Un naso rosso per Carmelo

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“Un naso rosso per Carmelo Come un bambino duramente provato dalla malattia e dalla sofferenza riscoprì la gioia di vivere e di sorridere. “

Infermiera! Infermiera! Dove sei stata? Ho molto male!”
“Su, perché adesso non ti calmi un po’, mio piccolo amico?”
“No, non mi calmo” E non sono affatto tuo amico!”
Carmelo era furibondo. Era sempre furibondo e ne aveva tutte le ragioni. Nato a Manhattan da genitori portoricani, all’età di tre anni era stato colpito da una seria disfunzione renale. Poi un polmone aveva cessato di funzionargli e da quel momento gli attacchi di polmonite si erano susseguiti con regolarità. A cinque anni, Carmelo era stato sottoposto a una terapia contro l’ipertensione. A sei, aveva avuto un colpo apoplettico. A otto, era diventato epilettico e si era
gravemente ammalato di cuore. Aveva nove anni quando, dopo il divorzio dei genitori, era stato affidato alla madre, una cocainomane. A dieci anni, Carmelo aveva subito il trapianto di un rene supplementare, ma il suo organismo lo aveva rigettato, ed era stato necessario toglierglielo. Due anni dopo, nel tentativo di controllare l’ipertensione in continuo peggioramento, i chirurghi avevano asportato i reni del bambino, comunque non funzionanti. A 14 anni, Carmelo era alto solo un metro e nove centimetri, pesava 18 chili e mezzo e sembrava un bambino di cinque anni. La rabbia era la sua difesa.

“Ciao” disse il clown.”Sono il dottor Mozziconi. Posso entrare?”
“Vattene via!” rispose Carmelo con Rabbia. Pallido come un cadavere, giaceva in un letto d’ospedale, in una stanza spoglia e tetra. Sondini trasparenti correvano dalla minuscola gamba del bambino a un’apparecchiatura che emetteva un ronzio continuo mentre purificava il suo sangue.
Carmelo odiava la dialisi.
Sollevando il capo, urlò: “Ti ho detto di andartene!” Obbediente, il dottor Mozziconi se ne andò con la sua andatura goffa e dondolante…

Sotto il trucco da clown c’era un uomo che aveva imparato a ridere alla scuola del dolore. Figlio illegittimo, Michael Christensen era stato allevato da una madre alcolista che riusciva a sopravvivere grazie al sussidio di disoccupazione, si era sposata quattro volte ed era morta a 55 anni. A dieci anni, Michael aveva cominciato a rubare nei negozi e a forzare automobili. Un giudice del tribunale minorile era riuscito, incutendogli un bel po’ di paura, a riportarlo sulla retta via.
All’università, Michael aveva scoperto il teatro.
Ma il vecchio trauma era profondamente sepolto nel suo cuore. Nel 1985 suo fratello era morto di cancro. Michael, che lo idolatrava, era piombato in un grave stato depressivo. Straziato dal dolore, era entrato in una chiesa vuota,
In un grave stato depressivo. Straziato dal dolore, era entrato in una chiesa vuota, era caduto in ginocchio davanti all’altare e aveva pianto. “Cosa vuoi che faccia?” aveva chiesto. Gli era sembrato di sentirsi rispondere che avrebbe dovuto dedicare la propria vita a qualcosa di più grande di lui.
Nel 1986 il Babies Hospital di New York aveva chiesto al clown Michael di far visita ad un reparto pediatrico. Quando vide quei visetti, poco prima impauriti, illuminarsi di gioia,il giovane attore aveva capito che cosa avrebbe dovuto fare. L’Unità di Soccorso dei Clown del Big Apple Circus aveva subito riscosso un enorme successo. Aiutato da offerte e donazioni, Michael era riuscito a mettere insieme un’allegra brigata di clown. Ora i 25 attori che compongono l’Unità di Soccorso trascorrono in media tre giorni la settimana in otto ospedali di New York. In una settimana, i clown
fanno visita a circa 800 bambini. (ndr. ricordate sempre: marzo 1991). In alcuni reparti, molti dei bambini non lasceranno l’ospedale vivi.

