Devo, devo, devo

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C’è una tendenza che dobbiamo evitare: quella di complicarci inutilmente la vita.

C’è gente che decide di seguire tante regole, e per lo più  sceglie quelle più dure e faticose.

Questa gente rischia di soffrire più del necessario.

Esiste una categoria di persone che finisce col crearsi molti modi per sentirsi male e solo pochi, pochissimi per sentirsi davvero bene.

Sono persone orientate all’efficienza, allo sforzo, all’impegno, al rispetto dei comandamenti che hanno deciso di seguire.

Solo raramente si concedono di muoversi in direzione del piacere.

Ebbene, chi fra di voi si riconosce in questa categoria, ascolti con particolare attenzione quello che sto dicendo e si prepari ad abbandonare questo nefasto schema comportamentale, perché può solo portare disagio e limitazioni.

Voglio riprendere un esempio fatto dal famoso esperto in miglioramento personale Antony Robbins.

Robbins racconta di un notissimo dirigente che una volta partecipò ad un suo corso. Si trattava di un uomo molto amato dalla sua comunità, marito soddisfatto e padre  amoroso di cinque figli. Inoltre era un maratoneta, quindi godeva di ottime condizioni fisiche.

Eppure, quando Robbins gli chiese se si ritenesse una persona di successo, lui molto seriamente rispose di no.

Disse che per sentirsi una persona di successo doveva raggiungere prima certe cose.

E a questo punto seguì una lista di rigide regole e requisiti a cui sentiva di doversi attenere necessariamente :

  • Doveva guadagnare almeno tre milioni di dollari all’anno (attualmente ne guadagnava già uno e mezzo, cui andavano ad aggiungersi due milioni in gratifiche, ma questo non contava).
  • Il suo grasso corporeo non doveva superare l’8 % e invece, pensate che tragedia, era al 19 %.
  • Guai, inoltre, a trovarsi in disaccordo con uno dei suoi figli; ma come si fa quando ne hai cinque, dotati di una loro personalità e ormai grandicelli? Come poteva quest’uomo sentirsi felice e realizzato, dovendo affrontare simultaneamente questa sfilza di discutibili e pressanti criteri?Robbins ci racconta per contrasto di un altro signore dall’aria energica presente a quello stesso corso.

    Gli rivolse la stessa domanda: “Sei’ un uomo di successo?”

    “Assolutamente si,” rispose l’uomo con un  gran sorriso.

    Il formatore americano continuò con un’altra domanda: “Cosa deve accadere per farti sentire così?”

    Ecco quale fu la risposta :

    “E’ semplicissimo, devo solo alzarmi la mattina, quardare verso il  basso e vedere che sono ancora sulla terra! Ogni giorno su questo pianeta è un giorno grandioso!”

    Ormai la morale del mio discorso è chiara.

    Se ci poniamo troppe regole, per giunta anche troppo severe, ci chiudiamo in una specie di gabbia.

    Sarà molto difficile e faticoso osservarle tutte e quando non ci riusciremo, saremo presi dalla frustrazione.

    Non vi sto dicendo di mettere da parte ogni norma che seguite.

    Senza un certo numero di norme interiori si giunge al disorientamento, non si sa più cosa è giusto e cosa non è giusto fare, dire, sentire.

    Ma se di norme da seguire ce ne sono troppe, diventiamo schiavi di queste rigide indicazioni comportamentali e così sacrifichiamo il piacere e la soddisfazione interiore al semplice rispetto di tali criteri.

    Diventiamo bravi, diligenti, una specie di soldatini bene addestrati, ma perdiamo la spensieratezza, il sorriso e la spontaneità.

    Per me la verità sta sempre nel mezzo.

    Quindi le regole non vanno eliminate, bensì dosate

    La prima cosa da fare è capire quante ne abbiamo dentro di noi.

    Sapete riconoscere le regole che abitano nella vostra testa?

    Vi dò un suggerimento per individuarle: le regole sono quelle cose che, quando ci pensiamo, iniziano con la parola devo.

    Prendete un foglio e fate un elenco di tutti i vostri pensieri che iniziano con la parola devo.

    Quando l’avrete terminato visionatelo con calma.

    Se nel farlo proverete pesantezza, o vi sembrerà troppo lungo, vuol dire che è arrivato il momento giusto per sfoltirlo.

