Sonata per la Signora Luna – Babalibri

“Puoi chiamarmi signora Luna”.
“E non hai freddo, lassù nel cielo” chiese Hank.
“Sì” rispose la signora Luna. “È così”.

Harriet Henry è una bambina molto timida ed introversa che ama suonare il violoncello.
Una sera, dopo che i suoi genitori le propongono di suonare in un’orchestra, Harriet detta Hank, si chiude nella sua camera ed inizia a suonare.
Harriet non ama suonare davanti a una platea, non ne sopporta nemmeno l’idea. Preferisce crearsi uno spazio, tutto suo… solitario in cui suonare solo per se stessa.

All’inizio disturbata dalla presenza di un gufo, la piccola Harriet, smette di colpo di suonare.
Hank vorrebbe suonare, in pace, da sola, ma quel gufo appollaiato fuori dalla finestra disturba la sua concentrazione. Nulla può una tazzina tirata in direzione della notte scura col fine di allontanarlo.
Di lì a poco una scoperta: quella stessa tazzina ha combinato un grande disastro. La luna è stata colpita, è caduta dal cielo e si è incastrata sul comignolo della sua casa. Tocca riportarla al suo posto.

Harriet non aveva intenzione di colpire il gufo.
Voglio solamente stare da sola” pensò.
Si sedette per la terza volta e cercò di trasformare il rimorso in una nuova tazza di tè.
Prima che ci riuscisse, però, la casetta si riempì di fumo. In fretta e furia Harriet fece da sé un secchio, lo riempì d’acqua e lo rovesciò nel camino. Dopodiché corse fuori.

E fu così che Harriet, detta Hank, e la signora Luna fecero conoscenza.
Come potrà aiutare la signora Luna a ritornare lassù nel cielo?

Semplicemente da qui, tra le due, nasce un’amicizia luminosa, in un viaggio profondo, un viaggio che è percorso interiore e di crescita, una nuova amicizia fatta di piccoli gesti di aiuto e di cura…


Harriet accompagnò la luna, trasportandola su un carretto, a comprare un berretto dal cappellaio Orso, che però non volle essere pagato perché, quando era molto giovane, si era innamorato in una notte di luna piena…dopo aver scoperto che la luna amerebbe tanto fare un giro in barca, Hank trasportò il carretto fino alla sponda del lago e chiese al Tricheco, il pescatore, di noleggiare una barca. Il tricheco non si volle far pagare perché, molto tempo prima, la luna l’aveva condotto in salvo durante una tempesta.
Donarsi all’altro per aiutarlo è un modo per riconoscere dentro di noi delle potenzialità. E la piccola Hank che vediamo prima di chiudere il libro è una bimba un po’ più sicura di quello che realmente era in grado di fare e pensare.

Babalibri con Sonata per la Signora Luna ci accompagna in un’emozionante storia, di una dolce rara e preziosa poesia con cui è intriso questo racconto, che e prende vita attraverso i dialoghi di Philip C. Stead e le illustrazioni dai colori tenui e dai contorni morbidi e abbozzati di Erin E. Stead.
I colori tenui avvolgono con delicatezza Harriet e fanno da controcanto perfetto alle parole di Philip, e viceversa, perché non c’è una melodia principale e una secondaria in quest’albo, che consiglio a grandi e piccini che inseguono un sogno bellissimo, e a chiunque abbia timore della sua bellezza.

All’inizio il piccolo mondo di Harriet è racchiuso al sicuro in una stanza, le cui pareti la isolano da ciò che può far paura, dalle aspettative dei suoi genitori, all’entrare in contatto con nuove persone…
Ma perfortuna il fortunato incontro con la luna diventa un’occasione per ascoltare ed essere ascoltata, per conoscere e per lasciarsi conoscere, e per accogliere e per farsi accogliere.
Condividere la propria musica con la luna è il primo grande passo di Harriet per aprire sé stessa al mondo.

Sonata per la signora Luna è un libro delicato, poetico e sognante che pagina dopo pagina parla di timidezza, crescita, amicizia e immaginazione.
Dopo la lettura: possiamo far creare ai bambini la loro Amica luna, con l’uso creativo di materiali diversi: carta ondulata, carta crespa, carta vellutina, tempere… ognuno si diverte a darle la forma “amica” che più pensa essere la migliore 😉

ACQUISTA IL LIBRO ADESSO QUI:

Ti CERCO, ti TROVO – Anthony Browne

“Giochiamo a qualcosa?” chiese Cy
“MA a cosa possiamo giocare?” chiese Poppy

Due fratellini, Cy e Poppy, sono in cucina. La loro tristezza è tangibile per un cane, Goldie, scomparso da casa da giorni. Che si fa? Sono tristi e non sanno come passare il tempo.
Si potrebbe uscire, nel bosco e giocare a nascondino. Poppy è d’accordo. Uno, due, tre, quattro…

“Facciamo che tu vai più lontano che puoi nel bosco
e poi io ti vengo a cercare”.

Cy ha trovato una capanna di rami nella quale nascondersi, è emozionato perché questa volta sua sorella non lo troverà così facilmente, eppure per qualche ragione inizia a tremare.
Poppy e Cy giocano, ma il lettore continua ad avvertire un velo di inquietudine.


Il bosco per Antony Browne diventa sempre qualcos’altro, il posto dove i bambini sperimentano la propria solitudine, il proprio dolore o la propria disperazione. In questo albo il gioco del nascondino è doppiamente simbolico: Cy si è nascosto così bene che Poppy non riesce a trovarlo e Goldie, il loro cane, è lì fuori da qualche parte.
L’inquietudine, come sempre negli albi di questo straordinario autore, diventa la condizione necessaria per trovare una rassicurazione, la chiave con cui il doppio registro narrativo, senza sforzi, mescola conscio ed inconscio.

