La Felicità è..

Cosa è la felicità?

Uno stato d’animo?

Una decisione?

Una volontà o un’operazione mentale?

Penso che sia tutto questo, la nostra felicità dipende da noi e ne siamo responsabili, non ci è mai data o regalata, richiede impegno e sforzo, non è una condizione fortunata ma una forma di intelligenza che può essere imparata e sviluppata.  A volte i nostri disagi e la condizione di vittima in cui ci releghiamo nella vita non ci permettono di aprirci agli altri nel modo corretto e di farci vivere momenti importanti, questo aggraverà il nostro senso di solitudine e di sofferenza rafforzando l’idea nella nostra mente……..”non è possibile essere felici”, è pur vero che possiamo tenere la mente libera e sgombrare il passo alla felicità perchè ritorni.

Sembra, infatti, che le caratteristiche associate alla felicità siano quelle relative alla personalità ed in particolare quelle relative all’estroversione, fiducia di noi stessi, alla sensazione di controllo su se stessi e il proprio futuro (D’Urso e Trentin). Questo perchè la persona estroversa si relaziona con gli altri con più facilità esprimendo i propri pensieri ed interessi; sta bene con se stessa e con gli altri, ha fiducia nelle proprie capacità e percepisce congruenza fra ciò che è e ciò che vorrebbe essere influenzando in questo modo anche l’aspetto cognitivo, in quanto il buon umore ha effetti positivi sulla capacità di apprendimento e sulla memoria, inoltre si è maggiormente creativi sulla soluzione dei problemi.

Qui di seguito si riportano una serie di attività e atteggiamenti che si accompagnano o favoriscono uno stato di benessere.

Tali attività o atteggiamenti sono:
– non attribuire interamente a noi stessi la responsabilità degli eventi spiacevoli che ci capitano – stare in compagnia di persone felici
– fare esercizio fisico
– non confrontare la nostra condizione (salute, bellezza, ricchezza ecc.) con quella degli altri
– individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e valorizzarlo
– curare il corpo e l’abbigliamento
–  riconoscere i legami tra cattivo umore e cattivo stato di salute: spesso è il malessere fisico, più che altri fattori oggettivi, a determinare un cattivo umore
–  dimensionare le nostre aspettative alle capacità e alle opportunità medie della situazione
– non fare progetti a lunga scadenza
– non trarre conclusioni generali dagli insuccessi
– fare una lista delle attività che personalmente ci fanno stare di buon umore e praticarle.

La felicità, è vero, non sarà eterna ma rimarrà  la consapevolezza di aver vissuto il momento e poter dire ad un certo punto: “qualunque cosa accade valeva comunque la pena di vivere“.

I Segreti e la Mappa della Felicità

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LO CONSIGLIAMO PERCHÈ

E se la Felicità non fosse un’effimera chimera, ma una realtà che si può concretizzare come traguardo duraturo nella vita di ogni donna e di ogni uomo? Questo libro è per chi vuole veramente afferrare la Felicità e far diventare la propria esistenza una magica esperienza di gioia e amore.

ARGOMENTO

Vi troverai dieci Segreti per trasformare la quotidianità in esperienza aurea. Come un moderno Alchimista potrai tentare l’impresa di tramutare una “vita di piombo” in una“vita d’oro”… E siccome la vera Alchimia è trasfigurazione di sé, l’Autrice rende noti dei punti sulla pelle che aiutano in questa metamorfosi attraverso un’autentica conoscenza di sé, della propria personalità, dei propri desideri. Scoprirai come trovare la vera Matrice di sentimenti come l’Entusiasmo, l’Ottimismo, il Coraggio, l’Amore, la Speranza, la Volontà, l’Attenzione fino ad approdare alla tanto desiderata Felicità.

Che brutti ricordi..

Qual è la funzione dei brutti ricordi?

È notizia di poco tempo fa: alcuni ricercatori negli USA stanno sperimentando molecole in grado di eliminare selettivamente i brutti ricordi. Esperienze traumatiche del passato, lutti, violenze subite: forse un giorno, dicono, potremo cancellarli con una pillola. Nessuno però si chiede: che funzione svolgono questi ricordi? Perché il cervello non li elimina spontaneamente, come fa con le migliaia di istanti delle nostre giornate di cui non conserviamo nessuna traccia? Quale funzione evolutiva può esserci per noi nel mantenere proprio questi ricordi così spiacevoli?

