Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere

Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere

Omar Falworth
Vivere Vivere Meravigliosamente Vivere

Percorsi di consapevolezza, Ricerca della felicità, Ricerca della felicità

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Ogni giorno in tutto il mondo, milioni di persone rincorrono affannosamente una vita migliore di quella che conducono.
Ma ahimé, questo target continua immancabilmente a sfuggir loro di mano.
Arrabbiati affermano che è colpa della sfortunache si accanisce contro di loro, degli altri che sono disonesti,della società che non è più a misura d’uomo,della poca disponibilità di soldi,della..Della. Della.

Momento "affermazione positiva": Io vengo guidato solo verso esperienze soddisfacenti e appaganti. Io creo una vita colma di gratificazioni.

Ma sono davvero queste le ragioni? si chiede denyie vallet,la protagonista del primo attesissimo romanzo di Omar Falworth.

Venite con me nelle pagine di questo libro e scoprirete come sono riuscita (e come potrete riuscire anche voi) a. Vivere, vivere, meravigliosamente vivere.

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Dall’autore di bestseller quali conoscersi, accettarsi, migliorarsie l’arte di amare e farsi amare, un’incredibile storia ricca di saggezza,sentimento e fantasia, per scoprire le ragioni per cui valedavvero la pena di vivere la vita.

E che sia meravigliosa.

Per ulteriori informazioni:
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"Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello (…) Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana (…) Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà…".
Auschwitz (La canzone del bambino nel vento)

PRODOTTI CONSIGLIATI:

Convinciti della tua innata perfezione

« Non soffermarti mai sul pensiero dei
tuoi difetti. Ricorda, invece, le tue buone azioni e la
bontà presente al mondo.
Convinciti della tua innata perfezione. »

Da Come Essere Sempre Felici
di Paramahansa Yogananda

Come Essere Sempre Felici

In questo libro Paramahansa Yogananda, uno dei più importanti insegnanti spirituali del ventesimo secolo, ci offre una mappa da seguire passo dopo passo per trovare il tesoro della vera felicità nel luogo in cui più raramente lo cerchiamo: nel nostro stesso sé.

Paramahansa Yogananda giunse negli Stati Uniti dall’India nel 1920, portando in Occidente gli insegnamenti e le tecniche dello yoga, l’antica scienza del risveglio dell’anima. Egli applicò questi antichi principi a tutti gli ambiti dell’esistenza, insegnando ai suoi studenti come affrontare la vita da un centro di pace e felicità interiore.

Quegli stessi insegnamenti ora li condivide con te in queste pagine. Sono segreti semplici ma profondi, per portare la felicità in ogni momento della tua vita: nei rapporti, nel lavoro, in ogni aspetto delle tue giornate. Con il loro aiuto, potrai imparare a:

  • cercare la felicità là dove realmente si trova
  • scegliere di essere felice in ogni circostanza
  • identificare le abitudini che ti derubano della gioia
  • raggiungere il vero successo e la prosperità
  • scoprire gli aspetti spirituali della ricerca della felicità.

Tornare bambini per essere felici

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A volte abbiamo l’impressione di essere troppo complicati. È come se portassimo addosso degli abiti eccessivamente pesanti, delle acconciature troppo elaborate o delle scarpe strette… Allora, uno si ricorda di quando era bambino e non c’era il problema dell’apparire; ti ricordi di quando giocavi nudo su una spiaggia, con l’acqua del mare che ti lambiva le punte dei piedi e il sole che ti accarezzava la pelle. E non pensavi a niente.

Quando siamo piccoli, infatti, non ci facciamo domande, non “sentiamo” il passato o il futuro: il nostro unico impegno è il gioco di oggi, il nostro “lavoro” è il fare, il galleggiare nell’esistenza senza farci domande. Poi cresciamo, incontriamo genitori e maestri, siamo costretti a plasmarci su un modello che ci è del tutto estraneo.

