza individuale.

I sette principi che si possono ricavare da questo processo di apprendimento saranno applicabili a ogni epoca e a qualunque minaccia o crisi; sia che si tratti di una crisi economica come quella presente o di una carestia, di una guerra o dell’avvento di una dittatura, di uno tsunami o di una valanga, sia di una tragedia privata, della fine di un amore o di un attacco di cuore.

Ma a condizione di utilizzare questi principi ogni volta in maniera diversa a seconda dei vari approcci e metodi; e di farlo confidando in alleati e consigli differenti in base alla stessa natura delle minacce. Chi li metterà in pratica già nella congiuntura presente, e chi ne ripeterà continuamente l’applicazione, avrà più chances degli altri di sopravvivere alla crisi».

Jacques Attali

Le carte della Vita

Le carte della Vita

Le carte della Vita

Mata Amritanandamayi, nota in tutto il mondo col diminutivo di Amma, ovvero Madre, è una guru indiana da molti considerata una santa per il suo incredibile impegno umanitario e i suoi preziosi insegnamenti.

Nata in una zona molto povera del Kerala, ha dedicato la sua vita ad alleviare le sofferenze dei bisognosi. Pur non possedendo nulla tranne il suo sari, è riuscita a costruire decine di scuole, orfanotrofi e ospedali, ha donato più di 25.000 case ai senzatetto, e la sua organizzazione fornisce tutti i giorni oltre 50.000 pasti agli affamati. Per tutte queste attività ha ricevuto moltissimi riconoscimenti internazionali ed è stata più volte invitata alle Nazioni Unite, eppure è una delle persone più umili che abbia mai conosciuto.

Durante un soggiorno nel suo ashram in India l’ho sentita usare una suggestiva metafora per spiegare la nostra zona di potere.

Amma paragona la vita ad una partita a carte.
Le carte vengono distribuite da un mazziere a cui possiamo dare vari nomi: Dio, il destino, il karma, il caso…
A volte riceviamo carte bellissime con cui è facile giocare, a volte invece ci ritroviamo in mano carte decisamente più scadenti.
In ogni caso non abbiamo alcuna influenza sulla scelta delle carte. Ciò su cui abbiamo totale padronanza, invece, è la maniera in cui decidiamo di giocarle.
È questo che fa la differenza nella nostra vita e nel mondo.
Detto da lei che ne è una testimonianza vivente, fa un certo effetto!

Avere chiara questa distinzione ci permette di non sprecare tempo ed energie nel tentativo di cambiare ciò che non possiamo cambiare, come una giornata di pioggia, un lutto, un licenziamento, una separazione. Sono le carte che la vita ci sta offrendo in questa partita. Ma possiamo decidere come usarle.
E tutto ciò non solo è in nostro potere, è anche un nostro diritto e un dovere verso l’evoluzione dell’umanità.

Certo, possiamo anche scegliere di sbuffare, di lamentarci e passare intere giornate ad arrabbiarci con il mazziere o con la sorte. Ma tutto ciò ci aiuterà forse a far fruttare al meglio le nostre carte?
Quando decidiamo di incolpare gli altri, di sentirci vittime indifese e senza speranza, stiamo rinunciando alla nostra zona di potere. E più lo faremo più ci avvieremo verso un cambiamento di tipo peggiorativo o involutivo.

«Vivere significa prendersi la responsabilità di trovare
le giuste risposte ai problemi della vita.»
Victor Frankl

di Lucia Giovannini tratto da Tutta un’Altra Vita

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Inseguire una “cosa” chiamata felicità è un’ossessione umana; o almeno lo è per coloro fortunati abbastanza da non dover lottare quotidianamente per la propria sopravvivenza fi sica. La cosa incredibile è che quasi nessuno di coloro che inseguono il “segreto” della felicità ha la più pallida idea di cosa questa felicità sia veramente, o di come la riconoscerebbero se ce l’avessero davanti. E poi arrivano le domande: cosa fareste, voi, se poteste essere felici per il resto della vostra vita?

Molte delle persone che incontriamo sono certe che, se solo avessero certe cose (il biglietto vincente della lotteria, una nuova auto, un’attività di successo, un partner che li ami), allora sarebbero felici. Talvolta il contenuto delle loro affermazioni è un po’ diverso: la loro vita sarebbe perfetta, dicono, se solo avessero più fi ducia in se stessi, più autostima o una maggiore sicurezza.