Ecco perché i brutti ricordi tornano

Il cervello non fa niente per caso, tanto meno per sbaglio. È sempre lui a decidere cosa conservare e cosa eliminare, cosa deve entrare a fare parte della nostra personalità o cosa tagliare via perché dannoso. Questo significa che se qualcosa resiste ai continui colpi di spugna esercitati dal cervello sulla memoria, che costantemente ci purificano dai ricordi inutili, quel qualcosa è importante. Non dobbiamo intenderlo in modo letterale: il brutto ricordo non torna per fissarci su quel fatto del passato e ripeterci di continuo: “Guarda come sei stato sfortunato, non sarai più quello di prima”. Siamo noi che lo interpretiamo così, perché ci siamo identificati nell’idea di una vita già segnata in cui niente può più cambiare. Ma la vita non torna mai “quella di prima”, tutto in noi muta incessantemente.

I brutti ricordi sono nutrimento per le nostre radici

brutti ricordi sono, in realtà, importanti messaggi che ci mettono a disposizione un’esperienza passata allo scopo di trasformarci, per rendere le nostre radici più profonde e salde, per accrescere la nostra consapevolezza. Possono diventare  nutrimento per l’anima, purché ci avviciniamo a loro con l’atteggiamento giusto.

La tecnica che trasforma i brutti ricordi in una fiaba

– Quando arrivano i brutti ricordi di solito tentiamo di “non guardarli”, di sviare l’attenzione. Ma così il ricordo tornerà ancora più forte.

– Proviamo invece a considerare i brutti ricordi come messaggeri. Ci stanno dicendo qualcosa e sta a noi interpretarlo. Per farlo, usiamo la fantasia: in un momento di calma, da soli, torniamo a quel ricordo, evochiamolo nella mente, percepiamo per qualche istante tutte le sensazioni che ci provoca senza giudicarle belle o brutte. Sentiamole e basta. Poi, senza sforzo, lasciamo che dal ricordo si sviluppi, nella mente, una storia, un racconto fatto di immagini e di parole. Proviamo a inventare un personaggio, ad esempio una bambina o un bambino, oppure un personaggio di fiaba, che si trovi a vivere quell’evento. Immaginiamolo bene: com’è vestito, cosa dice… Immaginiamo quindi che debba attraversare delle peripezie, che si sviluppano a partire dall’evento che ha scatenato il brutto ricordo, che incontri altri personaggi e debba compiere delle imprese, per poi giungere a un lieto fine. Perdiamoci un po’ in queste fantasie. Quando lo desideriamo, poniamo termine all’esperienza e torniamo alle normali occupazioni. Proviamo a rifare l’esercizio almeno una volta al giorno, quando i brutti ricordi tornano a visitarci.

– Attraverso questo esercizio, immergiamo il cervello nell’ambiente delle immagini e nelle fiabe. L’aspetto “letterale” dei fatti piano piano sfumerà lasciando emergere un significato simbolico più ampio, che indicherà il posto che quel ricordo occupa nella nostra interiorità, arricchendola. La storia che abbiamo immaginato, in modi misteriosi, racconterà qualcosa di noi, regalandoci col tempo più consapevolezza e serenità nei confronti di noi stessi e del nostro passato e mandando via le sofferenze che quei ricordi scatenavano.

di Raffaele Morelli

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C’è una piccola rivoluzione copernicana in questo libro, un ribaltamento di punto di vista che ci insegna a dare importanza a ciò che di solito consideriamo banale. E ci fa trovare la felicità dove non la si era mai neppure cercata. La formula segreta del benessere, spiega Raffaele Morelli, sta nascosta nei piccoli gesti quotidiani che compiamo senza dar loro nessuna importanza. È una forza segreta potenzialmente in grado di darci una gioia infinita, che però noi offuschiamo di continuo coi nostri ragionamenti e i nostri giudizi, col nostro ingolfarci di scopi e progetti.

