Ti chiamerò Papà – Can Ran & Ma Daishu

Dall’interno del tuo zaino
guardai il mondo, per la prima volta…
Daishu

Un bambino segue un adulto e l’adulto gli fa da guida. Durante il loro viaggio vedono cose, imparano a conoscersi, collezionano oggetti.
Quando dei briganti li sorprendono, rubano loro ciò che conservano nelle rispettive borse.
Se per l’adulto il suo tesoro è composto da oggetti (di valore solo per lui tra l’altro), la vera sorpresa è nello zaino del bambino. Lì dentro lui ha collezionato le parole che ha imparato, che gli piacevano e che ha messo via.
Ma non solo.
Dentro c’erano i ricordi che lo legavano all’adulto.
Conservava i loro discorsi, i loro ricordi, le storie raccontate.

E in fondo in fondo, si trova un bigliettino su cui compare la scritta:

“Vorrei trovare il nome più bello di tutti!
Ancora più bello di Oceano e di Luna,
persino più bello di Dio e di Cielo.
Ho trovato! Ti chiamerò…
Papà!”

Ti chiamerò papà (Rizzoli), di Can Ran, illustrato da Daishu Ma, artista d’origine cinese cresciuta in Inghilterra che ha già pubblicato in Italia La foglia, un importante silent book per ragazzi e adulti. Qui Daishu Ma intraprende un percorso pieno di significato e metafore, di crescita della relazione fra un padre e suo figlio.

Di libri sul papà ce ne sono molti in commercio e ognuno di loro presenta la figura genitoriale maschile da un punto di vista diverso. Se amate le storie poetiche e magiche, quelle che lasciano senza fiato grandi e piccini, correte subito a prendere Ti chiamerò papà, è una storia dolcissima.
Poetico, commovente, dà valore alle parole e attribuisce alle parole una bellezza estetica e un senso profondo.
E porta a riflettere anche sul non facile percorso che i papà affrontano.

La storia in questo libro illustrato inizia con l’attesa e prosegue fino alla consapevolezza:

il padre si prende la sua responsabilità “… ti accompagno io a conoscere il mondo!”.
Il testo di Can Ran è intenso e ricco di allusioni al mistero della vita.
Il padre è un cercatore di tesori, il figlio raccoglie le parole preferite:
luna, zebra, dio, mondo, lampadina, topo, sole, gufo, mare, aereo.
Padre e figlio si conoscono affrontando montagne, ammirando la luna, fronteggiando il buio della notte e i ladri. Solo dopo tutto questo il figlio sa dare un nome all’uomo accanto a lui.

Ti chiamerò…PAPÀ!

Non frenatevi e non regalate albi illustrati solo ai bambini! Regalatelo ai vostri amici che sono diventati papà da poco. Ad amici o amiche, perché possano rivedere se stessi bambini in quelle pagine.
Ai vostri papà, perché anche loro hanno avuto un papà.
A chi vuole ritrovare tra le pagine di una piccola quotidianità la propria storia. Leggetelo tenendo sempre presente il doppio livello di lettura, quello bambino e quello adulto.
Che è stato bambino, ma se lo è dimenticato ❤

Vorrei ringraziarti per avermi accopagnato dappertutto
e per avermi raccontato tante cose.

Molto spesso noi adulti tendiamo a dimenticare o sottovalutare concetti semplicissimi, troppo presi dal nostro grande correre per star dietro al mondo; libri come questo ci aiutano a tornare un po’ più curiosi, un po’ più saggi, un po’ più attenti alle piccole cose.
Oggi Papà, prendete i vostri figli e stringeteli forte.
Cresceranno velocemente, siate sempre presenti.
Loro, i bambini, ricordano tutto, ricordano le piccole cose, proprio come nel libro… ricordano quando siamo loro vicini se hanno la febbre, quando alla sera noi siamo stanchi ma ci chiedono ancora una storia, quando li incoraggiamo nelle nuove esperienze della vita… anche di quella volta che per mano avete “attraversato insieme la corrente”
….

Dolcezza, paura, serenità, gioia sono le sensazioni che le illustrazioni e la storia regalano a grandi e piccini.
Con semplicità, Ti chiamerò Papà, racconta la grandezza dell’amore paterno, perché un padre non è solo chi ci mette al mondo, ma chi, con responsabilità e premura, ci guida nel difficile percorso che è la vita.

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Una cosa difficile – Silvia Vecchini

Talvolta è difficile, riconoscere di aver sbagliato,
chiedere scusa a un amico,
scoprirsi dalla parte del torto.
Allo stesso tempo, è molto importante,
per la crescita emotiva e relazionale,
imparare a farlo, con sincerità.

Un cagnolino-bambino corre all’inseguimento di qualcosa che sta ruzzolando giù dalla collina. Forse è un gioco, il pomolo di una porta, forse una pallina. Ma avvicinandosi alla pagina con più attenzione si scopre che si tratta in realtà di una rotella.

