Io valgo!

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«Non ho nulla da provare e tutto da sperimentare,

io valgo in quanto essere umano, semplicemente perché esisto».

E’ una consapevolezza che nessuno dall’esterno può offrirvi. Deve arrivare da voi.

Per questo si chiama autostima e non «stima da altri».

Riposiamo abbastanza?

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L’essere umano apprende in continuazione: è un dato di fatto, è una frase che ripeto spesso. Riposare bene, come tanti altri comportamenti, può essere appreso e migliorato. Uno dei passi fondamentali consiste nel ri-sincronizzarci con i nostri ritmi ultradiani: questi non sono altro che normali fluttuazioni di stato del nostro organismo, paragonabili al ritmo sonno-veglia, che condizionano la nostra predisposizione all’azione o al riposo durante le varie fasi della giornata.
Nonostante l’esistenza dei ritmi ultradiani sia conosciuta da tempo, e l’efficacia del rispetto di questi ritmi in campo terapeutico e preventivo sia stata evidenziata da numerose ricerche, essi sono ancora scarsamente considerati dalla maggior parte dei terapeuti e dalla quasi totalità degli allenatori; al contrario i membri delle popolazioni primitive, come gli Aborigeni o i Boscimani, sembrano invece ben conoscere l’importanza dei ritmi ultradiani e non rinuncerebbero alle pause per nulla la mondo.
Per quel che ci riguarda direttamente, in quanto appartenenti alle popolazioni del mondo industrializzato, possiamo invece notare che gli impegni di studio, di lavoro e quelli sociali ci hanno insegnato a ignorare tutta quella serie di segnali che il nostro sistema ci invia per farci rendere conto dell’imminente necessità di una pausa. Tali avvisi possono essere: la voglia di stiracchiarsi, sbadigliare, la necessità di sfocare lo sguardo, il desiderio di distogliere il pensiero, ecc.
Sono tutti segnali importanti che ci avvisano sulla necessità di staccare un attimo la spina.
Cosa avviene quindi se li ignoriamo? Di fronte all’auto imposizione di persistere nell’attività il nostro sistema di regolazione interna dispone di due possibili risposte: la prima è quella di farci percepire sempre di più la stanchezza attraverso una maggiore intensità i suddetti segnali, la seconda è quella di reagire mobilitando riserve energetiche mediante il rilascio di ormoni, modificando le emissioni cerebrali, ecc.
Se poi a breve tempo avremo modo di recuperare esaurientemente non vi saranno problemi di sorta, ma se non ci concediamo questa opportunità, ci dirigiamo a gonfie vele verso uno squilibrio generale dell’organismo, situazione purtroppo frequente nel nostro tipo di società.

Che lo vogliamo o no necessitiamo di una piccola pausa ogni 90-120 minuti: qualche istante per stirarci, respirare, pensare ad altro; insomma rispettare i nostri ritmi primordiali. Il lavoro non ne risentirà anzi, ritornerete sull’argomento con maggior capacità di concentrazione.
Forse la necessità di queste pause contrasta con l’immagine che vogliamo avere di noi stessi come di super eroi del mondo produttivo ma, in questo caso, lascerei da parte l’orgoglio poiché la salute è il bene più prezioso di cui disponiamo.
Inoltre è dimostrato che le pause frequenti riducono la quantità di sonno notturno necessario e ne migliorano la qualità. Credo non siano ancora stati svolti studi specifici su atleti agonisti, ma i risultati su soggetti “normali” sono più che sufficienti per incoraggiare tale pratica.
A livello aneddotico posso riportare il miglioramento di prestazione di atleti che sono riusciti a incorporare le pause nella loro giornata, in particolare un pugile agonista: dotato di grande volontà e determinazione nell’affrontare gli allenamenti lamentò un aggravarsi di problemi di recupero che si trascinava da anni, probabilmente dovuti anche al lavoro pesante che svolge, tali problemi gli modificarono anche il comportamento sociale, solitamente affabile, che divenne chiuso e taciturno. Iniziammo così a impostare il programma delle brevi pause sul lavoro ed in palestra. Tra il ventiseiesimo e il ventinovesimo giorno di “adempimento” del programma si verificò la maggior parte del cambiamento: divenne più sereno, più forte, soprattutto più resistente; i risultati agonistici confermarono ampiamente il suo nuovo stato di benessere.