Dopo averci fatto capire che Ciascuno è perfetto e che Non siamo nati per soffrire, Morelli propone in queste pagine un suo nuovo fondamentale insegnamento, che si incastona alla perfezione nella filosofia controcorrente con cui l’autore ha conquistato migliaia di lettori. Un approccio all’esistenza a tutto tondo capace, nella sua elementare radicalità, di dare una vera svolta alla nostra vita.

Autori Vari

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Un gruppo di sette cantanti di varie nazioni si incontrano per la prima volta in Italia, toccando il cuore e coinvolgendo con la sua fresca spontaneità e la gioiosa ispirazione delle sue melodie. Gioioso ascolto a tutti quanti!

Che fortuna, la sfortuna!

fortuna-sfortuna

Qualche giorno fa stavo chiacchierando con un mio cliente a proposito del fatto che talvolta accadono episodi nella nostra vita che ci demoralizzano e che ci fanno cadere in uno stato di apatia generale e di scarsa voglia di andare avanti e dare il meglio di noi.

La questione interessante su cui ragionavamo era che proprio da quegli eventi, molto spesso, nascono infinite opportunità di crescita e sviluppo. Infatti esaminandole con il “senno di poi” quelle circostanze, che abbiamo valutato come spiacevoli, talvolta disastrose, e che ci hanno fatto soffrire, si sono rivelate a distanza di qualche tempo utili, se non addirittura fondamentali.

Il mio cliente mi raccontò cosa gli era accaduto una decina di anni fa e la sua storia mi è parsa così emblematica da spingermi a condividerla con quanti stanno vivendo oggi esperienze poco fortunate. Riporterò tutto il racconto in discorso diretto.

“Ero appena stato lasciato dalla mia ragazza e chiaramente mi sentivo distrutto, continuavo a ripetermi che non avrei mai più trovato una donna così e continuavo ad interrogarmi sui possibili miei sbagli nel condurre quelle relazione. Ogni giorno che passava mi sentivo sempre più impotente e depresso ed ogni giorno si rafforzava in me la convinzione che sarei rimasto solo per sempre. Avevo smesso di uscire di casa, tagliato la maggior parte delle amicizie ed anche la mia vita professionale era ad un punto di stallo. Erano passati circa tre mesi da quella che allora ritenevo essere la più grande sfortuna della mia vita quando una mattina…

Bhe quella mattina, ricordo ancora il giorno esatto, era il 3 giugno, stavo uscendo per andare al lavoro, come al solito svogliato e nervoso, la mia vita svoltò inaspettatamente. Anche quel giorno stavo per fare tardi ed ero di fretta. Infilai la camicia e indossai la cravatta, corsi in cucina per una colazione al volo ed ecco che ancora una volta la sfortuna era con me quando versandomi il caffè, me ne rovesciai addosso una buona parte. Andai a cambiarmi rovistando furiosamente nell’armadio alla ricerca di abiti puliti. Riuscito finalmente ad uscire di casa, come se non bastasse, vidi che l’unico autobus che mi avrebbe portato al lavoro in orario era appena passato e la mia auto era dal meccanico.
Provai a chiamare qualche collega per farmi dare uno strappo ma senza successo. Rassegnato e
senza troppa convinzione decisi di giocare l’ultima carta che mi rimaneva a disposizione: fare l’autostop.
Dopo circa 10 minuti di attesa ed almeno un centinaio di auto sfrecciate indifferenti sul lungo vialone adiacente casa mia, ecco che inaspettatamente una piccola utilitaria di color rosa shocking accostò ed una voce soave mi chiese: «Vuole un passaggio?».
Già ammagliato per il canto di quella sirena, quando la vidi, entrai in un profondo stato confusionale, mi sentivo tutto in subbuglio, balbettai qualcosa che ora non ricordo e in un tempo che mi parve di pochi secondi ma insieme interminabile arrivammo a destinazione. Ancora oggi lei mi prende in giro per quanto fu strano il nostro primo incontro e sono sicuro che quando i nostri gemellini saranno più grandi non mancherà di raccontare loro questa storia. Ora sono l’uomo più felice del mondo”.