Rimbalza fino a che non si deposita tra i fili d’erba. Il ragazzino afferra l’oggetto e lo guarda sconsolato. Il giovane protagonista pensa, stringe nella mano la rotellina, poi si volta e si rimette in marcia.
Va verso la salita.
Torna indietro, controvento, faticosamente, determinato ma con lo sguardo ancora desolato.
La collina diventa una montagna da scalare, con rocce alte e ripide. Sulla guancia scorre una lacrima. Con il vento e la neve la parete rocciosa si fa più insidiosa, mentre la tempesta di neve imperversa. Il cagnolino però non demorde, continua a guadagnare centimetri in avanti. Non è facile percorrere passo dopo passo questo viaggio, che non è una semplice scalata ma un viaggio dentro se stessi e dentro la propria coscienza.

Quando raggiunge finalmente la cima della montagna, il cane-bambino non è più solo. Seduto sulla vetta, voltato di spalle, qualcuno sta piangendo.
Due ragazzini dispiaciuti e un gioco che si è rotto. O meglio, un gioco che uno dei due ha rotto. Un carretto a cui manca una ruota.

Ora è perfettamente chiaro e lampante quello che è successo. Il piccolo cagnolino ha rotto la macchina!

“SCUSA…“

(quanta fatica costa pronunciarla!), l’unica parola che troviamo scritta in questo poetico libro che scava con metafore intense nella sfera emotiva e nella coscienza morale di ciascuno di noi.

Eccolo il gesto magico, che si esplica in una parola ma che dentro, dietro, ha tutto: la montagna, la neve, le lacrime, l’affetto, la riflessione, la scelta, il coraggio.
La rotellina però è stata recuperata.

Il gioco si può riparare.
Si può riparare a un errore.
Si può chiedere scusa.
Si deve chiedere scusa, quando si ha sbagliato.

Gesti allo stesso tempo piccoli e grandi – enormi – che cementano le amicizie e allenano l’empatia, che fanno diventare persone migliori, dei quali è giusto sottolineare bellezza e difficoltà, senza svilirli.

Una cosa difficile di Silvia Vecchini e Sualzo edito da Bao Publishing, è decisamente un albo delicatissimo e toccante, che riesce a raccontare a piccoli e grandi quanto può essere ardua, ma allo stesso tempo rasserenante e fortificante, un’azione di scuse. E lo fanno con una leggiadria e poesia che incanta, senza alcuna ombra di didascalismo, riuscendo ad arrivare alle corde dell’anima e regalandoci un’opera significativa, limpida ed eloquente.
Un albo praticamente senza parole – solo una, quella più importante – che del picture book ha lo sviluppo sulla doppia pagina – teatro di scena – e del fumetto la sequenzialità.

Questo libro senza parole è un albo da assaporare, osservando le pagine che scorrono insieme a una storia apparentemente semplice che racconta qualcosa di molto difficile.
Lo abbiamo provato e lo proviamo in tanti e sappiamo che in teoria è semplice chiedere scusa, nei fatti è molto più difficile, perché prevalgono tanti altri sentimenti diversi: l’orgoglio, l’arrabbiatura, il pensiero di avere ragione a tutti i costi…

Una storia piccolissima, che narra per immagini un episodio minuscolo nella vita di due persone, che però ha una valenza immensa, perché sono i sentimenti a essere toccati. L’amicizia, il senso di colpa, il desiderio di farsi perdonare e rimettere tutto a posto, la capacità di chiedere scusa e di andare avanti come se nulla fosse accaduto.

C’è tutto questo nel breve racconto visivo immaginato da Silvia Vecchini e illustrato da Sualzo.
Allora, così come è arrivato, il vento scompare. I due, col sorriso ritrovato, riparano al danno. Un gesto d’amicizia e il terreno si fa erboso, soffice, i pendii scoscesi tornano un dolce declivio, giusto quel poco che basta per scivolare leggeri e sereni sulla macchinina aggiustata.
Un libro bello e curato, dal significato importante, per adulti e bambini.

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Le carte della Vita

Le carte della Vita

Le carte della Vita

Mata Amritanandamayi, nota in tutto il mondo col diminutivo di Amma, ovvero Madre, è una guru indiana da molti considerata una santa per il suo incredibile impegno umanitario e i suoi preziosi insegnamenti.

Nata in una zona molto povera del Kerala, ha dedicato la sua vita ad alleviare le sofferenze dei bisognosi. Pur non possedendo nulla tranne il suo sari, è riuscita a costruire decine di scuole, orfanotrofi e ospedali, ha donato più di 25.000 case ai senzatetto, e la sua organizzazione fornisce tutti i giorni oltre 50.000 pasti agli affamati. Per tutte queste attività ha ricevuto moltissimi riconoscimenti internazionali ed è stata più volte invitata alle Nazioni Unite, eppure è una delle persone più umili che abbia mai conosciuto.