Pur essendo sistematicamente cacciato via da Carmelo, Michael continuò ad andarlo a trovare due volte la settimana per due mesi. Nei panni del dottor Mozziconi, Michael faceva giochi di prestigio, bolle di sapone, cantava simpatiche canzoncine. Carmelo lo ignorava o gli diceva di andarsene. Ricordando la propria infanzia piena di disperazione, Michael si identificava sempre più con quel piccolo invalido combattivo. A poco a poco, però, il bambino finì per rimanere affascinato da quella banda di clown dalle orecchie di giraffa che portavano biancheria intima a mò di cappello, e usavano stetoscopi con rane giocattolo al posto della capsula metallica per auscultare. Ogni volta
che starnutivano volavano innumerevoli stelle filanti, e spesso si cimentavano in divertenti trapianti di ossa. Dicevano cose senza senso (“quanti anni hai, sei? Quando avevo la tua età, io ne avevo sette”) e raccontavano divertenti indovinelli. Ricavavano flauti dalle siringhe, cornamuse dai guanti di gomma opportunamente gonfiati, “tube a ossigeno” da tubi per l’ossigeno, tamburi dalle padelle e poi facevano la serenata a tutti i presenti.

Un giorno uno dei prestigiatori del gruppo, il dottor Dottore, coinvolse Carmelo nel suo numero.
Chiamò un’infermiera e disse: “Questo ragazzo sa leggere nel pensiero!” Per dimostrarlo, il dottor dottore la “costrinse”, grazie alla destrezza con cui maneggiava le carte, a scegliere una carta che aveva precedentemente mostrato a Carmelo. Con gli occhi che gli brillavano per l’emozione, il bambino finse di riflettere; poi, trionfante, disse di quale carta si trattava. L’infermiera rimase senza fiato. Era nata una stella. Ogni volta che ripeteva il numero, Carmelo trovava il modo di arricchire il suo ruolo.

“Sei davvero un attore di talento,Carmelo!” disse il dottor Dottore
“Si,lo so! Dopotutto, fingere è ciò che faccio ogni giorno!”. Come in un piccolo vulcano, la rabbiosa voglia di vivere di Carmelo, tanto a lungo repressa, esplose in una colata di parole che continuarono a scorrere per 45 minuti. Nel corso di una visita successiva all’ospedale, il dottor Dottore lanciò un’idea a Carmelo. “Sai” disse “di farebbe comodo un attore di talento come te nell’Unità di Soccorso dei Clown”
“Ti daremo un dollaro al giorno, per cominciare” disse Michael.
Carmelo prontamente replicò: “Ma sarò un clown molto bravo. Dovreste darmi tre dollari al giorno”
Si accordarono per due.
La volta dopo, quando arrivò in ospedale, il dottor Mozziconi trovò Carmelo che lo aspettava impaziente.
“Dai, Michael, truccami! Voglio che mi trucchi proprio come te!”
Il dottor Mozziconi non si fece pregare, e truccò Carmelo.
A testa alta, con gli occhi luminosi, il bambino sedeva sulla sedia a rotelle come un re sul trono.
Provava un’autentica venerazione per Michael, e lo chiamava “colui a cui voglio più bene”.
Aiutandosi con un tampone, il dottor Mozziconi passò un pò di lattice liquido su un grosso naso di gomma e poi lo attaccò al naso di Carmelo.
Una volta truccato, Carmelo si guardò in uno specchietto tascabile.
“Ooooh”disse volgendo lo sguardo verso Michael “sono proprio come te, solo più piccolo. Questo vuol dire che allora sei tu mio papà?”
Michael: “E’ pronto, dottor Tormento?” E Carmelo: “Prontissimo!” Si avviarono lungo il corridoio, il pagliaccio grande spingendo il pagliaccio piccolo sulla sedia a rotelle. Si formò un folto gruppo di piccoli pazienti sorridenti, molti dei quali affetto da cancro. “Ehi, Carmelo, facci divertire!”
Carmelo era raggiante.
“Eh, tu!” disse ad un ragazzino di 12 anni dalla magrezza impressionante, facendogli segno di avvicinarsi. “Sono il dottor Hector. Ti farò un esame della vista. Vedi questo pesce?” chiese, mostrando un pesce di plastica di almeno 30 centimetri.
“Vieni più vicino. Lo vedi, ora?” Il ragazzo fece un cenno di assenso col capo. “Vieni viciniccimissimissimo.”
Quando il ragazzo arrivò a circa 30 centimetri, Carmelo schiacciò il pesce, schizzando acqua sul viso del ragazzo. Il pubblico rispose con un boato d’ilarità La salute di Carmelo migliorò di pari passo con il suo umore, e il 1989 fu l’anno più felice, anche dal punto di vista fisico, della sua vita. Si ammalò poche volte, e il suo organismo divenne mano a
mano più robusto. Nell’estate di quell’anno, imparò a correre e acquistò tre chili. Per la prima volta la sua pelle assunse un colorito roseo. Era tornato a casa per vivere con il padre, che aveva ottenuto la custodia del ragazzo e pensava di risposarsi.
Ma alla fine di gennaio 1990 la fortuna abbandonò Carmelo. Fu colpito da setticemia, e la sua fistola un collegamento dialitico che gli era stato innestato chirurgicamente nella coscia sinistra si infettò. Estremamente indebolito, fu colto da un attacco di polmonite e trasportato d’urgenza al Babies Hospital. La fistola fu asportata e gli venne temporaneamente inserito un catetere nel collo. Ma la ferita sulla gamba guariva molto lentamente, e la setticemia resisteva al trattamento. Ciononostante, Carmelo non voleva rinunciare a esibirsi nelle corsie con i clown, aggrappandosi al sogno di una vita migliore.
“Ci sono talmente tante cose che voglio fare!” disse a Michael “Conosco già l’alfabeto. So scrivere il mio nome. Ora voglio imparare a leggere. Voglio scrivere un libro su cosa vuol dire essere un clown. Voglio andare alla televisione e raccontare a tutti quello che provo.” A metà aprile, senza che vi fossero segni premonitori, Carmelo manifestò delle disfunzioni epatiche. Le sue condizioni peggioravano di ora in ora. Cercammo di fargli mangiare qualcosa, ma la testa gli cadde nel piatto.
Ben presto cominciò a oscillare tra il delirio e uno stato semicomatoso. Perdeva i capelli a ciocche e la pelle aveva assunto un colore grigioverde. Fu colpito un’altra volta da setticemia. Gli esiti degli esami indicarono che la causa era il cuore, e in maggio gli specialisti furono concordi: l’unica speranza era un’operazione a cuore aperto.
Carmelo prese la notizia in modo tranquillo. “I medici sanno quello che fanno” disse. Poi, aggrottando le sopracciglia, aggiunse: “Spero solo che si ricordino di rimettere il cuore al suo posto”.