Ringraziai il mio cliente per avermi raccontato questa sua storia, gli chiesi di poterla pubblicare e lui acconsenti. Lo congedai rivolgendogli alcune domande:

E se la tua ex non ti avesse lasciato?
E se quella mattina non ti fossi rovesciato addosso il caffè?
E se non avessi perso l’autobus?

In effetti nessuno sa quali saranno le conseguenze di un evento negativo o sfortunato che ci succede oggi.

Meglio quindi farsi questa domanda: “E’ utile starmene qui a deprimermi quando magari tra due giorni, due mesi o un anno tutto questo potrebbe rivelarsi per me una gran fortuna? Ed ancora, quali potenziali vantaggi potrei trarne in futuro?“

Vivere bene oggi, senza lasciarsi condizionare dalle brutte esperienze di ieri

Prezzo € 14,00
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Le esperienze negative lasciano dentro di noi pessimismo, senso di sfiducia, convinzioni limitanti e pregiudizi nei confronti di noi stessi e degli altri. Questo libro propone un metodo rapido e concreto per ripulire la mente da tutte queste scorie psicologiche.
Si tratta di una vera e propria alternativa al percorso della psicoanalisi. L’autore, infatti, non ci chiede di guardare indietro, di rientrare in contatto con i vissuti dolorosi , né di capire il perché degli eventi che ci sono capitati. Preferisce fornire al lettore una strategia più pratica, divertente e veloce per ristabilire un rapporto positivo con il proprio passato.
Gli esercizi e le riflessioni di questo manuale saranno di grande aiuto a chi:

•    è sfiduciato verso il presente, il futuro, se stesso o gli altri;
•    non riesce ad uscire dai ricordi negativi;
•    non crede di meritare granché dalla vita o si sente vittima della sfortuna;
•    vuole evitare di ripetere gli stessi errori;
•    desidera trasformare il passato nel suo maestro.

Il coraggio di essere se stessi

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Per quanto possiamo essere capaci, abili ed intelligenti abbiamo bisogno di essere coraggiosi per affrontare e superare le situazioni, a volte piacevoli ed a volte impegnative, dure ed impreviste che la vita ci pone davanti.

Secondo il pensiero popolare, il coraggio è una caratteristica fondamentalmente  maschile, a tal punto che per molti è segno di distinzione tra chi, anche se maschio,  è definibile “uomo” e  chi “senza attributi”, in quanto credono che l’uomo deve essere come un leone, forte, coraggioso e senza paura. In realtà questa visione non solo è una falsa discriminante tra i diversi sessi ma ci allontana dal vero significato che questa virtù rappresenta.

Il “coraggio” è  quella forza interiore definita “forza d’animo” che permette a chi ne è dotato di non sbigottirsi di fronte ai pericoli, di affrontare con serenità i rischi, di non abbattersi per dolori fisici o morali, più in generale, permette di affrontare a viso aperto la sofferenza, il pericolo, l’incertezza e l’intimidazione e allo stesso tempo di essere coscienti e responsabili e quindi di tirarsi indietro quando è necessario. Pertanto avere coraggio non significa non provare paura ma significa essere pienamente consapevoli della paura ed avere la forza d’animo per affrontarla.

Il coraggio è di solito determinato da una predisposizione personale o dato dalla forza di disperazione quando è cieco ed incosciente, tipico di chi si trova in una situazione disperata. E’ necessario non confonderlo con l’essere temerario ovvero con l’essere sprezzante del pericolo in modo imprudente, sconsiderato, avventato, precipitoso, privo di consapevolezza e di senso di responsabilità perché non tiene conto delle conseguenze delle azioni e non contempla una visione obiettiva delle proprie effettive capacità.

Da ciò si evince che il saper cedere, il riuscire ad arrendersi e accettare di dire no è dimostrazione di coraggio e se, quando si è osservato bene e serenamente la situazione complessiva, si decide di non affrontare la prova non ci si deve sentire dei codardi o dei falliti ma semplicemente realisti e dotati di senso di responsabilità. Essere responsabili significa che qualsiasi sia il risultato, buono o cattivo, qualsiasi cosa accade non può essere imputata  ad altri o a cause esterne, ma solo a se stessi. Purtroppo, anche se essere coraggiosi è fondamentale per vivere, non è possibile diventarlo per imposizione o per comando ma è possibile divenirlo attraverso l’osservazione di se stessi. In quanto il coraggio ha un suo pilastro nell’autostima che si fonda sulla consapevolezza che nasce dall’osservazione neutra, serena e priva di giudizi di se stessi, essenziale per auto-comprendersi e scegliere di agire o non agire in modo consapevole.