Durante un soggiorno nel suo ashram in India l’ho sentita usare una suggestiva metafora per spiegare la nostra zona di potere.

Amma paragona la vita ad una partita a carte.
Le carte vengono distribuite da un mazziere a cui possiamo dare vari nomi: Dio, il destino, il karma, il caso…
A volte riceviamo carte bellissime con cui è facile giocare, a volte invece ci ritroviamo in mano carte decisamente più scadenti.
In ogni caso non abbiamo alcuna influenza sulla scelta delle carte. Ciò su cui abbiamo totale padronanza, invece, è la maniera in cui decidiamo di giocarle.
È questo che fa la differenza nella nostra vita e nel mondo.
Detto da lei che ne è una testimonianza vivente, fa un certo effetto!

Avere chiara questa distinzione ci permette di non sprecare tempo ed energie nel tentativo di cambiare ciò che non possiamo cambiare, come una giornata di pioggia, un lutto, un licenziamento, una separazione. Sono le carte che la vita ci sta offrendo in questa partita. Ma possiamo decidere come usarle.
E tutto ciò non solo è in nostro potere, è anche un nostro diritto e un dovere verso l’evoluzione dell’umanità.

Certo, possiamo anche scegliere di sbuffare, di lamentarci e passare intere giornate ad arrabbiarci con il mazziere o con la sorte. Ma tutto ciò ci aiuterà forse a far fruttare al meglio le nostre carte?
Quando decidiamo di incolpare gli altri, di sentirci vittime indifese e senza speranza, stiamo rinunciando alla nostra zona di potere. E più lo faremo più ci avvieremo verso un cambiamento di tipo peggiorativo o involutivo.

«Vivere significa prendersi la responsabilità di trovare
le giuste risposte ai problemi della vita.»
Victor Frankl

di Lucia Giovannini tratto da Tutta un’Altra Vita

Tutta un'Altra Vita - Libro
Come realizzare i propri sogni, vincendo la paura e le emozioni negative

Voto medio su 2 recensioni: Da non perdere

Avete mai desiderato un’altra vita? Vorreste avere più tempo, cambiare lavoro, trasferirvi altrove?
Se poteste cambiare qualcosa nel vostro modo di vivere, di agire, di essere, di relazionarvi con gli altri, lo fareste?

Forse anche a voi sembra troppo difficile, complicato, irrealizzabile.
Non ce la farò mai, vi dite, non ho abbastanza soldi, tempo, capacità, idee.

Se tutto ciò vi suona familiare questo libro vi aiuterà.

Se cercate una soluzione concreta, se volete seguire il cuore, se non sapete da che parte cominciare, questo libro parlerà alla vostra razionalità e ai vostri sentimenti, vi mostrerà la strada per assecondare i vostri desideri, vi darà gli strumenti per scegliere finalmente la vita che volete davvero.

Come migliorarsi?

ottenere-meglio

Non dimenticate che il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci si trova. Se almeno una volta in vita avete ottenuto unbuon risultato, potete rifarlo ripetendo le stesse azioni mentalifisichecompiute allora. Prima dei Giochi olimpici del 1984 ho lavorato con Michael O’Brien, un nuotatore selezionato per la gara dei 1500 metri stile libero. Si era bene allenato, ma aveva la sensazione di non mettercela tutta per riuscire a spuntarla. Aveva creato dentro di sé tutta una serie di blocchi mentali che sembravano limitarlo, e considerava con timore il successo, per cui si aspettava di avere la medaglia di bronzo, al massimo quella d’argento. Non era lui il favorito, non era lui quello destinato a vincere l’oro: il favorito, George DiCarlo, aveva già battuto Michael più volte.

Ho trascorso con Michael un’ora e mezzo, aiutandolo a imitare gli stati d’animo delle sue migliori prestazioni, in altre parole a scoprire come mettersi nelle sue condizioni ideologiche più produttive, che cosa si era immaginato, che cosa aveva detto a se stesso, quali erano stati i suoi sentimenti quell’unica volta che aveva battuto George DiCarlo. Abbiamo cominciato ad analizzare le azioni da lui compiute, mentalmente e fisicamente, in occasione delle sue vittorie, ricollegando lo stato d’animo in cui si era trovato allora a uno stimolo automatico, lo sparo della pistola dello starter. E ho scoperto cosi che il giorno in cui aveva battuto Geode DiCarlo immediatamente prima della partenza aveva ascoltato Hey Lewis e i News. Per cui il giorno della Finale ha fatto esattamente lo stesso, ha compiuto le stesse azioni di quello in cui aveva vinto, ascoltando persino Hey Lewis prima della partenza. E ha battuto George DiCarlo e si è guadagnato l’oro olimpionico con un vantaggio di sei buoni secondi.