Sfortunatamente, se gli obiettivi del primo gruppo sono troppo specifi ci e concreti per portare una soddisfazione duratura, gli altri sono troppo vaghi. Inoltre, tutti questi obiettivi esistono soltanto nel futuro, sono sogni, mete o ricompense per aver fatto la cosa “giusta”. C’è forse da meravigliarsi, dunque, di tutto il tempo che si spreca per inseguire questa sfuggente felicità, considerato che la maggior parte delle persone non pensa praticamente mai a ciò che le rende felici in questo momento?

Gli occidentali sono convinti che la felicità si possa inseguire come se fosse una destinazione. La maggior parte degli adulti (i bambini sono tutt’altra cosa) trascorre la maggior parte del tempo a lavorare per il benessere del proprio io futuro.

Vi state chiedendo se la cosa riguardi anche voi? Provate a verifi care: per caso, una delle affermazioni che seguono vi suona familiare?

“Quando avrò perso dieci chili…”
“Quando andrò in pensione…”
“Quando riceverò l’aumento…”
“Quando fi nirò l’università…”
“Quando sarò sposato…”
“Quando avrò più tempo per i bambini…”
“Quando, quando, quando… allora sarò felice.”

Quando le vostre frasi iniziano con quando, significa che la vostra attenzione non è rivolta dove dovrebbe: a quello che sta accadendo adesso.

Le ricerche sono a supporto delle nostre osservazioni: la maggior parte delle persone è davvero incapace di predire con un minimo di precisione cosa le renderà felici. Ironia della sorte, la maggior parte delle persone sa essere davvero precisa, quando si tratta di immaginare cosa potrebbe andare storto e quanto ci rimarrebbe male.

Come abbiamo già osservato, una “cosa” chiamata felicità proprio non esiste, e più cercate di convincervi che esista, meno sarà facile che riusciate mai a trovarla. La felicità non è un immobile che potete acquistare per andarci a vivere. La felicità è un eff etto, la conseguenza del fare qualcos’altro, ma non è detto che si raggiunga accumulando oggetti su oggetti, né che derivi dall’incontro con qualcuno di “speciale”. Se non saprete individuare quali azioni e quali attività vi fanno sentire davvero bene, o se smetterete di fare ciò che adesso già funziona, quelle belle sensazioni vi sfuggiranno di mano.

Lo abbiamo già detto e lo ribadiremo più e più volte: non siamo qui a vendervi una cosa dal nome felicità. Non vi stiamo promettendo un’auto nuova, fiumi di denaro o una promozione sul lavoro. Quello che vi offriremo sono strumenti grazie ai quali riconoscere le opportunità, sviluppare la capacità di resistere di fronte alle avversità, di prendere decisioni migliori, di provare intenzionalmente sensazioni positive al posto di quelle negative, di passare all’azione e progredire con decisione.

Soprattutto, desideriamo invitarvi a sviluppare la vostra acutezza sensoriale, vale a dire la vostra capacità di misurare il progresso guardando a ciò che funziona, anziché concentrandovi su ciò che non va. Questo singolo aspetto sarebbe già sufficiente a rivoluzionare la vostra vita. Una volta che li avrete fatti vostri, questi strumenti vi aiuteranno a distinguere ciò che è inevitabile da ciò che può essere cambiato e a sviluppare la giusta determinazione per realizzare i cambiamenti per voi più importanti.

Questo non significherà necessariamente raggiungere una volta per tutte il Nirvana ed essere per sempre liberi da problemi e imprevisti, ma di certo imparerete a conoscervi. Scoprirete come reagite ai problemi e gli effetti che producono le vostre reazioni, e imparerete come agire in modo diverso, qualora fosse necessario. È un processo che continuerà per tutta la vita: ottimizzare le risposte, imparare a essere più resistenti, vivere più consapevolmente, anziché rimanere alla mercé del caso. Renderci conto che possiamo acquisire consapevolezza ed esercitare una scelta: questa è vera libertà. Questo è Vivere Felici.

Dovrete fare dei cambiamenti, questo va da sé. Imparerete modi nuovi di fare le cose. Farete degli errori, certo, ma molto più velocemente di prima… e il recupero sarà altrettanto rapido. Questa è la nostra idea di apprendimento. Ma cominciamo dall’inizio…

Quasi tutti hanno idea di cosa potrebbe renderli felici, ma è davvero così? Negli ultimi anni, la ricerca ha dedicato molta attenzione a ciò che rende le persone davvero felici, scoprendo che, di solito, ciò che crediamo e ciò che effettivamente ci rende felici sono due cose assai diverse.

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