Se, quando l’organismo chiede riposo, risponderete concedendoglielo allora insegnerete a questo a rilassarsi, se invece reagirete opponendovi gli insegnerete che non può rilassarsi, che deve reagire alla fatica con un’ulteriore fatica: se ciò avviene ogni tanto non succede nulla di grave, anzi può essere anche uno stimolo valido, ma “cronicizzare” questo tipo di risposta farà sì che l’organismo non si senta mai libero di riposare in maniera veramente profonda.

di:  Massimo Mondini

I segreti per riposare, dormire, vivere meglio

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Gli autori di questo libro parlano in modo chiaro, autorevole ed esaustivo dei disturbi del sonno più comuni – dall’insonnia al jet-lag, dalla narcolessia al sonnambulismo – e di quelli più rari – la sindrome delle apnee notturne, quella delle “gambe senza riposo”.

Forniscono poi testimonianze di vita vissuta, da consigli pratici, test e questionari per valutare lo stato di salute del nostro sonno e individuare eventuali campanelli d’allarme: per stare meglio con noi stessi e con gli altri anche dopo essere usciti dalle coperte.

Dopo una bella dormita ci si sente in ormai ad affrontare la vita con energia e buonumore. Al contrario, dopo una notte passata a rigirarsi nel letto e a “contare le pecorelle” si stenta a ripartire l’indomani mattina.

L’altra parte di se

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Non importa se l’essere umano finge di perseguire la sapienza, il denaro o il potere, in realtà qualsiasi cosa risulterà incompleta se non riuscirà a incontrare l’altra parte di se.

Paulo Coelho

La rabbia: emozione negativa?

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Il punto importante da comprendere a proposito della rabbia, e’ che, nonostante venga spesso etichettata come emozione negativa, da evitare in noi come negli altri, di fatto diventa negativa, e soprattutto distruttiva, quando non viene riconosciuta e usata al momento in cui emerge, ma viene repressa con conseguenze dannose non solo per se stessi, ma anche per gli altri.
Il problema è che fin dalla tenera età ci viene insegnato che è cattivo e sbagliato esprimere la collera; ancora oggi questa emozione viene considerata inopportuna, irragionevole, associata all’aggressività e al capriccio; La gente è spesso spaventata dalla propria rabbia: teme che la spinga a compiere qualche azione dannosa e, di conseguenza, ci si rifiuta di prestare attenzione alla collera degli altri e si esita ad esprimere la propria.

E’ importante quindi considerare che, se non ci siamo mai concessi di esprimere la rabbia, probabilmente ne abbiamo accumulata una montagna dentro di noi.
Reprimendola, è più probabile che la rabbia esploda in momenti inopportuni e soprattutto verso persone e situazioni che hanno poco a che fare con la causa originale della rabbia che ci ribolle dentro, ed e’ anche piu’ probabile che ce la prendiamo con chi crediamo sia piu’ debole di noi, non fosse altro che per avere un minimo di senso di potere.  Un atteggiamento questo, tipico delle bestie, temere il piu’ forte e sopraffare il piu’ debole, quando invece, l’essere umano, a differenza degli animali, può dominare i suoi istinti.
La rabbia repressa si ritorce contro noi stessi con attacchi depressivi e alimenta un sentimento di inferiorità; inoltre, quando la mente non riesce più a gestire i conflitti, il corpo ne soffre. Numerose affezioni psicosomatiche come mal di schiena, ulcere, psoriasi possono essere legate al soffocamento della collera.
E’ fondamentale dunque, per la nostra salute psico-fisica, imparare ad esprimere la collera in maniera costruttiva ed appropriata.
Senza rabbia si e’ privi di protezione, senza rabbia siamo alla merce’ delle reazioni altrui e non possiamo prevenire tali reazioni dal riaccadere, per noi e per gli altri. La rabbia usata costruttivamente aiuta a sviluppare fiducia in se stessi in quanto non e’ necessario che monti fino ad esplodere per esprimerla. E’ importante riconoscerla al momento in cui emerge, per quello che e’: un meccanismo di protezione che ci segnala che c’e’ qualcosa che non va, una reazione di insoddisfazione intensa, suscitata generalmente da una frustrazione che ci riguarda e che giudichiamo inaccettabile; dunque la rabbia, comunque venga espressa,  in modo esplosivo o in forma repressa, agisce come un segnale d’allarme. La nostra rabbia ci mette a conoscenza del fatto che ci fanno del male, che i nostri diritti vengono violati, che i nostri bisogni e i nostri desideri non sono soddisfatti.
Imparare a manifestare la propria collera significa conoscere i propri reali bisogni e intrattenere relazioni più autentiche con le persone che ci circondano.