Da “Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri” – pagina 55:

Chi è Anthony Robbins

Dalla Prefazione di Kenneth Blanchard (coautore di One Minute Manager)

Quando Tony Robbins mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo suo libro ne sono stato molto lieto per tutta una serie di ragioni. In primo luogo perché ritengo Tony un giovane che ha dell’incredibile. Il nostro primo incontro ha avuto luogo nel gennaio 1985, a Palm Springs dove mi trovavo per partecipare a un torneo di golf, il Bob Hope Desert Classic Pro-Am Tournament. Avevo appena concluso un’ora felice di chiacchiere al Ranch Las Palmas Marriott, dove tutti facevano a chi le sparava più grosse. Mentre andavo a cena con un australiano mio amico, Keith Punch, passai davanti a un cartellone che annunciava un Seminario di Pirobazia di Tony Robbins. LIBERATE IL POTERE DENTRO DI VOI, vi si leggeva. Avevo sentito parlare di Tony e la mia curiosità ne fu pungolata. Siccome Keith e io avevamo già bevuto un bicchiere e non volevamo correre rischi, decidemmo che sui carboni accesi non potevamo camminare, ma che valeva comunque la pena di assistere al seminario.

Durante le successive quattro ore e mezzo ho visto Tony ipnotizzare una vasta folla composta di uomini d’affari, casalinghe, medici, avvocati e simili. E dicendo “ipnotizzare” non mi ferisco certo a una qualche magia nera. Semplicemente, Tony teneva desta l’attenzione di tutti con il suo carisma, il suo fascino, la sua profonda conoscenza del comportamento umano, ed è stato il più esaltante e divertente seminario al quale ho assistito in vent’anni di partecipazione attiva a corsi di specializzazione per manager. Alla fine tutti, salvo noi due, hanno percorso un letto lungo cinque metri di carboni accesi che avevano continuato ad ardere tutta la sera. E tutti senza riportarne il minimo danno. Tony si serve della pirobazia come di unametafora. Non insegna capacità mistiche, ma piuttosto un insieme distrumenti pratici tali da rendere l’individuo capace di iniziative concrete nonostante eventuali paure

comemigliorarepropriostato Sprigiona il potere che è in te   Anthony Robbins accettazione

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dal 24 al 27 Giugno 2010
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La serenità di coppia

Amore, passione e serenità sembra che questi siano gli ingredienti per un rapporto di coppia soddisfacente. Ma come si fa quando di fronte ai numerosi impegni quotidiani, ai figli, alle famiglie di origine, la serenità viene minata? A volte basta poco per ritrovare l’armonia nella coppia, ecco alcuni suggerimenti per mantenere viva l’unione e anche l’eros.

La serenità di coppia
Affinché una coppia sia serena e superi i problemi che si incontrano sulla strada della vita sono fondamentali la complicità, il desiderio e la capacità di comunicare.
Ovviamente la felicità dipende da vari elementi e tra questi il rispetto, una buona sessualità e la condivisione di alcune cose, insieme alla libertà sono gli ingredienti fondamentali per una coppia serena.

I consigli per la serenità
In concreto cosa possono fare i partner di una coppia per essere davvero sereni?
Per prima cosa è importante ritagliarsi del tempo per stare insieme. Appare ovvio ma non è così scontato, spesso i partner riescono a vedersi solo un paio d’ore la sera dopo una giornata pesante. Durante la settimana le cose da fare sono troppe: casa, figli, lavoro, genitori e il tempo per stare tranquilli e rilassati è davvero poco. Ma a volte basta anche una cena da soli, un’ora in cui chiacchierare nel letto o qualche ora in macchina insieme per andare a prendere i figli. Piccole cose che aiutano però a mantenere unita la coppia: se si perde questo contatto il rischio è poi di viaggiare su due binari paralleli, ma distanti.
Per ritrovare la serenità, la coppia dovrebbe dedicarsi insieme ad una attività. Può essere il corso di ballo, o di vela, purché sia insieme. Il tango, per esempio, è una danza che aiuta a mobilizzare l’energia, inclusa quella di coppia e sessuale; ballare è una metafora della vita perché per ballare bene i due partner devono accordarsi, trovare un equilibrio e affinità. Tutte cose molto utili anche nella quotidianità.
Insieme ai sentimenti una coppia dovrebbe stimolare anche un lato più intellettuale, magari continuando a sentire il piacere di condividere attività culturali come andare al cinema, a una mostra o un concerto. Sono tutte occasioni che allontanano la coppia dalla routine e la gratificano, unendola anche dal punto di vista mentale.
I due partner devono anche sapersi coccolare per trasmettere amore e attenzione all’altro. Possono farlo anche trascorrendo qualche ora insieme in un centro benessere, purché ci si diano delle attenzioni reciproche.
Ovviamente anche la sfera sessuale va stimolata per non rischiare di cadere nella monotonia. Quindi niente vergogna o paura a parlare delle proprie fantasie o desideri erotici e scegliere ogni tanto un luogo diverso dove abbandonarsi all’amore.
Per le coppie che stanno attraversando un periodo di stanchezza emotiva, un modo per ridare vigore al rapporto è ricordare il passato, non solo a parole ma anche con le immagini. Un gioco da fare insieme potrebbe essere quello di creare un album di fotografie della propria storia d’amore: riguardare le vecchie immagini e selezionare quelle più significative aiuta i partner a ricordare i motivi che li ha fatti innamorare e che li ha resi così importanti agli occhi dell’altro.