Ti cerco, ti trovo, di Anthony Browne che la casa editrice Camelozampa ha portato in Italia con la traduzione di Sara Saorin.
Un libro illustrato ricco, importante, che si sviluppa su livelli emozionali diversi.
Anche questa volta la lettura di uno dei libri di Browne equivale ad un’immersione totale nella storia. Riusciamo a percepire persino la brezza che si alza con il procedere della sera, il fremere delle foglie e quello di Cy che vorrebbe scomparire nel cumulo di fronde in cui si è nascosto ed insieme essere ritrovato dalla sorella a mano a mano che il tempo passa e calano le ombre e la sessione di nascondino nella sua mente infantile pare diventare infinita.


Un bosco è natura che accoglie, alberi altissimi, profumi e suoni che infondono pace. Ma si trasforma in un luogo molto diverso quando si è bambini e ci si trova lì da soli. Anthony Browne lo sa bene ed è capace, attraverso l’uso dei colori, del tratto e della prospettiva, a infondere nel lettore un’inquietudine crescente e a trasportarlo lì, nel bosco, insieme a Poppy e Cy.

Il gioco del nascondino è un gioco antico, forse il gioco simbolico più antico di tutti, quasi un rito iniziatico e tutti da piccoli eravamo entusiasti di giocarci. C’è una preda, c’è un cacciatore e c’è una tana, quella che ti salva e ti libera, e quella dove ti nascondi, ma che non ti può tenere al sicuro per sempre. Nel libro di Antony Browne, il lettore interpreta entrambe le parti – quella del cercatore e quella della preda – perché è questo che fa la letteratura, ci dà la possibilità di sperimentare e scambiare i ruoli, di attraversare i boschi, da quelli delle fiabe a quelli degli albi.

La storia si svolge al tramonto. Le ombre sono lunghe, scure, ma il cielo è terso in questa bella sera d’autunno. Pare di percepire l’aria pungente.


Il bosco, sebbene così nitido e luminoso, resta un luogo misterioso, pieno di ombre, di giochi di luce: i rami, le radici e la corteccia degli alberi sembrano o celano volti, animali, addirittura cose.
La prima lettura di questo albo ci troverà troppo presi emotivamente nel seguire le vicende dei due fratellini per accorgerci che Browne ha preparato per noi un secondo piano lettura/gioco, il lettore deve giocare a nascondino con Poppy e Cy. Cosa si nasconde nel bosco?
Antony Browne ha disseminato le pagine di oggetti da rintracciare. Allora sarà un piacere ricominciare a sfogliarlo da capo per cogliere la lista elencata a fine racconto.

Ti cerco, ti trovo, come suggerisce il titolo, si conclude con un lieto fine. Nel cambio di colori e di atmosfera, l’autore sembra quasi volerci ricordare una cosa semplice ma determinante: che il modo in cui percepiamo ciò che viviamo è spesso dettato soltanto dalla natura del nostro sguardo sul mondo.
Per questo le sue storie sono un dono, un luogo dove coltivare la speranza; bisogna avere paura, addentrarsi nel profondo di noi stessi, perdersi per ritrovarsi. Si ascolta, si valuta, si sta in attesa, si trattiene il fiato. Poi il gioco inizia.

Puoi acquistare il LIBRO QUI:

Guarda fuori – Silvia Borando

Guarda fuori, profuma di neve,
giochi e complicità.

Sta nevicando e due bambini guardano fuori dalla finestra la magia di un paesaggio innevato.
Tutto sembra essere così bianco, silenzioso e immobile… ma…
Quand’ecco arrivare qualcosa…

GUARDA LA’!

…. GUARDA DI QUA!…


E GUARDA QUA DAVANTI!…


oH!
AIUTO!


Ma che fa il gatto vuol mangiarsi l’uccellino?

Tutto sembra essere tranquillo quando si innesca una catena di eventi che vede come protagonisti dei buffi animaletti, cosa sta succedendo là fuori?
Cosa accadrà?
In questo risiede l’abilità di Silvia Borando, nello stimolare il piccolo lettore e non solo a leggere i volti dei bambini ponendosi domande, interpretando e vivendo empaticamente il racconto:

perché sono preoccupati?
perché sono sorpresi?
perché esprimono sollievo o meraviglia?
che sta succedendo fuori?

Fuori appunto.. Fuori avviene una piccola avventura. L’atmosfera è pienamente invernale e racconta la storia di due bambini che dalla finestra osservano quello che accade fuori.
Guarda. Ma bene, osserva e immagina cosa accadrà dopo. E mentre guardi, leggi con gli occhi in ogni immagine, piccoli particolari da tenere controllati, c’è qualcosa che avanza piano piano, lì nascosto.

Guarda Fuori di Silvia Borando edito da Minibombo è un albo dal formato quadrato, nel bel mezzo di un paesaggio innevato, i fatti avvengono a pagine alterne al di qua e al di là di una finestra.
All’interno della casa, due bambini osservano ciò che accade fuori, indicano a turno dove guardare, anticipano con le espressioni del volto il tono di ciò che succede oltre il vetro. Ma è solo girando la pagina, che il piccolo lettore scopre davvero cosa hanno visto e indicato i bambini, condividendo di volta in volta il loro stupore, il loro timore o il loro entusiasmo.

GUARDA QUI! Un gesto disegnato, nessuna parola e gli occhi scattano sino a seguire la traiettoria di quel braccio alzato e fuori da quel dito puntato. Veloci veloci, si cambia pagina, e la Fuori dove prima vedevano solo la neve e morbidi profili ora un passero si è posato accanto all’albero spoglio del giardino.

GUARDA LA’! Il bimbo indica con il braccio, velociiii, giriamo pagina! Tre conigli rosa si avvicinano, uno sembra salutare quelle due faccette dietro ai vetri le cui bocche ora disegnano due O. Le pagine volano.