Prima dell’operazione guardò i cartoni animati alla televisione, e alle 8,30 vennero a prenderlo per portarlo in sala operatoria. Seduto con le gambe incrociate, attraversò il reparto come un lord sulla portantina. Le infermiere erano schierate lungo il corridoio.
“Ci vediamo dopo, Carmelo!” augurarono.
Lui fece un senso d’assenso, ma non disse nulla.
Mentre aspettava fuori della sala operatoria, si rinchiuse in se stesso e rimase seduto in silenzio per diversi minuti, come in meditazione, come se stesse raccogliendo tutte le sue forze per quello che lo aspettava. Il suo volto si rasserenò. Quel corpicino fragile pareva aver accumulato energia. Quando Michael arrivò, Carmelo era appena uscito dalla sala operatoria. Mimì, la matrigna di Carmelo, gli corse incontro .”Qualcosa lo protegge” disse a Michael” Una volta che stava male mi confidò. “Ringrazio Dio per quello che ho. Potrei essere morto. Qualunque cosa mi accada, sarà
dettata dalla volontà del Signore. C’è un messaggio in quello che ho patito.”
Michael entrò nella sala di rianimazione. Carmelo era disteso sulla schiena, privo di sensi, e aveva il respiro pesante. Una benda gli attraversava il petto, diversi fili si incrociavano sul suo corpo e aveva una cannula per l’ossigeno infilata in una narice. Michael si chinò e parlò dolcemente all’orecchio del bambino: “Carmelo, sono il dottor Mozziconi. L’operazione è pienamente riuscita. Ti rimetterai presto, vedrai. Tornerò a trovarti. Ricorda che, quando sarai pronto,troverai un naso rosso ad aspettarti.”

Benchè Carmelo avesse lottato duramente, uno alla volta i suoi organi vitali cessarono di funzionale. La mattina del 15 luglio 1990 il bambino chiesea un’infermiera di fargli il bagno, passargli una pomata sulle piaghe da decubito e vestirlo con il suo abito preferito. Poco dopo mezzogiorno chiuse gli occhi, e pochi istanti dopo cessò di vivere.
Negli anni Settanta, Michael aveva girato l’Europa, esibendosi per le strade come clown, poi aveva aiutato l’amico Paul Binder a creare a New York The Big Apple Circus, i dottori clown “professionisti” che lavorano negli ospedali.
I primi clown “medici clown” negli ospedali si sono visti a New York nel 1986. Il pioniere di questa attivtà è stato il sig. Michael Christensen, clown professionista, impiegato all’epoca al Big Apple Circus.
Insieme a Paul Binder, nell’86 ha creato la “The Clown Care Unit” (unità di cura da parte di clown), che porta il sorriso e la fantasia negli ospedali pediatrici.

Oggi questa fondazione senza scopo di lucro ha sviluppato le sue attività nel territorio dello stato di New York, dove è attiva con 35 “dottori clown” in 7 ospedali.

Fonte: www.clownterapia.it


Silvia Pepe

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