Autore: Bianca Maria Fracas – Psicologa e consulente sessuale

Come prevenire e curare le crisi nelle relazioni sentimentali

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La famiglia è in crisi: in Italia una coppia su tre finisce per separarsi. Da questo dato emerge quanto sia importante aiutare le persone a scegliere il partner giusto con cui trascorrere la propria vita. Purtroppo molti finiscono per unirsi a persone troppo diverse o inadatte per paura della solitudine, per bisogno di protezione, perché “è un bravo/brava ragazza”, perché “il sesso funziona a meraviglia”.

Prima o poi, tuttavia, sopraggiungono l’insoddisfazione e la conseguente ricerca di “alternative”, che causano rotture, battaglie anche legali e sofferenza a non finire. Questa si ripercuote anche sui figli, che, diventati adulti, potrebbero andare incontro a depressione, dipendenze di vario tipo, fobie e ossessioni, fino a diventare coppio-fobici, trasformandosi in un fattore di instabilità sociale.

La coppia che scoppia” vuole essere un aiuto nella scelta del partner più adatto, insegnando come far durare nel tempo i rapporti in modo soddisfacente. Nel caso sia già troppo tardi, diventa invece una valida guida per lasciare nel modo più corretto e meno doloroso il coniuge, superare il trauma dell’abbandono e affrontare in modo sereno la gestione dei figli. Infine fornisce dei suggerimenti ai nuovi compagni (il partner della famiglia allargata è definito “il terzo genitore”), che si trovano a gestire i figli del proprio partner separato.

Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri

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Non dimenticate che il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci si trova. Se almeno una volta in vita avete ottenuto un buon risultato, potete rifarlo ripetendo le stesse azioni mentali e fisiche compiute allora. Prima dei Giochi olimpici del 1984 ho lavorato con Michael O’Brien, un nuotatore selezionato per la gara dei 1500 metri stile libero. Si era bene allenato, ma aveva la sensazione di non mettercela tutta per riuscire a spuntarla. Aveva creato dentro di sé tutta una serie di blocchi mentali che sembravano limitarlo, e considerava con timore il successo, per cui si aspettava di avere la medaglia di bronzo, al massimo quella d’argento. Non era lui il favorito, non era lui quello destinato a vincere l’oro: il favorito, George DiCarlo, aveva già battuto Michael più volte.

Ho trascorso con Michael un’ora e mezzo, aiutandolo a imitare gli stati d’animo delle sue migliori prestazioni, in altre parole a scoprire come mettersi nelle sue condizioni ideologiche più produttive, che cosa si era immaginato, che cosa aveva detto a se stesso, quali erano stati i suoi sentimenti quell’unica volta che aveva battuto George DiCarlo. Abbiamo cominciato ad analizzare le azioni da lui compiute, mentalmente e fisicamente, in occasione delle sue vittorie, ricollegando lo stato d’animo in cui si era trovato allora a uno stimolo automatico, lo sparo della pistola dello starter. E ho scoperto cosi che il giorno in cui aveva battuto Geode DiCarlo immediatamente prima della partenza aveva ascoltato Hey Lewis e i News. Per cui il giorno della Finale ha fatto esattamente lo stesso, ha compiuto le stesse azioni di quello in cui aveva vinto, ascoltando persino Hey Lewis prima della partenza. E ha battuto George DiCarlo e si è guadagnato l’oro olimpionico con un vantaggio di sei buoni secondi.

Da “Come Ottenere il Meglio da Sé e dagli Altri” – pagina 55:

Chi è Anthony Robbins

Dalla Prefazione di Kenneth Blanchard (coautore di One Minute Manager)

Quando Tony Robbins mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo suo libro ne sono stato molto lieto per tutta una serie di ragioni. In primo luogo perché ritengo Tony un giovane che ha dell’incredibile. Il nostro primo incontro ha avuto luogo nel gennaio 1985, a Palm Springs dove mi trovavo per partecipare a un torneo di golf, il Bob Hope Desert Classic Pro-Am Tournament. Avevo appena concluso un’ora felice di chiacchiere al Ranch Las Palmas Marriott, dove tutti facevano a chi le sparava più grosse. Mentre andavo a cena con un australiano mio amico, Keith Punch, passai davanti a un cartellone che annunciava un Seminario di Pirobazia di Tony Robbins. LIBERATE IL POTERE DENTRO DI VOI, vi si leggeva. Avevo sentito parlare di Tony e la mia curiosità ne fu pungolata. Siccome Keith e io avevamo già bevuto un bicchiere e non volevamo correre rischi, decidemmo che sui carboni accesi non potevamo camminare, ma che valeva comunque la pena di assistere al seminario.