Insomma la fuori succedono cose interessanti e buffe. Il giardino di casa si popola, in un apparentemente tranquillo giorno di fiocchi silenziosi:
un pettirosso, tre conigli rosa e ora anche un gatto arancione che spunta da un cumulo di neve e in un balzo sarebbe sul piccolo e quieto pettirosso se…

Tra la neve che cade, questi simpatici animali (dai tratti felicemente familiari a chi abbia letto altri libri di Silvia Borando) danno vita a scene ora tenere, ora (apparentemente) tragiche, ora coraggiose, ma sempre tinte di un velo di ironia che impedisce al lettore di restare impassibile. Fino al colpo di scena finale, chicca con cui Silvia Borando da sempre ci ha viziati, che spiazza, convince e fa ridere di gusto 😉

Guarda fuori, offre una lettura golosissima soprattutto se condivisa (in questi giorni di freddo, poi!).
Quel che succede, quel si dicono i bambini lo indovinano e lo interpretano; ci mettono le parole e magari poi vorrebbero pure metterci le gambe quando i due protagonisti corrono fuori per cercare di risolvere il pasticciaccio combinato da quei simpatici animaletti 😀

Un libro senza parole porta con sé infinite di storie che tutti possono raccontare, anche chi non sa leggere poiché a parlare sono solo le figure.
Questo, oltre a ridurre l’ansia da prestazione, aiuta moltissimo i bambini ad improvvisarsi narratori, inventando sempre dialoghi e storie diverse.
Un buffo e amatissimo silent book che può essere letto e interpretato in modo sempre nuovo. Infatti in pieno stile Minibombo, il libro propone figure grandi, minimali e ben definite, colori pieni, contrasti forti e inquadrature piane che rendono il libro realmente apprezzabile e fruibile anche da bambini molto piccoli. Questa assenza di parole, dal canto suo, non preclude l’accesso, anche in autonomia, a bambini più grandi.
Le immagini sono semplici, colorate e molto vicine all’immaginario dei bambini.
Il giallo e l’azzurro sono i due colori predominanti: il giallo fa da sfondo ai bambini, e rappresenta la luce e il caldo del dentro casa. Questi due piccoletti, disegnati con un tratto semplice, pulito e minimale, adatto proprio ai bambini piccoli, fanno tenerezza appena li si guarda.
Fuori il cielo è azzurro e tutto il resto è bianco, coperto da candida neve.

Lo consiglio a chiunque legga storie a dei bambini perché si presta tantissimo a renderli protagonisti attivi del racconto, soprattutto se si lascia decantare l’attesa e la suspense con le giuste pause tra una pagina e l’altra 😉
Lo consiglio anche a tutte le persone che stiano cercando un libro “che non ti aspetti”.
Infine lo consiglio perché lascia a bocca aperta e un gran bel stupore pieno di divertimento negli occhi dei bambini!

E se dopo averlo letto volessimo giocare?

Il sito della casa editrice Minibombo propone per ogni suo libro anche delle idee per far giocare i più piccoli con la storia appena letta. Quelle che riguardano questo libro le trovate QUI!

Guarda Fuori, è uno di quei libri, piccolo per piccoli ma non piccolissimi, dove troviamo bei colori, pochi e ben chiari, pagine semplici e intuitive, suspence, ricerca, ritmo, gioco, insomma tutto quello che ci fa assolutamente dire che il libro è riuscito alla grande e divertirà chi lo legge così come chi se lo sentirà raccontare e riraccontare! 😉

Buona lettura, ne vedrete delle belle! 😉
Puoi acquistare il LIBRO QUI:

 

La Felicità è liberarsi dal passato

Con il termine “passato” ci si riferisce a ciò che è trascorso nel tempo, anteriore al tempo attuale. Ma anche a ciò che ha superato un certo limite, che è andato a male o che ha superato la fase della maturità.

Le pesanti eredità del passato

La maggior parte dei nostri disagi è originata da un’insana relazione con il passato. Per la maggior parte di noi, infatti, il passato è inteso come la sostanza dell’ essere, come se ogni uomo fosse soprattutto il risultato della sua esperienza. Questa premessa conferisce al passato un potere supremo: esso infatti condiziona il presente dando origine a situazioni ed emozioni che ci allontanano dalla felicità. Vediamole qui di seguito elencate.

–         Il confronto con ciò che siamo stati: il ricordo spesso edulcora il passato, facendoci sentire perdenti rispetto a qualità che un tempo ci riconoscevamo e ora non ritroviamo più in noi.

–         La paura di sbagliare: vivere l’esperienza di oggi alla luce di quella di ieri fa aumentare il timore di commettere gli stessi errori e ci induce a ritrovare somiglianze con il passato che distolgono dalla novità di ciò che ci sta accadendo ora.

–         Il desiderio di rivalsa o di riscatto: trattare le opportunità presenti come occasioni per pareggiare i conti con le sconfitte subite in passato, porta a vivere “per reazione”, innescando una catena di automatismi che ci vincolano a filo doppio alle vecchie sofferenze.

–         I sensi di colpa: sono tra gli effetti collaterali più negativi dell’incapacità di chiudere con il passato, capaci di inquinare con la loro presenza ingombrante il benessere di oggi. – Il rimpianto: la sensazione di aver perduto occasioni importanti ci fa dimenticare che, in quel momento, non avevamo la consapevolezza necessaria per coglierne il valore, e ci porta a svalutare il presente.

–         La nostalgia: la distanza ci fa enfatizzare ciò che non c’è più e ci fa dimenticare che persino le nostre “radici” sono un’abitudine mentale; per ritrovarle non è necessario ricreare l’atmosfera del “come eravamo”, ma ci basta farle rivivere dentro di noi adesso.

–         I bilanci: altra cattiva tentazione cui il passato ci induce, nel tentativo di fare chiarezza nel “dare” e “avere” della nostra esistenza. Sperimentiamo, nell’effetto depressivo che creano, che la contabilità si addice non alla vita, ma alle cose morte.