COME ESPRIMERE LA RABBIA

Riabilitare la rabbia non significa tuttavia lasciarsi andare a comportamenti irosi.
Non c’è bisogno di urlare o di arrivare addirittura alle mani per esprimere la propria irritazione. L’arma migliore è la parola. E’ bene però utilizzarla consapevolmente per esprimere i veri motivi delle nostre insoddisfazioni. Dietro la collera si nasconde sempre una sofferenza. Adirarsi ad ogni costo e contro chiunque è un modo per sottrarre energia alla disperazione e non guardare in faccia il dolore. Perché il proprio malcontento sia preso seriamente in considerazione, è bene esprimerlo con la massima calma.
Di seguito alcuni consigli utili per fare in modo che questa emozione diventi costruttiva:

PLACARE L’EMOZIONE PARLANDONE CON UN AMICO:

Per rendere possibile un approccio disteso alla discussione con la persona che ci ha fatto arrabbiare, può essere utile scaricare preventivamente le proprie tensioni, telefonando ad esempio ad un amico per raccontargli l’accaduto. Questo serve a far passare il primo moto di collera, quello più aggressivo, senza contare che una terza persona potrebbe suggerirci un modo diverso di guardare le cose.

CHIARIRSI LE IDEE:

avere infatti un’idea precisa di cosa si sente dentro e di cosa ci si aspetta possa accadere dopo una discussione, ci aiuta a mettere a fuoco le cose da dire, gli argomenti da mettere in campo. E ci dà una mano a controllare le cose, in modo che l’emozione non prenda il sopravvento facendoci sfuggire il controllo della situazione. Per acquisire chiarezza, può essere utile porsi delle domande:
che cosa ha scatenato la nostra collera?
Il nostro interlocutore ci ha nuociuto intenzionalmente o per errore?
Siamo sicuri di non esserci sbagliati sulle sue intenzioni? O di non aver mostrato eccessiva suscettibilità?
La situazione merita una reazione decisa?
Abbiamo considerato delle alternative per sdrammatizzare?
Spetta al nostro interlocutore cambiare o a noi farci capire meglio?
Che risultati ci aspettiamo dalla nostra collera?
ESPRIMERE LE PROPRIE OPINIONI:

è necessario farlo dopo aver placato le proprie emozioni. L’atteggiamento da adottare è di tipo assertivo, evitando dunque di scadere in eccessi di alcun tipo, quali le ingiurie e le accuse.
Lo scopo è infatti quello di ristabilire un equilibrio e non di schiacciare l’interlocutore: lo psicoterapeuta americano Thomas Gordon ha elaborato il sistema dei cosiddetti “messaggi-io”, che si basa sul principio di parlare di sé in questo modo: definendo con precisione ciò che ci ha disturbato (quando tu…), raccontando le nostre emozioni (mi sento….), condividendo le nostre aspettative (perché io…), esprimendo i nostri bisogni attuali e le motivazioni (e io ti chiedo di.. in modo da..). Il beneficio di esprimere la collera va oltre il sollievo di togliersi un peso, significa ridefinire le relazioni con se stessi e con gli altri.
ESPRIMERE APERTAMENTE LA RABBIA:

è importante permettere a se stessi di avvertire completamente la rabbia, creando un posto sicuro per poterla esprimere, da soli, o con un amico fidato o con un esperto. Se siamo soli in un posto sicuro, permettiamoci di parlare ad alta voce, di vaneggiare, di scalciare o urlare, di lanciare e colpire cuscini. Dopo aver fatto ciò in un ambiente sicuro, (per un periodo potremmo aver bisogno di farlo regolarmente) non avremo più paura di compiere un atto distruttivo e saremo capaci di affrontare in modo più efficace, le situazioni che ci si presenteranno.

fonte: http://www.wmrconsulting.it/

Come trasformare un sentimento represso in equilibrio ed energia

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La rabbia è femmina. Ed è un sentimento latente e molte volte represso che si può governare con grande soddisfazione. È il risultato dei traumi fisici ed emotivi – abusi, perdite, carenze – vissuti nell’infanzia che, restando imprigionati nel corpo, accumulano un’energia dirompente ma ingabbiata che genera solo malessere.