Durante le successive quattro ore e mezzo ho visto Tony ipnotizzare una vasta folla composta di uomini d’affari, casalinghe, medici, avvocati e simili. E dicendo “ipnotizzare” non mi ferisco certo a una qualche magia nera. Semplicemente, Tony teneva desta l’attenzione di tutti con il suo carisma, il suo fascino, la sua profonda conoscenza del comportamento umano, ed è stato il più esaltante e divertente seminario al quale ho assistito in vent’anni di partecipazione attiva a corsi di specializzazione per manager. Alla fine tutti, salvo noi due, hanno percorso un letto lungo cinque metri di carboni accesi che avevano continuato ad ardere tutta la sera. E tutti senza riportarne il minimo danno. Tony si serve della pirobazia come di una metafora. Non insegna capacità mistiche, ma piuttosto un insieme di strumenti pratici tali da rendere l’individuo capace di iniziative concrete nonostante eventuali paure

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La terapia verbale

Intervista a Gabriella Mereu

terapia-verbale

Chi è Gabriella?
Sono medico, laureata in medicina e chirurgia, odontoiatra, omeopata e anche grafologa ed ho fatto una ricerca per 20 anni che mi ha portato a capire che il paziente semplicemente si cura da solo.

Benissimo, abbiamo capito che siamo davanti ad un medico ufficiale, anche se ufficiale non è il termine più appropriato, omeopata nonché grafologa.
So che hai scritto un libro, che ho trovato molto interessante, la “terapia verbale” ovvero la medicina della consapevolezza, ci puoi spiegare cos’è la terapia verbale?
La terapia verbale è una terapia omeopatica, verbale, che cura il male con lo stesso male: cioè il paziente quando esprime la sua malattia usa inconsciamente un linguaggio poetico e metaforico collettivo che io chiamo ‘pazientese” che si compone di proverbi, modi di dire, filastrocche etc..
Una volta che ho capito cosa mi vuol dire, rispondo con una battuta che abbia un alto contenuto emozionale, in cui spiego il motivo della sua malattia e il paziente ha una reazione: se ride, piange, entra in trance o si arrabbia significa che è quasi sempre guarito dal sintomo.

Quindi tu definisci questo come omeopatia verbale.. Sappiamo che l’omeopatia esiste da tanti anni e usa curare le malattie con il simile… sbaglio?
Quindi secondo te si può capire la malattia di una persona da come si esprime…
Esatto, a me non interessano analisi o altro, solo il modo di esprimersi delle persone aiuta la mia terapia, che non c’entra niente con la scienza… è solamente arte.

Tu affermi nel tuo libro che la vita è una commedia e la malattia è una metafora che le persone usano per manifestare il proprio disagio… ma questa metafora, serve a nascondere il disagio o a manifestarlo?
La malattia arriva da una bugia passiva, è data da uno schema che costringe l’anima. Cioè nasce un conflitto di pensiero con la propria anima. Può essere stato inculcato da qualcuno anche nella notte dei tempi o essere già nel DNA, ma l’anima non può essere presa in giro e lo rifiuta, così si manifesta la malattia.

Malattia come disagio dell’anima quindi?
Esatto

Cosa mi dici riguardo al condizionamento che le religioni esercitano sulle masse?
La religione è stata inventata per dividere le masse, sono manovre politiche usate soprattutto per dividere i sessi. A causa di tutte le religioni c’è la donna sessuale o la donna vergine, questo è il motivo principale delle discordanze fra i sessi, dalla pornografia alla masturbazione, che cementa le perversioni.

Quindi tutto nasce dalla divisione? Effettivamente la religione da 2.000 anni divide il femminile dal maschile..
Esatto con la divisione cresce il potere, la divisione crea lo schiavo e il tiranno, non c’è mai amore.
La nostra anima non cerca questo, cerca solo Amore. La malattia è il risultato.

Di tiranni ognuno di noi ne ha qualcuno nella propria vita, dal datore di lavoro al compagno…
Il tiranno è quindi chiunque voglia esercitare del potere su di te?
Sì, può essere il marito, o la moglie..

Sulla tua lunga esperienza nel campo, quanti problemi di condizionamento dell’anima arrivano dalla castrazione che deriva dalla religione?
Tutte. Ci sono in tutti i casi manipolazioni del sesso e quindi castrazioni. Le persone così sono malate dentro, e non lo sanno, fino a che la malattia non si manifesta.