–         I propositi: sono i figli naturali dei bilanci e sono mortiferi e inutili, i primi quanto i secondi. Sappiamo già, mentre ce li ripetiamo, che non riusciremo a esaudirli e questo ci carica di senso di inadeguatezza e di sconfitta.

–         I tentativi di recupero: le diserzioni da ruoli, responsabilità, anche svaghi che non abbiamo adempiuto fino in fondo in passato, ci spingono oggi a riempire quei vuoti con azioni compensative. Ma il tempo del recupero non esiste, e ogni esperienza vissuta fuori-tempo non è mai foriera di benessere.

–         Il rimorso: è lo strascico più bruciante del senso di colpa, che rimorde dentro eternizzando il dolore di chi non riesce o non vuole perdonarsi.

II passato è… la mente

Lasciarsi invadere dal passato, non solo da quello che è suc­cesso davvero, ma da tutti i modi in cui vorremmo correg­gerlo, è l’atteggiamento che ci predispone al malessere, alla depressione, alla rassegnazione.

Perché il pedaggio altissimo che il passato ci chiede è di vi­vere in un tempo che, di fatto, non esiste più, se non nelle proiezioni della nostra mente che ci tiranneggia distraen­doci dal presente, l’unico tempo reale.

Il passato, felice o infelice che sia, è infatti sempre fonte di malessere: se felice ci manca; se infelice, ci frustra. Questo accade perché, mentre il presente è il luogo delle emozioni, che si bruciano e si rinnovano istante per istante, senza intaccare il nucleo profondo, il passato è il regno dei pensieri, che invece si incrostano, si cristallizzano, si invi­schiano al nostro essere, fino a farci credere di esserne la so­stanza integrante.

In tal senso il passato è la mente. Più siamo legati al passato, più siamo schiavizzati dai circoli viziosi della mente.

La felicità è liberarsi dal passato

La nostra memoria è oppressa dal senso del passato. L’at­taccamento ai ricordi, a un oggetto, a una foto, a un’espe­rienza, testimonia l’aggrapparsi a ciò che è stato per evita­re di guardare da vicino la solitudine o il vuoto di senso di un’esistenza in cui non ci riconosciamo.

Frasi come: «Ascolta la voce dell’esperienza» o «Fidati di chi è più vecchio di te», poggiano sul presupposto erro­neo che la consapevolezza sia la facoltà che si accumula semplicemente vivendo giorno dopo giorno, e non, come invece accade, grazie a una particolare illuminazione o stando all’erta, in uno stato di vigilanza ininterrotta su ciò che è. Vivere il presente significa veder scomparire il tempo inteso come ostacolo: non appena si toglie di

mezzo, non ci sentiamo più schiacciati dall’onere del pas­sato e dai suoi conti sospesi.

Quello che è decisivo è la nostra presenza nelle cose: il passato che incombe è in tal senso il segnale più evidente della nostra assenza. Solo quando siamo totalmente con­segnati all’istante comprendiamo che il mondo si sta creando adesso, e noi con lui.

(tratto da “Dizionario della felicità” – Riza – Raffaele Morelli)

La Felicità è Qui
Domande e risposte sulla vita, l’amore, l’eternità

Come migliorarsi?

ottenere-meglio

Non dimenticate che il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci si trova. Se almeno una volta in vita avete ottenuto unbuon risultato, potete rifarlo ripetendo le stesse azioni mentalifisichecompiute allora. Prima dei Giochi olimpici del 1984 ho lavorato con Michael O’Brien, un nuotatore selezionato per la gara dei 1500 metri stile libero. Si era bene allenato, ma aveva la sensazione di non mettercela tutta per riuscire a spuntarla. Aveva creato dentro di sé tutta una serie di blocchi mentali che sembravano limitarlo, e considerava con timore il successo, per cui si aspettava di avere la medaglia di bronzo, al massimo quella d’argento. Non era lui il favorito, non era lui quello destinato a vincere l’oro: il favorito, George DiCarlo, aveva già battuto Michael più volte.

Ho trascorso con Michael un’ora e mezzo, aiutandolo a imitare gli stati d’animo delle sue migliori prestazioni, in altre parole a scoprire come mettersi nelle sue condizioni ideologiche più produttive, che cosa si era immaginato, che cosa aveva detto a se stesso, quali erano stati i suoi sentimenti quell’unica volta che aveva battuto George DiCarlo. Abbiamo cominciato ad analizzare le azioni da lui compiute, mentalmente e fisicamente, in occasione delle sue vittorie, ricollegando lo stato d’animo in cui si era trovato allora a uno stimolo automatico, lo sparo della pistola dello starter. E ho scoperto cosi che il giorno in cui aveva battuto Geode DiCarlo immediatamente prima della partenza aveva ascoltato Hey Lewis e i News. Per cui il giorno della Finale ha fatto esattamente lo stesso, ha compiuto le stesse azioni di quello in cui aveva vinto, ascoltando persino Hey Lewis prima della partenza. E ha battuto George DiCarlo e si è guadagnato l’oro olimpionico con un vantaggio di sei buoni secondi.

Da “Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri” – pagina 55:

Chi è Anthony Robbins

Dalla Prefazione di Kenneth Blanchard (coautore di One Minute Manager)

Quando Tony Robbins mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo suo libro ne sono stato molto lieto per tutta una serie di ragioni. In primo luogo perché ritengo Tony un giovane che ha dell’incredibile. Il nostro primo incontro ha avuto luogo nel gennaio 1985, a Palm Springs dove mi trovavo per partecipare a un torneo di golf, il Bob Hope Desert Classic Pro-Am Tournament. Avevo appena concluso un’ora felice di chiacchiere al Ranch Las Palmas Marriott, dove tutti facevano a chi le sparava più grosse. Mentre andavo a cena con un australiano mio amico, Keith Punch, passai davanti a un cartellone che annunciava un Seminario di Pirobazia di Tony Robbins. LIBERATE IL POTERE DENTRO DI VOI, vi si leggeva. Avevo sentito parlare di Tony e la mia curiosità ne fu pungolata. Siccome Keith e io avevamo già bevuto un bicchiere e non volevamo correre rischi, decidemmo che sui carboni accesi non potevamo camminare, ma che valeva comunque la pena di assistere al seminario.