Inoltre chi vuole diventare coraggioso deve abbandonare il pensiero che le cose vanno sempre allo stesso modo e non si deve adagiare nell’abitudine e/o perdersi nella paura di rischiare, ricordando che anche al migliore prima o poi tocca la sconfitta ma che si rialza, analizza la situazione, apporta le opportune variazioni di strategia e riprende il proprio cammino.

Vero è, che il rialzarsi richiede di stringere i denti, di resistere al dolore, alla fatica ed alla disperazione. Uno sforzo impegnativo e gravoso che, chi si arrende auto-commiserandosi, mascherando la paura di rimettersi in discussione e di affrontare il nuovo, non deve compiere.

Nella società odierna l’essere coraggioso consta sempre più in manifestazioni esteriori tendenti all’apparire e/o all’avere e sempre meno all’espressione della propria unicità, che può avvenire attraverso l’assunzione di responsabilità delle proprie azioni, sostenendo e difendendo apertamente, senza reticenze le proprie opinioni anche a costo di ricavarne un danno. Si preferisce accettare e seguire le idee della massa o quanto meno non contrastarle per poi auto-commiserarsi e sentirsi vittima di un mondo ingiusto che non potrà mai cambiare.

Ma seguendo l’onda del più forte, si abbassa la testa e giorno dopo giorno si chiude l’anima fino a soffocarla dietro una finta apparenza. Così facendo si perde l’identità e la libertà. E quando si perdono queste, abbiamo perso tutto. Non si vive più, non si è più creativi, si diventa come delle barche in balia delle onde di un mare in tempesta che le travolgono. Lo ha detto chiaramente il giudice Giovanni Falcone: “Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno.

E come ha scritto lo psicologo Francesco Alberoni nel libro “Abbiate coraggio”: “E’ nei momenti in cui perdiamo, in cui tutto va male, in cui veniamo ingannati, che viene fuori la statura morale dell’individuo e chi si auto-commisera, chi non sa rialzarsi dopo una sconfitta, è destinato alla sconfitta.

Piscicelli Vincenzo fonte: http://piscicellivincenzo.myblog.it

Essere vincenti negli affari e nella vita

Nella prefazione a Il coraggio di rischiare, la cui prima edizione è stata un bestseller internazionale, Richard Branson scrive: “Non ho mai seguito le regole, ma da ogni esperienza ho sempre tratto insegnamenti di cui ho fatto tesoro, dapprima in famiglia, quando ero bambino, poi a scuola, negli anni dell’adolescenza quando ho lanciato la rivista Student, e infine nella vita adulta. Sto ancora imparando e mi auguro di non dover mai smettere di farlo”.

Che cosa ha permesso a un uomo come Branson, nato in Gran Bretagna nel 1950 da una famiglia come tante altre (il padre avvocato, la madre casalinga), di raggiungere le vette del successo? Sicuramente l’amore per la sfida, che lo ha spinto sin da bambino ad affrontare con determinazione ogni ostacolo potesse frapporsi al raggiungimento dei suoi obiettivi e che da adulto si è concretizzato in diverse imprese off-limits, per esempio il giro del mondo in mongolfiera. E poi, la capacità di guardare lontano, di cogliere le opportunità, di offrire risposte innovative a esigenze emergenti senza però trascurare i propri valori e l’etica dell’impresa.

In “Il Coraggio di Rischiare”, il racconto della sua storia di imprenditore e di uomo si sviluppa in quattordici capitoli, i cui titoli si configurano come altrettanti aforismi: “Coraggio, passa all’azione!”, “Apprezza la famiglia e gli amici”, “Rendi attraente tutto quello che fai”, “Pensa giovane”, “Fai del bene” sono alcune delle tappe in cui si snoda un percorso di vita straordinario e avvincente come un romanzo d’avventura.