Come si può uscire da queste castrazioni?
Prendendo coscienza, cambiando i sistemi.

Hai mai avuto problemi con gli amici o colleghi della tua città per le idee che stai portando avanti?
Sì, con tutti.

Sei stata messa da parte? Perché loro sono all’interno di un sistema?
Perché la verità è indecente e pericolosa. In maniera molto semplice.

Inoltre la verità che sveli sarebbe alla portata di tutti e molto economica…
Esatto, possono farlo tutti coloro che hanno spirito.

Si può uscire da questo sistema?
Sì, certo, coltivate il vostro piacere, anche se peccaminoso. Questo vi salverà dalla malattia.

Cos’è questo piacere?
L’amore è stato disgiunto dal piacere, questo è l’errore. Non si può amare quello che non ci piace.
Se amiamo tutto quello che ci piace, dal lavoro all’amico alla mamma, siamo tutti salvi.
Praticamente è la divisione che ci fa ammalare.

Quindi c’è un piano di divisione ben mirato che ci viene imposto per colpire le coscienze delle persone?
Si, questa è la semplice verità. Se c’è qualcosa di complicato e incomprensibile non deve preoccuparci. La verità è semplice.

Bene Gabriella, sei stata chiara… quindi dobbiamo cercare il piacere a 360 gradi, non solo sessuale ma in tutto ciò che facciamo, nelle cose più semplici.
Sì, il piacere non si trova nelle complicazioni, ma nelle cose semplici.


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<div><a class=”autore” title=”Gabriella Mereu” href=”http://www.macrolibrarsi.it/autori/_gabriella_mereu.php?pn=652″>Gabriella Mereu</a></div>

<div><a href=”http://www.macrolibrarsi.it/video/__la_terapia_verbale.php?pn=652&#8243; title=”La Terapia Verbale – DVD” >La Terapia Verbale – DVD</a></div>

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Le nostre parole spiegano le nostre malattie

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La dottoressa Mereu, ormai famosa in tutta Italia per la sua ricerca, presenta la sua tecnica d’interpretazione del sintomo: “la terapia verbale”. I suoi studi dimostrano come il malato stesso parlando dei propri disturbi rivela sotto forma di metafora il conflitto che l’ha portato alla malattia.

La mimica, le espressioni figurate, i modi di dire, la grafia, sono indicazioni preziose per svelare i propri sintomi. Imparando a decodificare le metafore, il paziente può risalire all’origine dei blocchi mentali
e quindi arrivare alla guarigione.

Questo video fornisce gli strumenti di consapevolezza per essere più vigili e attenti agli indizi che il corpo ci offre. A tutti coloro che sono stanchi di soffrire, a tutte le persone sensibili che stanno cercando la strada della loro evoluzione che conduce anche alla salute e al piacere.

Un semplice cambiamento con la PNL

cambiamento
Jane venne da me perché “non ne poteva più di essere di essere povera”. Quando era piccola i suoi genitori le avevano spiegato che non era molto importante fare soldi per una ragazza, perché un marito si sarebbe occupato di lei. Inoltre le avevano detto:
“Le persone ricche, di solito, sono egoiste e presuntuose”. Jane era troppo giovane per capire che si meritava la felicità tanto quanto chiunque altro, e così credette ai propri genitori.

Ora, da adulta, sapeva razionalmente di voler cambiare, ma in qualche modo non riusciva a fare le cose che le avrebbero permesso di fare più soldi. Questo ovviamente era il risultato di una strategia installata in profondità, ed ero curioso di sapere come funzionasse.
Le chiesi cosa succedesse quando pensava a guadagnare denaro. Jane rispose che iniziava a pensarci sempre a partire
dall’osservazione di quanto fosse povera. Si creava mentalmente delle immagini di quanto fosse brutta la sua vita e di quanto le cose fossero difficili. Poi gridava interiormente a se stessa in tono severo cose come: “Devi uscirne”, “Dovresti essere in grado di farcela”. A volte cercava di immaginare di fare un lavoro che le procurasse più denaro, ma vedeva immagini cupe e opprimenti e si vedeva bloccata in qualche lavoro pesante.
Vedere queste immagini la faceva star male, specialmente quando ne visualizzava centinaia: una per ogni giornata che
avrebbe dovuto affrontare. Alla fine si sentiva letteralmente oppressa e abbandonava l’idea. Non è sorprendente che non funzionasse.

Come sarebbe stato possibile cambiare le cose?

Prima del cambiamento, Jane si creava due tipi di rappresentazioni interne. Prima pensava a ciò che voleva evitare (essere povera). Questo avrebbe potuto essere un modo abbastanza efficace per prendere coscienza di cosa fosse sbagliato, ma più Jane pensava alla povertà, meno tempo le rimaneva per pensare a come creare la vita che desiderava.