Durante le successive quattro ore e mezzo ho visto Tony ipnotizzare una vasta folla composta di uomini d’affari, casalinghe, medici, avvocati e simili. E dicendo “ipnotizzare” non mi ferisco certo a una qualche magia nera. Semplicemente, Tony teneva desta l’attenzione di tutti con il suo carisma, il suo fascino, la sua profonda conoscenza del comportamento umano, ed è stato il più esaltante e divertente seminario al quale ho assistito in vent’anni di partecipazione attiva a corsi di specializzazione per manager. Alla fine tutti, salvo noi due, hanno percorso un letto lungo cinque metri di carboni accesi che avevano continuato ad ardere tutta la sera. E tutti senza riportarne il minimo danno. Tony si serve della pirobazia come di unametafora. Non insegna capacità mistiche, ma piuttosto un insieme distrumenti pratici tali da rendere l’individuo capace di iniziative concrete nonostante eventuali paure

comemigliorarepropriostato Sprigiona il potere che è in te   Anthony Robbins accettazione

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dal 24 al 27 Giugno 2010
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Transurfing: Soluzioni semplici di problemi complessi

Può trattarsi di una situazione esistenziale complessa, di un conflitto, di una circostanza sfavorevole, di una difficoltà, o di un problema.
Per ogni problema difficile esistono soluzioni facili.La chiave per la risoluzione sta sempre in superficie, si tratta solo di vederla. Ma il pendolo, che ha creato il problema, ostacola la visione. Il pendolo distruttivo si prefigge lo scopo di ottenere la vostra energia. Per fare ciò deve fissare la frequenza di emissione dei vostri pensieri sul problema. Riesce benissimo a farlo convincendovi del fatto che il problema è complesso. Se voi avete accettato queste regole del gioco, vi si può tranquillamente prendere per mano e condurvi in un intricato labirinto. E solo dopo arriverete a comprendere che ” il cofanetto si apriva senza sforzo”.

Se si riesce a spaventare una persona, a farla preoccupare, coinvolgerla o far leva sui suoi complessi, essa confonderà col fatto che il problema è difficile e si fa prendere all’amo. Ma si può anche non spaventarla. E’ già una opinione che non si siano semplici soluzioni per la maggior parte dei problemi. Ciascuno di noi, nell’arco della sua vita, si scontra continuamente con varie difficoltà, specialmente se sono cose nuove, non conosciute. Alla fine tutti hanno l’abitudine ben radicata di affrontare i problemi con timore e a volte con vera e propria paura. Per di più l’uomo dubita sempre delle proprie capacità di misurarsi con le difficoltà. Risulta così che la tendenza ad accogliere con timore i problemi si trasformi nel filo che guida la marionetta.
[..]
Come fare per non farsi accalappiare dal pendolo? Basta non immergersi nel problema, non farsi coinvolgere nel gioco del pendolo. Datevi in affitto. Agite come si fa di solito in questi casi ma non come partecipanti al gioco ma bensì come osservatori esterni. Imparate a guardare la situazione in modo distaccato. Ricordate che vogliono prendervi per mano e portarvi in un labirinto. Non fatevi nè spaventare preoccupare dal problema. Ricordate innanzi tutto che esiste sempre una soluzione molto semplice, non accettate la difficoltà che vi viene imposta.

Se vi scontrate con un problema o un ostacolo, cercate di capire qual’è il vostro rapporto con esso. Il problema può generare turbamento, paura, indignazione, sconforto e così via. Ma bisogna cambiare il modo solito di rapportarsi alla difficoltà insorta, reagendo esattamento all’opposto; in questo modo il problema si elimina da solo o si risolve in modo veloce e facile. A dispetto degli stereotipi o delle consuetudini diffuse, imparate ad affrontare il problema non come un’ostacolo che dev’essere superato, ma come un tratto di percorso che dovete oltrepassare.

Tratto da Reality Transurfing – Lo Spazio delle Varianti – Vol 1 di Vadim Zeland


lo spazio delle varianti reality transurfing 26544 La pace comincia da noi  accettazione

Un modo nuovo di pensare ed operare…
… per ottenere la realizzazione dei tuoi desideri!

Il Transurfing è una tecnica potente che fornisce gli strumenti necessari
per gestire il tuo destino a tuo piacimento. Nessun miracolo, però.
Ti aspetta qualcosa di ben altra entità. Ti convincerai che la realtà ignota
è molto più stupefacente di qualsivoglia magia…

Il transurfer è colui che scivola senza sforzo tra le onde del quotidiano
e cavalca la vita con leggerezza, senza sprofondarvi dentro.

Ciò che rende interessante il Transurfing è la facilità con cui si può usare:
una volta avviato potrai renderti conto di ogni passo del cammino…

Libero da legami di dipendenza e consapevole di ogni cosa che fa,
il transurfer non attribuisce mai troppa importanza agli eventi,
che in questo modo perdono la loro connotazione positiva o negativa
e non hanno più il potere di influire sulla sua esistenza.

Attento a non disperdere la propria energia lottando inutilmente
contro i pendoli (strutture mentali vincolanti che si rafforzano
in modo proporzionale alla risonanza che le persone danno loro)
il transurfer preferisce essere spettatore attivo invece che attore,
assumendo in questo modo una prospettiva più distante, rilassata e obiettiva.

Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri

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Non dimenticate che il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci si trova. Se almeno una volta in vita avete ottenuto un buon risultato, potete rifarlo ripetendo le stesse azioni mentali e fisiche compiute allora. Prima dei Giochi olimpici del 1984 ho lavorato con Michael O’Brien, un nuotatore selezionato per la gara dei 1500 metri stile libero. Si era bene allenato, ma aveva la sensazione di non mettercela tutta per riuscire a spuntarla. Aveva creato dentro di sé tutta una serie di blocchi mentali che sembravano limitarlo, e considerava con timore il successo, per cui si aspettava di avere la medaglia di bronzo, al massimo quella d’argento. Non era lui il favorito, non era lui quello destinato a vincere l’oro: il favorito, George DiCarlo, aveva già battuto Michael più volte.

Ho trascorso con Michael un’ora e mezzo, aiutandolo a imitare gli stati d’animo delle sue migliori prestazioni, in altre parole a scoprire come mettersi nelle sue condizioni ideologiche più produttive, che cosa si era immaginato, che cosa aveva detto a se stesso, quali erano stati i suoi sentimenti quell’unica volta che aveva battuto George DiCarlo. Abbiamo cominciato ad analizzare le azioni da lui compiute, mentalmente e fisicamente, in occasione delle sue vittorie, ricollegando lo stato d’animo in cui si era trovato allora a uno stimolo automatico, lo sparo della pistola dello starter. E ho scoperto cosi che il giorno in cui aveva battuto Geode DiCarlo immediatamente prima della partenza aveva ascoltato Hey Lewis e i News. Per cui il giorno della Finale ha fatto esattamente lo stesso, ha compiuto le stesse azioni di quello in cui aveva vinto, ascoltando persino Hey Lewis prima della partenza. E ha battuto George DiCarlo e si è guadagnato l’oro olimpionico con un vantaggio di sei buoni secondi.

Da “Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri” – pagina 55:

Chi è Anthony Robbins

Dalla Prefazione di Kenneth Blanchard (coautore di One Minute Manager)

Quando Tony Robbins mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo suo libro ne sono stato molto lieto per tutta una serie di ragioni. In primo luogo perché ritengo Tony un giovane che ha dell’incredibile. Il nostro primo incontro ha avuto luogo nel gennaio 1985, a Palm Springs dove mi trovavo per partecipare a un torneo di golf, il Bob Hope Desert Classic Pro-Am Tournament. Avevo appena concluso un’ora felice di chiacchiere al Ranch Las Palmas Marriott, dove tutti facevano a chi le sparava più grosse. Mentre andavo a cena con un australiano mio amico, Keith Punch, passai davanti a un cartellone che annunciava un Seminario di Pirobazia di Tony Robbins. LIBERATE IL POTERE DENTRO DI VOI, vi si leggeva. Avevo sentito parlare di Tony e la mia curiosità ne fu pungolata. Siccome Keith e io avevamo già bevuto un bicchiere e non volevamo correre rischi, decidemmo che sui carboni accesi non potevamo camminare, ma che valeva comunque la pena di assistere al seminario.

Durante le successive quattro ore e mezzo ho visto Tony ipnotizzare una vasta folla composta di uomini d’affari, casalinghe, medici, avvocati e simili. E dicendo “ipnotizzare” non mi ferisco certo a una qualche magia nera. Semplicemente, Tony teneva desta l’attenzione di tutti con il suo carisma, il suo fascino, la sua profonda conoscenza del comportamento umano, ed è stato il più esaltante e divertente seminario al quale ho assistito in vent’anni di partecipazione attiva a corsi di specializzazione per manager. Alla fine tutti, salvo noi due, hanno percorso un letto lungo cinque metri di carboni accesi che avevano continuato ad ardere tutta la sera. E tutti senza riportarne il minimo danno. Tony si serve della pirobazia come di una metafora. Non insegna capacità mistiche, ma piuttosto un insieme di strumenti pratici tali da rendere l’individuo capace di iniziative concrete nonostante eventuali paure

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Perdere…ma senza perdersi

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Perdite e distacchi sono esperienze comuni, fanno parte della nostra vita e fanno male, al punto che spesso reagiamo un po’… come le lucertole: se una parte soffre, la tagliamo via. Distaccandoci da noi stessi e dagli altri. Ma esiste un altro modo.

Quale esistenza non vive piccole e grandi perdite, piccoli e grandi distacchi? Da persone amate, da oggetti cari, dal proprio lavoro, ma anche dal paese di nascita, dalla casa a cui eravamo affezionati… sono eventi abbastanza comuni. E c’è di più: il distacco non è solo perdere qualcuno o qualcosa, è anche perdere un proprio modo di essere. L’esperienza del crescere, ma anche quella d’invecchiare: il corpo che si trasforma… non è forse un distacco da un modo d’essere, da un’immagine di sé?

Sono emozioni ed esperienze comuni a tutti noi che ci riportano al più vasto tema del cambiamento, della trasformazione che è poi il tema della vita: luoghi, relazioni, rapporti, ruoli sociali mutano, come cambiamo noi stessi insieme al nostro corpo e al nostro modo di pensare, di percepire, di sentire. La vita è tutta sostanzialmente un processo di cambiamento, un percorso del divenire, un aggiustamento consapevole di come siamo fatti: creare armonia dentro di sé, sintesi nella definizione di Roberto Assagioli, psichiatra e fondatore della psicosintesi. E questo cambiamento comporta tanto la speranza della trasformazione quanto il timore della  perdita.
Dobbiamo allora evitare i distacchi? Impossibile. Neutralizzarli in modo da anestetizzarci e non sentire più nulla, né nell’animo né nel corpo? Oppure ancora cristallizzarci, immobilizzarci nella sofferenza, solo per il fatto che la continuità, persino se dolorosa, ci dà un senso d’identità?

La psicosintesi propone esattamente il contrario: nessuna anestesia, nessuna chiusura ai sentimenti, tanto meno a quelli pesanti. Queste emozioni purtroppo non sono rare, ma sono emozioni da condividere: solo così, pur essendo dolorose, non sono distruttive. Non è il dolore che ci distrugge dentro, ma l’isolamento, la chiusura.