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    •    non riesce ad uscire dai ricordi negativi;
    •    non crede di meritare granché dalla vita o si sente vittima della sfortuna;
    •    vuole evitare di ripetere gli stessi errori;
    •    desidera trasformare il passato nel suo maestro.

    Stai bene con il tuo corpo?

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    Noi e il nostro corpo La relazione con il nostro corpo è qualcosa di estremamente delicato. Si tende quasi a dimenticarlo quando si sta bene, mentre monopolizza tutta l’attenzione non appena qualche meccanismo si inceppa. Il corpo può essere complice (nel piacere) o nemico (quando non corrisponde all’immagine che desideriamo).

    Funge da “biglietto da visita” nel rapporto con gli altri anche perché, e lo sappiamo bene, si è spesso giudicati dalle apparenze. Il corpo diventa facilmente bersaglio di frustrazioni e insoddisfazioni derivanti dal conflitto tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere: spesso si diventa troppo esigenti e si finisce per disprezzarlo.

    Convogliare tutte le attenzioni e le energie su aspetti legati all’esteriorità può impedire un contatto profondo con se stessi, ma cosa fare quando la nostra immagine ci rende insicuri? Come riuscire ad accettare un’imperfezione se la si considera la causa primaria di ogni infelicità?

    Non sono poi moltissime le persone in grado di percepire se stesse come sono realmente: si tende spesso ad avere una visione frammentata del proprio corpo, isolandone singole parti come se non facessero parte di un insieme. Si può detestare il proprio naso ed amare le gambe o i capelli. L’immagine che abbiamo di noi può addirittura perdere ogni contatto con la realtà: una donna che pesa 40 chili può, ad esempio, continuare a vedersi grassa e soffrirne molto.

    Il cosiddetto “ideale del sè” (cioè quello che inconsciamente vorremmo essere), influenza la capacità di percepire la nostra persona nella realtà. L’ideale di sé si nutre dapprima dello sguardo dei genitori e se la realtà familiare ha permesso vissuti “sufficientemente buoni” può maturare un sé tollerante, che aiuta a convivere serenamente con le imperfezioni. Ma lo sguardo deluso di un padre che ha desiderato invano che il figlio diventasse un campione in qualche sport, condizionerà il ragazzo, il quale potrebbe percepire il suo corpo goffo e inadeguato. Una madre che vive con angoscia la bellezza della propria figlia adolescente, perché costretta a fare i conti col tempo che passa e a dover prendere coscienza del cambiamento del suo corpo che invecchia, potrà rendere insicura la ragazza col suo sguardo “deluso”.

    L’adolescenza e l’età matura sono momenti fondamentali per la costruzione dell’immagine di sé.

    Per le donne la relazione con il proprio corpo è ancora più complicata perché l’adolescente deve, nel suo percorso di crescita, affermare la propria diversità, passando dall’essere “uguale alla propria madre” all’essere “differente e unica”, un percorso che può essere facilitato dallo sguardo del padre, che aiuta la costruzione dell’immagine della ragazza, riconoscendole un corpo. Il riappacificarsi con il proprio corpo è strettamente legato alla capacità di accettare la realtà, di riconoscersi come unici, di dare valore alla propria autonomia, di placare i conflitti legati allo sguardo dei nostri “genitori interni”.

    Come può avvenire allora questa “riconciliazione” con il proprio corpo?
    A volte capita che lo sguardo di chi ci desidera ci sveli qualcosa di noi che non conoscevamo: ci fa sentire diversi, più belli, più amabili, le carezze della persona amata fanno svanire magicamente tutti i nostri difetti.

    E’ importante tenere sempre presente che il corpo non può essere considerato come un’entità separata dal mondo intrapsichico: ogni istante riceviamo messaggi che arrivano sotto forma di sensazioni fisiche (caldo, freddo, piacere o dolore fisico, etc.) o di sensazioni psichiche (tristezza, gioia, rabbia etc.). Un mal di testa, per esempio, potrebbe anche essere l’effetto di una rabbia soffocata, di tensioni non sciolte.

    Il volto è il teatro delle nostre emozioni, i contorni più o meno rilassati degli occhi, le rughe intorno alle labbra raccontano di noi, della nostra età e soprattutto del nostro modo di accogliere il passare del tempo. Accettare i segni del tempo con serenità può essere un’impresa difficoltosa se già il rapporto con il nostro corpo è stato compromesso in precedenza. Sono molte le donne che assumono un atteggiamento di rassegnazione, bloccando così quel continuo processo di trasformazione mente-corpo grazie al quale ad una fine segue sempre una rinascita. Chi misura il proprio valore solo dagli sguardi adoranti degli altri, corre il rischio, quando questi non ci sono più, di scegliere di farsi da parte, di togliersi dal gioco, impedendo così ogni altra esplorazione di sé, di altri modi di essere: diventa impossibile scoprire un altro modo di prendersi cura di sé.