Jane procedeva nella vita come un guidatore che guardi esclusivamente nello specchietto retrovisore. Sapeva esattamente da cosa cercava di allontanarsi, ma non dava mai alla propria vettura istruzioni adeguate
in merito a dove dirigersi. Inutile dire che faceva, inevitabilmente, molti incidenti.
In secondo luogo Jane, quando pensava a fare soldi, si vedeva bloccata a metà strada durante lo svolgimento di compiti gravosi. Immaginate qualcuno che pensi alle proprie vacanze vedendosi bloccato mentre cerca di preparare i bagagli. O qualcuno che sia impaziente di andare ad una festa, che continua a farsi immagini mentali cupe, noiose e statiche di se stesso che stira la propria camicia. Non è così che il cervello crea aspettative e trepidazione.

Feci immaginare a Jane se stessa che viveva la vita che voleva:
un film, grande e luminoso, con la sua musica preferita ad ispirarla come colonna sonora (la trama di un film che adorava). Poi le dissi di parlare a se stessa, ma non nel modo in cui era abituata a fare. Invece di urlarsi bruschi “dovresti” e “devi”, scelse di usare un tono più invitante e coinvolgente per dire a se stessa: “Non sarebbe magnifico fare questo?” “Mi piacerebbe davvero avere questo.” “Questa è la vita che voglio.”
Poi visualizzò un film mentale di se stessa che faceva il passo successivo verso un nuovo lavoro, e vide quella pellicola
fondersi con l’immagine della vita che sognava di vivere.
Poteva vedere il film mentale e controllare come la facesse sentire! Questo semplice piccolo cambiamento le mostrò
che era sulla strada giusta. Provò la nuova strategia più volte e notò che funzionava automaticamente. Questo sì che
le dava una sensazione emozionante.
Ma dunque, farlo sarebbe stato emozionante. Si dava il caso che fosse lo stesso processo che portava Jane a sentirsi piena d’entusiasmo all’inizio di una relazione, qualcosa che lei sapeva già fare bene. È stato proprio in quel contesto che ho individuato la struttura per questa “nuova” strategia:

Vedere l’obiettivo (immagini grandi e luminose). Dirsi quello che si vuole (lentamente, con calma e con voce “invitante”).
Vedere il prossimo passo nel raggiungimento dell’obiettivo (immagini grandi, brillanti e in movimento).
Confrontare le immagini e osservare se corrispondono a quanto desiderato.
Sentirsi emozionati.

Effettivamente ci si sentiva emozionati anche solo ascoltando il cambiamento positivo di Jane. Durante le settimane seguenti, Jane si scoprì a pensare al successo sempre più spesso. Ora ha un lavoro: non un lavoro qualsiasi, ma un’attività in cui è a contatto con i bambini (cosa che aveva sempre desiderato) e che le dà il tempo per andare in vacanza e fare le cose che ora si concede di sognare.

Lo stesso “cambiamento” può essere installato attraverso una metafora.
L’altro ieri sono andato dal giornalaio e ho incontrato un’anziana signora che, sconvolta, raccontava all’edicolante di come l’avessero appena derubata. Più proseguiva, più il racconto peggiorava.
Ho atteso il mio momento, l’ho interrotta e le ho raccontato di come una mia amica fosse stata picchiata in casa propria e di come, a quanto pare, non riuscisse a dimenticare l’incidente.
Poi, qualche settimana dopo, resasi conto di ciò che stava facendo, aveva detto: “È già abbastanza brutto essere stata picchiata, ma maledizione, non darò loro anche la soddisfazione di avermi rovinato la vita”. E aveva deciso di spostare l’incidente talmente lontano da sé, da farlo sembrare completamente dimenticato…
“Mi dà il Guardian per favore?” L’anziana signora si è interrotta, i suoi occhi hanno guardato lontano, il suo stato è cambiato ed è uscita, con calma, dall’edicola.

Cambiare le qualità delle nostre rappresentazioni interne cambia il significato di queste ultime.

Un altro esempio da  Beck ed Emery che raccomandano di  modificare le immagini visive che li disturbano.
Suggeriscono di mettere fuori fuoco certe zone dell’immagine, di collocare quest’ultima su uno schermo televisivo e di modificarne la luminosità, o addirittura di “cambiare canale” o esagerare in maniera caricaturale gli elementi che la compongono.

Fornire istruzioni dirette per “sentirsi felici”, di solito, non conduce al cambiamento desiderato. Tuttavia, come osservato nella nostra esperienza con la PNL, si può insegnare facilmente alle persone come cambiare le modalità delle esperienze.
I risultati sono miracolosi quasi quanto lo sarebbe il semplice dire alle persone di “essere felici”.

La PNL per facilitare cambiamenti importanti di Richard Bolstad

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