Il dolore allora si può, si deve condividere e prima di tutto con noi stessi: come? Semplicemente permettendoci di provarlo. Fermiamoci, concediamoci tempo, lasciamolo parlare questo nostro dolore… e se le parole si esprimeranno in pianto, ascoltiamolo ma facciamolo con affetto: questo di oggi forse richiamerà lacrime più antiche che non ci eravamo permessi di provare, alle quali non avevamo concesso sfogo, espressione perché non potevamo concedercela. “Simile a pianta che non ha più fiori, ormai tronco, posso contorcermi. Salice piangente.” E’ il sentimento doloroso di una poetessa giapponese del ‘600, scritto dopo la scomparsa di tutti i suoi familiari… ma lei ha potuto permetterselo, ha potuto contorcersi, sostare nel suo dolore! Il dolore espresso, anche poeticamente, non distrugge, non lacera.

Scrivere, parlare, raccontare… raccontarsi agli altri: a qualcuno che ci ascolti, che ci stringa una mano, che ci accompagni nella sofferenza, che condivida i nostri sentimenti. E’ la chiusura, il non parlare a scavare un abisso tra sé e se stessi, tra sé e l’Altro, per il credente tra sé e Dio o qualsiasi forma di trascendenza. Parlare, al contrario, fa rientrare nel relativo. E quello che era un dolore assoluto, che c’invadeva totalmente, diventa relativo proprio perché, raccontandoci all’Altro, entrando in relazione scopriamo che accanto all’emozione dolorosa c’è il conforto, la simpatia, la tenerezza, l’empatia, la comprensione, la commozione. E con la commozione riemerge il ricordo delle persone amate, dei momenti belli. L’animo si solleva, si eleva.
Per Assagioli come per Buber noi siamo esseri di relazione, non siamo esseri soli: non esiste l’io se non esiste il tu. Solo se siamo in relazione siamo noi stessi, siamo sulla strada dell’essere umano, siamo nella direzione del cuore: quell’intenzione profonda, quella consapevolezza nel vivere per cui ogni azione, ogni gesto, ogni incontro, ogni cosa che ci circonda racchiude e imprigiona in sé preziose scintille che noi siamo in grado di liberare.

di Anna Condemi
Tratto da una conferenza del Dott. Enzo Liguori, direttore del Centro di Milano dell’Istituto di Psicosintesi –

fonte: http://www.lifegate.it

Un aiuto per grandi e piccini

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Numerosi sono i distacchi che si devono affrontare nelle diverse fasi della vita.
C’è il bambino che non vuole partire per la settimana di campeggio estivo, quello che viene preso da crisi di pianto ogni volta che il papà deve allontanarsi per lavoro, o, ancora, quello che deve andare in ospedale…

Ma il problema del distacco è un problema che anche i grandi sentono e a volte non riescono ad affrontare.
Fermiamoci, allora, e leggiamo una fiaba…

L’utilizzo della fiaba favorisce lo sviluppo psico-affettivo ed aiuta ad elaborare le sofferenze psichiche che oggi sono forse più laceranti, o semplicemente più visibili, di un tempo.
I piccoli e i grandi lettori, sia quelli più “fragili” che quelli già “forti”, potranno identificarsi nei vari personaggi e, ritrovando le parti nascoste di sé, potranno recuperare l’energia necessaria a proseguire il cammino.

Ogni fiaba si presenta con una veste di facile accessibilità e di immediatezza emotiva per ogni lettore, specialista o no, ed è anticipata e seguita da un’analisi dettagliata che porta la fiaba stessa ad essere utile nella vita di ciascuno, diventando uno strumento di riflessione e di riconoscimento “nella storia” della propria storia, che non è altro che parte della storia dell’umanità.

Per grandi e piccini, per genitori e insegnanti, per psicologi ed educatori, per ogni persona che crede nell’importanza della comunicazione emotiva, prima ancora che in quella cognitiva e razionale: solo attraverso il cuore si può raggiungere la mente.

Il testo è corredato da illustrazioni della pittrice Lia Foggetti e da un’appendice relativa al burn-out di chi “si prende cura”.

Cos’è l’ansia?

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L’ansia, la cui etimologia latina richiama concetti quali il sentirsi soffocare, stretti, è connotata da varie sensazioni per lo più spiacevoli fra cui il timore, la paura, l’apprensione, la preoccupazione, la sensazione che le cose possano sfuggire di mano, il bisogno di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, la frustrazione e la disperazione.

Tuttavia l’ansia è un’emozione naturale e universale; è generata da un meccanismo psicologico di risposta allo stress, il quale svolge la funzione di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima ancora che quest’ultimo sia chiaramente sopraggiunto, mettendo in moto specifiche risposte fisiologiche che spingono da un lato all’esplorazione per identificare il pericolo ed affrontarlo nella maniera più adeguata e, dall’altro, all’evitamento e alla eventuale fuga. Questa caratteristica di interesse ed evitamento nei confronti di un possibile pericolo si ritrova soltanto negli uomini e negli animali superiori e favorisce la conoscenza del mondo circostante e un migliore adattamento ad esso.

È per questo motivo che tutti noi abbiamo provato e proviamo ansia e, allo stesso tempo, siamo capaci di comprendere facilmente l’ansia degli altri e di immedesimarci nel loro stato d’animo. L’ansia è insomma un’emozione fondamentale e del tutto spontanea, che ha la funzione di proteggerci dalle minacce esterne preparandoci all’azione e contemporaneamente motivandoci all’interazione con il mondo circostante.

