Tutto ciò che pensiamo, ancorché giusto, se ci rende infelici è sbagliato.
C’è poco da fare: nessuno ama i soprusi. Nessuno sopporta i furbetti. Nessuno tollera le situazioni in cui qualcuno si arricchisce a scapito di altri. Tutti noi viviamo anelando ad un mondo giusto e corretto che però, giorno dopo giorno, telegiornale dopo telegiornale, sembra dileguarsi sempre più lontano all’orizzonte.
Per questo motivo, sollecitati dalla nostra ricerca di verità e autenticità, sovente diventiamo nervosi e commettiamo errori cruciali. Spinti da un irrefrenabile desiderio di giustizia (e certi di essere nella ragione), iniziamo a combattere vere e proprie crociate contro ciò che reputiamo iniquo e insopportabile. In realtà, ironia della sorte, spesso in questo modo non facciamo che dare forza a ciò che vorremmo neutralizzare.
Perché ve ne sto parlando? Perché questo è un argomento che mi sta molto a cuore e che ho trattato nella seconda parte (Empower Your Life) del mio libro “La tua voce può cambiarti la vita“.
Molte persone mi dicono: “Non si può essere sempre positivi: il male esiste e quindi va eliminato, e il modo migliore e più veloce per farlo è quello di parlarne per sensibilizzare chi abbiamo intorno“.
Che il male vada combattuto non c’è dubbio. Che il modo migliore per farlo sia quello di parlarne, invece, purtroppo non è vero. Fateci caso. Tutto ciò di cui si parla, per il fatto stesso di parlarne continua ad esistere. E anzi, più ne parliamo con animosità e acredine, più permane nella nostra mente e nella nostra vita, sospinto con forza dal coinvolgimento emotivo. Questa, ad esempio, è la causa per la quale molte persone rimangono innamorate a vita di qualcuno che non le ama più: l’errore che commettono è quello di parlare tutti i giorni di quanto quella persona le abbia fatte soffrire rievocando ogni volta il ricordo.
La verità è che noi rendiamo concreto e vivo tutto ciò di cui parliamo. Viceversa, spesso il problema non esiste finché non se ne parla. Per questo motivo, se vogliamo davvero assicurare una vita felice a noi e a chi amiamo, dobbiamo combattere il male impegnandoci a non nominarlo mai. Viceversa, occorre parlare sempre con amore. Fateci caso: questa è la lezione dei grandi della storia, ad esempio Martin Luther King e Papa Wojtyla. Parlavano d’amore non perché le ingiustizie non esistessero, ma perché l’unico modo per neutralizzarle consisteva nel non evocarne mai la presenza.
Madre Teresa di Calcutta un giorno disse: “Qualcuno mi ha chiesto perchè non partecipo a manifestazioni contro la guerra. Ho risposto che non lo farò mai. Ma sono pronta a partecipare a qualunque manifestazione per la pace.”
Maharishi Mahesh Yogi, il Guru indiano che insegnò la Meditazione Trascendentale ai Beatles, viene spesso ricordato per questa frase: “Don’t fight darkness – bring the light, and darkness will disappear” (Non combattere l’oscurità – porta la luce, e l’oscurità svanirà).
Anche io ho vissuto per anni con la convinzione che fosse giusto combattere le ingiustizie. Lo penso anche ora, ma ho cambiato strategia. Ora le combatto nominandole il meno possibile.
Perché la felicità è un fatto matematico.
Se abbiamo 5 ore e le trascorriamo parlando di problemi saremo infelici per 5 ore.
5 ore che non ritornano.
E se lo faremo tutto il mese, saremo tutto il mese infelici.
E se lo faremo tutta la vita saremo tutta la vita infelici.
E i problemi? Siamo sicuri che saranno svaniti?
Se una persona sta per inciampare occorrerà dirglielo. Se un bambino fa qualcosa di pericoloso, va fermato. Ma se ciò che diciamo anziché risolvere un problema crea solo malumori a noi e agli altri, va evitato assolutamente.
Per cui, la sintesi che vi propongo è questa: “Tutto ciò che pensi, ancorché giusto, se ti rende infelice è sbagliato: se desideri essere felice devi decidere di esserlo.”
Per essere felici, parlate di cose belle: la gioia è incredibilmente contagiosa.
E’ così che si cambia il mondo.
Ciro Imparato
da: http://www.lastampa.it/
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