Quante di noi soffrono di questa situazione, ma non la affrontano adeguatamente? Anzi la travestono in uno dei sei modi che questo saggio illustra – dominio, provocazione, distrazione, dedizione, dipendenza e depressione – perché sia accettabile socialmente?

Serio e documentato, ricco di numerosi questionari di autovalutazione, questo libro è un viaggio di profonda introspezione per capire, analizzare e approdare infine a possibili soluzioni. È un percorso verso la libertà, liberate dai fardelli che il tempo ha reso sempre più pesanti, per sfruttare con intelligenza il potenziale straordinariamente arricchente della nostra rabbia.

Guidate dai consigli dell’autrice, creati ad hoc per ogni tipologia d’intervento e testati nei suoi seminari, potremo ritrovare l’equilibrio e la serenità attraverso pratiche spirituali e fisiche che spaziano dalla meditazione alla danza, dalla fisioterapia all’esercizio del perdono e della compassione.

Un punto di partenza per una radicale trasformazione personale.

Il perdono

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Il Perdono è lo strumento più sicuro e più bello per superare il karma.
Il perdono, come dice la parola stessa, è un dono che un essere umano fa ad un altro, annullando tutto il karma negativo che c’è stato tra di loro.
“Io ti regalo il mio ego per-dono”. Ovvero, comprendo che qualunque cosa tu abbia potuto farmi non eri consapevole delle conseguenze della tua azione, e di tutto ciò che la tua azione avrebbe implicato per me e per quello che c’è intorno a me e a te stesso.
Il perdono è fondamentale durante il percorso evolutivo. Ogni essere umano ha persone con le quali ha sospesi o alle quali ha fatto del male.
Fare del male è sempre inconsapevole, anche quando almeno una parte della mente sembra sapere ciò che sta facendo. In realtà la mente si ferma in alcuni momenti e non è capace di andare oltre. La mente sente sempre una voce interiore che avvisa. Possiamo chiamarla “coscienza”, o “ divino” o “Sé Superiore”, o “angelo”. È una voce che tutti sentono, ma il momento in cui la voce si fa forte la si zittisce o si devia la mente su un altro pensiero che giustifica quello che la voce sta dicendo, fino a non sentirla più.

Ecco perché il perdono può essere dato sempre: chi ha fatto del male o noi stessi, quando facciamo del male, non siamo del tutto consapevoli di ciò che facciamo.

Gesù disse: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!”
Mai frase fu più vera. E non perché collegata ad una religione, ma perché è la pura e semplice verità. Nessuno quando fa del male sa coscientemente le conseguenze della sua azione.
Il perdono ha un potere taumaturgico, guaritore. Molti di voi si chiederanno come guarire il karma creato con un’altra persona, come guarire il karma di una famiglia…
La risposta è semplice: Perdonando!

A volte il perdono deve prima essere dato a se stessi. La persona che meno si ama siamo proprio noi. Ci giudichiamo e arriviamo anche ad odiarci per le nostre azioni, ma siamo incapaci (o così ci diciamo) di cambiare, di volerci bene, di accettarci così come siamo.
Siamo tutti “piccoli esseri umani”, o così ci diciamo, ma abbiamo in noi una potenza infinita: talenti e capacità che se messi al servizio del bene possono cambiare il mondo e renderlo un paradiso.

La debolezza, la mancanza di volontà, la nostra pigrizia a lavorare per la nostra evoluzione, sin dalle piccole cose, ci impedisce di vederci per ciò che realmente siamo: anime libere e bellissime.
L’anima libera e leggera vola naturalmente verso l’alto, ma se la ancoriamo con pesi sempre più pesanti le impediamo di innalzarsi. Il peso della colpa ci lega e ci àncora. Ma la colpa non è eterna, l’errore non è irremovibile e inamovibile, è solo una esperienza che ci permette di capire e di prendere consapevolezza.