L’ansia ha altre funzioni fondamentali oltre a quella sopraccitata; essa ci consente di impegnarci nei compiti che svolgiamo quotidianamente, in particolar modo in quelle attività che non svolgiamo con interesse ma che dobbiamo portare a termine. Studiare per un esame poco interessante, per esempio, diverrebbe pressoché impossibile se non vi fosse una spinta sottostante di ansia da prestazione. Anche svolgere il proprio lavoro quotidianamente con impegno non sarebbe sempre possibile senza la pressione dell’ansia. Allo stesso modo, anche un’azione apparentemente banale come quella di uscire di casa in tempo per prendere l’autobus o il treno fallirebbe miseramente se fosse esente da ansia.

Questi tipi di ansia sono costruttivi, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza. Fungono da intermediario tra il mondo esterno e il nostro mondo psichico interno, rendendoci capaci di far fronte ai problemi della vita e di adoperarci per migliorare il nostro adattamento all’ambiente. Sono dunque fattori di crescita e sviluppo della personalità che forniscono stimoli e motivazione all’accrescimento.
ESERCIZI EFFICACI PER ALLEVIARE L’ANSIA

Al di là della terapia farmacologica e della psicoterapia, la cui efficacia è stata dimostrata, esistono molti rimedi più semplici che chiunque può praticare a casa propria. Tra questi le tecniche di rilassamento, che richiedono uno sforzo limitato e possono essere utilizzate in qualsiasi momento. Queste tecniche rappresentano una risposta naturale e fisiologica allo stress; possono verificarsi anche quando non si è coscienti di queste reazioni del nostro corpo. Il rilassamento viene definito come uno stato psicofisico nel quale l’individuo si sente sollevato dalla tensione. Raggiungere uno stato di rilassamento significa quindi essere in grado di controllare il livello di attivazione fisiologica, in modo tale da creare i presupposti per liberarsi dalla tensione.

Quando lo stress e l’ansia condizionano il normale funzionamento dell’organismo il rilassamento può essere utile al fine di ristabilire l’equilibrio. In oriente le tecniche di rilassamento sono conosciute e seguite da secoli: i maestri di yoga le praticavano come un aspetto fondamentale della loro disciplina; in occidente invece l’interesse per queste tecniche è stato scarso fino agli ultimi decenni, quando si è iniziato a considerare l’organismo come un sistema complesso costituito dall’interazione tra mente e corpo. Un contributo fondamentale allo studio del rilassamento e alla sua pratica terapeutica fu apportato dal professor J. H. Schultz, il quale sviluppò un metodo chiamato training autogeno. Si tratta di uno stato di leggero trance autoindotto attraverso tecniche di autosuggestione, il quale porta ad uno stato di rilassamento fisico e mentale.

Dopo gli studi di Schultz, molti psicologi e medici hanno cominciato ad usare le tecniche di rilassamento in aggiunta alle terapie di tipo convenzionale. Grazie al crescente interesse per questo campo di studi oggi sappiamo che tecniche diverse possono essere adattate a diversi tipi di personalità. Le tecniche proposte in questa sezione vanno intese come un semplice esercizio di rilassamento da poter utilizzare comodamente a casa propria quando si ha un po’ di tempo da dedicare a sé stessi.

Chiunque può eseguire questi semplici esercizi e trarne beneficio, non c’è alcuna controindicazione o pericolo.
Prima di iniziare con gli esercizi è necessaria una fase di preparazione per predisporre corpo e mente al rilassamento:

Indossa abiti comodi e leva le scarpe prima di iniziare l’allenamento;
Puoi sedere su una poltroncina, su un divano, su una sdraio o sdraiarti sul letto, avendo l’accortezza di verificare che nessuna parte del corpo sia in tensione;
Sistemati in una posizione comoda, non importa se sdraiato o seduto;
L’importante è sentirti comodo;
Può essere utile passare qualche minuto sprofondando sempre di più nella poltrona;
Se sei seduto appoggia le mani sulle gambe o sui braccioli;
Se sei sdraiato metti le braccia lungo i fianchi.
Le tecniche risultano più efficaci se praticate ad occhi chiusi.

ESERCIZIO : Respirazione controllata
• Chiudi gli occhi;
• Fai un respiro profondo, contando mentalmente e lentamente fino a tre;
• Spingi l’aria inspirata verso la pancia, e via via sempre più su fino a riempire completamente i polmoni;
• Trattieni il respiro per circa tre secondi;
• Non avere fretta, prenditi il tuo tempo;
• Espira lentamente contando fino a cinque;
• Non forzare eccessivamente il respiro, ma mantienilo fluido e regolare;
• Ripeti l’operazione;
• Concentra l’attenzione su quel punto della pancia che si alza e seguilo su fino al torace;
• Utilizza il naso per inspirare, la bocca per espirare;
• Mentre espiri cerca di liberare la mente da problemi e preoccupazioni;
• Fai scorrere via i pensieri insieme all’aria che esce dal tuo corpo;
• Mantieniti calmo e rilassato;
• Concentrati sulla respirazione e prova a ripetere l’esercizio per dieci minuti;
• Se ti concentri sulle fasi della respirazione non verrai assalito da pensieri spiacevoli.

Esercitati per pochi giorni e presto scoprirai come sia facile raggiungere uno stato di rilassamento.

fonte: http://www.nienteansia.it/


Maurizio Morelli

Respirazione Yoga contro L’ Ansia e lo Stress – DVD

Dallo yoga l’aiuto più efficace e naturale

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Quando attraversiamo un periodo prolungato di ansia e di stress, un profondo disagio pervade ogni ambito della nostra vita e, facilmente, ci sentiamo senza via d’uscita. Fortunatamente non è così.

La respirazione yoga, che agisce contemporaneamente sul corpo e sulla mente, ci offre l’opportunità di operare in noi profonde trasformazioni.

Tutti gli esercizi presentati in questo DVD, semplici ed eseguibili anche da chi non ha familiarità con lo yoga, ci aiutano sia a rilassarci sia a potenziare e a utilizzare al meglio l’energia vitale, creando le condizioni indispensabili per rinnovare la nostra esistenza.