    Non esiste limite di età per scoprire la propria creatività, per avere voglia di cambiare e di mettersi in discussione. Eventi come la fine di una relazione che non dava più nutrimento profondo o l’inizio di un nuovo lavoro più gratificante, possono essere, pur con tutte le comprensibili difficoltà, momenti stimolanti per cominciare una rinascita. Concentrarsi su un lifting o isolarsi dai rapporti interpersonali, sarebbero ancora una volta tentativi di voler separare, in maniera innaturale, il corpo dai vissuti interiori. L’illusione di assicurarsi l'”eterna giovinezza” rivela la difficoltà ad accettare i propri limiti e la tendenza a omologarsi a standard precostituiti.

    Può un intervento di chirurgia estetica mettere davvero fine a tanti tormenti? Forse no. E’ importante soprattutto ricercare altre modalità per nutrire la propria autostima, altrimenti il “ritocco” non farà stare meglio.

    L’esasperata tendenza a soddisfare criteri estetici dominanti finisce per influenzare i comportamenti alimentari, non più regolati da fattori quali fame, gusto, sazietà, ma costantemente dominati dalla ragione. Si diventa giudici severi di tutto quello che si mangia, si tende a dividere il cibo in buono (tutto ciò che è ipocalorico e che fa dimagrire) e cattivo (tutto ciò che fa ingrassare). Alla forza di volontà è affidato l’onere di evitare ogni “tentazione”, lasciando da parte spontaneità e naturalezza. La sensazione di poter sempre controllare il proprio peso sarebbe una dimostrazione della propria forza, ma allora come mai proprio chi cerca di controllare ossessivamente la propria alimentazione tende così spesso ad essere ansioso, irritabile e trova tanta difficoltà a concentrarsi?

    In condizioni di stress, nervosismo, quando l’umore è giù, il cibo può rappresentare una sorta di “compensazione”: imporsi delle restrizioni impedisce di trovare una rapida “consolazione”. A questo punto, la trasgressione (rappresentata, ad esempio, da un pezzo di cioccolato divorata avidamente) genera insostenibili sensi di colpa e ulteriore bisogno di consolazione, in un perverso meccanismo che porterà a mangiare l’intera tavoletta di cioccolato.

    A volte affrontare una dieta può essere necessario, ma attenzione al “fai da te”.
    E’ fondamentale in questi casi rivolgersi ad un nutrizionista di fiducia che aiuterà ad individuare ed eliminare le cattive abitudini alimentari e, caso per caso, elaborerà diete personalizzate: magari si scoprirà che cibi considerati proibiti possono essere reinseriti nei propri pasti, con beneficio del palato e dell’umore.

    Mente e corpo non sono mai divisibili, imparare ad ascoltare i bisogni autentici del proprio corpo aiuta a comprendere più profondamente se stessi.

    di Dott.ssa Mariacandida Mazzilli

    Accettare, apprezzare e amare il nostro corpo per vivere in salute e in armonia

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    Louise Hay, in questo agile volume, raccoglie 51 affermazioni positive per consentire a ogni suo fedele adepto di costruirsi un fisico sano, pieno di energia e vitalità. Le affermazioni rigurdano ogni parte del corpo (dalla testa ai piedi) e la loro assidua ripetizione acquista un valore terapeutico per la guarigione di ogni organo cui sono via via dedicate.

    La pratica del pensiero positivo permette infatti di ristabilire quell’equilibrio psico-fisico. La cui rottura provoca la malattia. Chi è afflitto da qualche problema specifico potrà dunque ricorrere all’affermazione più opportuna per guarire dal disturbo di cui soffre, ma soprattutto per riconciliarsi con se stesso, imparando ad apprezzare quelle caratteristiche fisiche che non gli sono mai piaciute e la cui non accettazione ha probabilmente somatizzato.

    Nella cassetta allegata la voce incisa accompagnerà l’ascoltatore nella pratica del pensiero positivo, favorendo il rapido conseguimento di un’eccellente salute, grazie a un rinnovato amore per il proprio corpo, per il proprio aspetto, per la propria persona.