Se – quando commettiamo un errore anche grave – ci limitiamo a sentirci in colpa, non comprendiamo la nostra lezione. Immaginate uno studente che dopo essere stato bocciato ad un esame perché non ha studiato, si sente così in colpa da abbandonare gli studi. Un esame non passato non è la vita. Ci saranno altri esami, ci saranno altre occasioni per studiare.
Perfino l’errore più grave, togliere la vita, è un grande errore, ma può essere salvato con il perdono. Non giustificando l’azione, non accettandola, ma accettando il fatto che quando si è compiuta quella data azione non si era consapevoli.
Non parlo di giustificare tutto e tutti: il comportamento è errato e non cambia con il perdono, ma il perdono toglie le catene all’anima e la rende di nuovo libera di crescere e di evolversi.

Qualunque sia l’errore commesso, o che qualcun altro ha commesso su voi, perdonatevi e perdonate. Riconoscete l’innocenza dell’anima – che ha creato karma nuovo o che si è vendicata di un karma precedente – che ha bisogno di comprendere per cambiare. Se non si offre a se stessi e agli altri questo “dono” per la salvezza dell’anima cosa avviene? Una catena di nascite e rinascite in una ruota eterna senza fine di dolore e di orrore.

Lo stesso vale per un popolo. Se a offesa si risponde con altre offese, se ad orrore si risponde con orrore, non si interrompe più la catena della vendetta. Famiglie che si odiano, popoli che si odiano, in una continua accettazione del male.

Una persona, tu, può cambiare tutto questo. Come? Perdonando e diffondendo questo dono anche alla tua famiglia, ai tuoi amici.
Inizia da te, ripercorri le tue azioni e le conseguenze che esse hanno avuto sulla tua vita e su quella delle persone a cui hai fatto del male e inizia a dirti: “Mi perdono per la mia inconsapevolezza e chiedo profondamente perdono a tutti coloro a cui, inconsapevolmente o per non aver ascoltato la mia voce interiore, ho fatto del male!”. Bastano pochi minuti al giorno di questa pratica e la pace tornerà nel tuo cuore e l’Amore inizierà a diffondersi in te.
Insieme a questa pratica però, prendi atto dei tuoi errori e proponiti di vivere secondo i tuoi valori e di operare le prossime scelte e di scegliere e vivere le tue relazioni tenendo conto dei tuoi valori.
Il perdono e questa nuova consapevolezza ti faranno iniziare la strada della libertà della tua anima.
Quando sarai ben sicuro di aver perdonato e compreso i tuoi errori e quello che hai fatto agli altri, inizia la pratica per perdonare (fare dono di te) coloro che pensi ti abbiano fatto del male. Ripeti ogni giorno: “Posso scegliere di perdonare chi mi ha ferito anche gravemente”. Mentre ripeti questa semplice frase, pensa a queste persone al di là del loro comportamento e al di là del loro corpo e senti che stai liberando la loro anima insieme alla tua.
Ripeti questa breve frase ogni volta che sei tentato di avercela con qualcuno perché ti sembra di aver subito una grave offesa.
Per-dono è un dono che tu fai agli altri, ma prima di tutto a te stesso/a, liberare l’anima dà una sensazione di leggerezza e di pace ineguagliabile.

Continua la lettura su: http://www.lamentemente.com

Libri consigliati:

La Forza del Perdono ha un messaggio semplice, diretto al cuore del lettore, che porta all’apprendimento del perdono di se stessi, del prossimo e della vita anche se deludente. Un’opera “positiva”, che non si sofferma sulle conseguenze nefaste del rifiuto del perdono, ma propone storie vere di piccoli e grandi miracoli suscitati da un atteggiamento di apertura all’amore.



Gerald Jampolsky

La Forza del perdono

L’amore può salvare il mondo, il perdono può guarirci

Armenia
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Perdonare significa aprirsi a tutto quello che c’è nella vita incluso il dolore; significa avere fiducia nel fatto che alla fine tutto si sistemerà che le cose vadano o meno come noi vogliamo. Gli autori analizzano e distruggono i miti più comuni che ci rendono incapaci di perdonare e spiegano come il perdono possa prevenire malattie e disagi derivati dai rancori.



Jacqui Bishop

Perdono

Il piacere di perdonare

Positive Press
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