La mente si sviluppa, si arricchisce, i sensi iniziano a scivolare lentamente in secondo piano, il cervello diventa la nostra priorità, il nostro biglietto da visita. E così quel bambino libero che eravamo muore, muore per sempre…

Ancora una volta ci fissiamo su un ragionamento conformista, tipico delle persone “mature”: che cosa significa affermare che il bambino di un tempo “muore per sempre”? Chi siamo noi per poter parlare di un’eternità? Rileggiamo con attenzione le parole di Giovanni Pascoli, che scrive e pubblica Il fanciullino tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: “il fanciullino è il bambino che è in noi e continua a rimanere tale anche quando ingrossiamo e arrugginiamo la voce, anche quando – una volta adulti – siamo occupati a litigare e a perorare la causa della nostra vita”.

A differenza nostra, il fanciullino è flessibile, sa scoprire nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose». Il fanciullino è veloce, intuitivo, anticonformista, riesce a scavalcare i meccanismi ovvi e scontati della logica “adulta”; il fanciullino focalizza un dettaglio e ci inventa attorno un mondo. E non gli importa nulla delle superstizioni, delle credenze, delle passioni, dei condizionamenti ambientali, familiari, culturali, religiosi. A noi che cosa è rimasto di tutta questa freschezza?

Dove hai messo il tuo “fanciullino”?

Vi siete mai chiesti perché, in questa fase di transizione fra Millenni, avvertiamo un profondo bisogno di colore, di fedi “alternative”, di candele, di cristalli? Come mai abbiamo trasformato le nostre case in “sale giochi” arredate con mobili variopinti, ironici, morbidi, ludici? Perché lavoriamo su computer colorati come caramelle, perché ci mettiamo alla guida di automobili piccole come giocattoli, dalle forme morbide e rassicuranti? Forse è perché l’umanità ha bisogno di un po’ di sorriso. E anche noi abbiamo voglia di ritornare nella nostra stanza dei giochi.

Quello che noi adulti scambiamo per esibizionismo da contenere e punire è in realtà un’esigenza profonda dei bambini, sulla quale dovremmo riflettere: i bambini – soprattutto quelli molto piccoli – appena possono tendono a svestirsi, a eliminare il superfluo, e sono felici soprattutto quando riescono a stare nudi. Lo stesso vale per noi, che ovviamente non andiamo in giro senza vestiti, ma tuttavia dovremmo cercare – non appena possibile -di toglierci per un po’ i nostri abiti mentali, di mettere da parte le nostre sovrastrutture ingombranti.

Guardiamoci attorno: noi “grandi” siamo sempre troppo coperti, troppo rigidi, troppo “seri”, troppo gravati da schemi, da impegni (pratici o psicologici) e incombenze di ogni sorta.

Osserviamo invece i bambini: mentre giocano entrano in un mondo incantato, in un “non luogo” in cui non valgono più gli schemi della comunicazione tradizionale né i paradigmi mentali degli “adulti”.

In questo spazio magico e privato, che tuttavia può essere aperto a chiunque chieda di partecipare sottostando alle “non regole” del gioco, i bambini possono restare per ore in silenzio o comunicare usando strani linguaggi per noi privi di significato apparente. Eppure si intendono, anche quando appartengono a razze o estrazioni sociali diverse: il loro fare fluisce sereno e senza intoppi all’interno di un “non tempo” di speciale forza creativa., dove non si avverte la necessità di alcuna spiegazione.

Così, anche senza saperlo, il bambino mette in pratica attraverso la dinamica del gioco quello che gli antichi greci chiamavano “eudemonismo”, cioè la ricerca della felicità. Ma lo fa in maniera spontanea, libera, senza “pensare” a quello che sta facendo.

E a volte, come adulti, ci viene la tentazione di chiedere ai bambini che cosa fanno nel loro mondo segreto, chi sono i loro amici, come funzionano i loro giochi: nella stragrande maggioranza dei casi, un bambino ci risponderà con una bugia.

È giusto che sia così: noi non possiamo capire. O meglio: il nostro errore consiste proprio nello sforzo di “capire”. Mentre ci dovremmo semplicemente limitare a “essere“, anche noi, dentro la nostra stanza dei giochi.


Prentice Mulford ci spiega, in maniera magistrale, quanto i pensieri siano importanti per orientare e dirigere la nostra vita e i nostri rapporti con gli altri.
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